giovedì 30 gennaio 2014

La disputa sul Sahara Occidentale oscura il sogno solare del Marocco/La disputa por el Sáhara Occidental oscurece el sueño solar de Marruecos


Proyecto desertec

Aziz El Yaakoubi-Reuters


Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

16/01/2014

Un progetto di energia solare in Marocco dal valore di $ 9.000 milioni di dollari (6.600 milioni di euro), che mira a convertire il sole del deserto in una lucrativa esportazione energetica all'Europa potrebbe essere in pericolo ora che i creditori internazionali si mostrano riluttanti sugli impianti previsti nel Sahara Occidentale.

Nel 2009, il Marocco ha elaborato dei piani per la costruzione di impianti solari e parchi eolici che generano quattro gigawatt di potenza entro il 2020, ma gran parte di questa produzione proverrebbe da siti nella ex colonia spagnola, oggetto di disputa con il Fronte Polisario da quattro decenni. Il Marocco controlla la maggior parte del territorio atlantico dal novembre del 1975 e rivendica la sovranità su un territorio desertico con una scarsa popolazione ma ricco di risorse naturali, come le riserve di fosfati, la pesca e un potenziale petrolifero.

Tuttavia, il Polisario, che conta sul sostegno dell'Algeria, vuole l'indipendenza, e da più di 20 anni si è creata una missione dell'ONU, la MINURSO, con l'obiettivo di organizzare un referendum sul futuro politico del Sahara Occidentale che non si è mai tenuto.

La disputa è riemersa nel mese di ottobre dello scorso anno, quando il Marocco ha richiamato il suo ambasciatore in Algeria dopo che il presidente del paese vicino ha offeso Rabat chiedendo l'invio di supervisori dei diritti umani nella zona.

Il Sahara Occidentale è stato oggetto di attenzioni anche in Europa e le autorità statunitensi temono che i rapporti tesi tra Marocco e Algeria possano compromettere la cooperazione nella lotta contro l'integralismo islamico attivo nel Maghreb.
Cinque impianti

I piani marocchini includono la costruzione di cinque centrali di energia solare, di cui due nel Sahara Occidentale - una da 500 megawatt (MW) a Foum El Oued e l'altra di 100 MW nei pressi di Boujdour. Un'altra di 500 MW è prevista a Sabkhat Tah al confine con il territorio conteso.

Fonti vicine alla Banca Statale Tedesca KfW, alla Banca Mondiale, alla Banca Europea per gli Investimenti e all'Unione Europea hanno dichiarato a Reuters che non finanzieranno progetti nel Sahara Occidentale. "Se sosteniamo questi investimenti, sembrerebbe che stiamo sostenendo la posizione marocchina. Siamo neutrali in questo conflitto", ha detto una fonte bancaria.

Un'altra fonte ha aggiunto: "Non abbiamo mai sostenuto nessun progetto in tale territorio (Sahara Occidentale), e non lo faremo, anche se il piano solare marocchino significa molto per noi".

Tutte le fonti hanno chiesto di non essere identificate per la sensibilità politica di questa questione.

I progressi nei progetti di impianti per l'energia solare si sono limitati finora a un sito in Marocco, dove la saudita ACWA Power sta costruendo un impianto di 160 MW nella città di Ouarzazate. MASEN, l'agenzia per l'energia solare del paese, vuole in breve tempo la costruzione di altri due impianti per un valore di 1.700 milioni di euro - uno di 100 MW e l'altro di 200 MW - entrambi vicino a Ouarzazate. La tedesca KFW nel mese di ottobre ha approvato un prestito di 654 milioni di euro per finanziarli parzialmente.
Finanziamento dal Golfo?

"Se tutte queste istituzioni dicono che non finanzieranno gli impianti, vedremo a tempo debito", ha dichiarato il ministro marocchino delle Miniere e dell'Energia, Abdelkader Amara.

Fonti marocchine dicono che Rabat potrebbe cercare un finanziamento bilaterale alternativo di stati del Golfo Persico che hanno già investito in Marocco, anche se ammettono che quegli investitori potrebbero essere riluttanti ma è probabile che finanzieranno completamente i progetti.

Anche se le organizzazioni di difesa dei diritti
umani, come Amnesty International accusano il Marocco di uso eccessivo della forza contro gli attivisti e di reprimere la libertà politica nel Sahara Occidentale, Rabat investe molto nel territorio con la speranza di sedare il malessare sociale e le rivendicazioni di indipendenza.

Ogni investimento con imprese internazionali, scatena le proteste sulla legittimità marocchina a negoziare, a nome del popolo saharawi.

Il mese scorso, il Parlamento Europeo ha approvato un accordo di pesca che consente ai pescherecci europei di pescare nelle acque marocchine e del Sahara Occidentale, due anni dopo aver respinto un accordo simile per timore di rafforzare il controllo di Rabat. I media ufficiali marocchini l'hanno descritto come una vittoria politica, mentre il Polisario ha dichiarato che è una violazione del diritto internazionale.

Kosmos Energy e Cairn Energy hanno anche iniziato il mese scorso a Cape Boujdour dei studi geologici e pianificano la realizzazione di perforazioni petrolifere.

(Tradotto da Teresa Larraz nella Redazione di Madrid)


Espanol

Aziz El Yaakoubi-Reuters

Un proyecto de energía solar de Marruecos valorado en unos 9.000 millones de dólares (unos 6.600 millones de euros) que pretende convertir el sol del desierto en una lucrativa exportación energética a Europa podría estar en peligro ya que los prestamistas internacionales se muestran reticentes sobre las plantas previstas en el Sáhara Occidental.
En 2009, Marruecos elaboró unos planes para construir plantas solares y parques eólicos con los que generar cuatro gigavatios de energía para 2020, pero una gran parte de esa producción provendría de emplazamientos en la antigua colonia española, objeto de disputa con el Frente Polisario desde hace cuatro décadas. Marruecos controla gran parte del territorio atlántico desde noviembre de 1975 y reivindica la soberanía sobre un territorio desértico con una población escasa pero rico en recursos naturales, como reservas de fosfatos, pesca y un potencial petrolero.
Sin embargo, el Polisario, que cuenta con el apoyo de Argelia, quiere la independencia, y hace más de 20 años se creó una misión de la ONU, la MINURSO, con el objetivo de organizar un referéndum sobre el futuro político del Sáhara Occidental que nunca llegó a celebrarse.
La disputa volvió a surgir en octubre del año pasado, cuando Marruecos llamó a consultas a su embajador en Argelia después de que el presidente del país vecino molestara a Rabat al pedir el envío de supervisores de los derechos humanos a la zona.
El Sáhara Occidental también ha sido objeto de atención en Europa, y las autoridades estadounidenses temen que las relaciones dañadas entre Marruecos y Argelia perjudiquen la cooperación en la lucha contra el integrismo islámico activo en el Magreb.
CINCO EMPLAZAMIENTOS
Los planes marroquíes incluyen la construcción de cinco plantas de energía solar, dos de ellas en el Sáhara Occidental - una de 500 megavatios (MW) en Foum El Oued y otra de 100 MW cerca de Bujador. Otra de 500 MW está prevista en Sabkhat Tah, fronteriza con el territorio en disputa.
Fuentes de financiación en el banco estatal alemán KFW , el Banco Mundial, el Banco Europeo de Inversiones y la Unión Europea han dicho a Reuters que no financiarán proyectos en el Sáhara Occidental. "Si apoyamos esas inversiones, parecería que estamos apoyando la posición marroquí. Somos neutrales en ese conflicto", dijo una importante fuente bancaria.
Otra fuente agregó: "Nunca hemos apoyado ningún proyecto en ese territorio (Sáhara Occidental), y no lo haremos, aunque el plan de solar marroquí supone mucho para nosotros".
Todas las fuentes pidieron no ser identificadas por la sensibilidad política de este asunto.
El avance en los proyectos solares se ha limitado de momento a un emplazamiento en Marruecos, donde la saudí ACWA Power está construyendo una planta de 160 MW en la ciudad de Ouarzazate. [ MASEN, la agencia de energía solar del país, pretende licitar pronto la construcción de otras dos plantas por valor de 1.700 millones de euros - una de 100 MW y otra de 200 MW -, también cerca de Ouarzazate. La alemana KFW respaldó en octubre un crédito de 654 millones de euros para financiarlos parcialmente.
¿FINANCIACIÓN DEL GOLFO?
"Si todas esas instituciones dicen que no las financiarán, veremos en su momento", dijo el ministro marroquí de Minas y Energía, Abdelkader Amara.
Fuentes marroquíes dicen que Rabat podría buscar financiación bilateral alternativa de estados del golfo Pérsico que ya han invertido en Marruecos, aunque admiten que esos inversores también podrían mostrarse reticentes y que es probable que financiaran completamente los proyectos.
Aunque organizaciones de defensa de los derechos humanos como Amnistía Internacional acusan a Marruecos de usar una fuerza excesiva contra los activistas y de reprimir la libertad política en el Sáhara Occidental, Rabat invierte grandes cantidades en el terrirorio con la esperanza de calmar el malestar social y las reivindicaciones de independencia.
Cualquier inversión con empresas internacionales desata protestas por la legitimidad marroquí de negociar en nombre de la población saharaui.
El mes pasado, el Parlamento Europeo aprobó un acuerdo de pesca que permite a barcos europeos faenar en aguas marroquíes y del Sáhara Occidental dos años después de rechazar una cuerdo similar por temor a que supusiera reforzar el control de Rabat. Medios oficiales marroquíes lo calificaron de una victoria política, mientras que el Polisario dijo que supone una violación del derecho internacional.
Kosmos Energy y Cairn Energy también comenzaron el mes pasado estudios sísmicos en cabo Bujador y planean hacer perforaciones petroleras. (Traducido por Teresa Larraz en la Redacción de Madrid)
immagini da internet inserite da amministratore Bolg

martedì 28 gennaio 2014

Julio Antonio Mella: un cubano al di là del tempo




Martha Andres Roman*

Il Messico attuale non assomiglia in nulla a quello di 85 anni fa, forse assomiglia solo il freddo che raggiunge una temperatura che minaccia con perforare le ossa ed assomiglia anche alla maestosità permanente delle numerose costruzioni.

Molti sono stati i cambiamenti nella strada Abraham Gonzalez della Colonia Juarez, tra questi quelli che riguardano il numero 31, in cui prima si trovavano degli appartamenti ed ora si trova un parcheggio di camion.

Però nonostante il tempo e le trasformazioni, quando un passante si avvicina alla targa posta su un muro di questa via, Estela Lluvere gli chiede se sta cercando il luogo dove è morto Julio Antonio Mella il cubano, e molto gentilmente gli indica che non è stato proprio lì, ma un po' più avanti.

E' stato in quel luogo, dove ora ci sono i camion, indica la messicana che lavora in un negozio della zona e lei comincia a parlare del giovane rivoluzionario come se l'avesse conosciuto, come se camminasse ancora per le strade di questa capitale mano nella  mano con la famosa fotografa italiana Tina Modotti.

Questo gennaio si compiono 85 anni dall'assassinio di Mella, ricorda la signora, che afferma che in ogni anniversario si riuniscono tanto i cubani così come i messicani per rendere omaggio ad un uomo di importanza storica.

Però, chi è stato questo giovane che quando è morto aveva solo 25 anni e ancora dopo otto decenni dalla sua scomparsa suscita ammirazione?

Di quale stoffa era fatto perché persone della sua isola e di tanti altri paesi vengano a cercare il luogo in cui è stato ucciso, afferma la stessa Estela.

Il figlio del dominicano Nicanor Mella e dell'irlandese Cecilia
McPartland è nato il 25 marzo 1903 e sebbene in quel momento non c'è stato nessun segnale che avvertisse i genitori sul futuro che lo aspettava, sono bastati pochi anni per accorgersi che il piccolo sarebbe stato un uomo immortale.

Testimoni contemporanei descrivono Mella come un giovane che aveva il dono del leader, alto un metro e 80, di capelli neri e ricci, sguardo profondo e sorriso attraente.

E' stata la stessa Tina Modotti, con cui ha avuto un rapporto amoroso nella terra azteca, quella che ha lasciato alla posterità le migliori immagini dell'antillano, nelle quali si percepisce il fascino ed il coraggio di cui parlavano quelli che lo hanno conosciuto.

All'Università de L'Avana, dove nel 1921 si è iscritto nelle Facoltà di Diritto e di Filosofia e Lettere, è diventato un genuino organizzatore politico ed una guida degli studenti, che pretendevano introdurre riforme nell'insegnamento universitario a Cuba.

Come parte di questo impegno ha fondato in dicembre del 1922 la Federazione Studentesca Universitaria e poco dopo, nelle aule della Facoltà di Giurisprudenza ha creato l'Università Popolare "Josè Martì".

In questo modo, per iniziativa del giovane universitario, le porte del centro principale di alti studi di Cuba si sono aperte in orario notturno per le persone povere ed a partire da questo vincolo con i lavoratori, è anche diventato un leader della classe operaia.

I suoi pensieri, modellati con la forma delle cause giuste, hanno penetrato le masse per difendere gli oppressi e per opporsi alla tirannia di Gerardo Machado, l'allora presidente cubano, il cui Governo era sottomesso agli interessi nordamericani.

Di fronte a questa sottomissione agli Stati Uniti, il giovane ha organizzato la Lega Antimperialista ed ha fondato il primo Partito Comunista di Cuba, il 16 agosto 1925.

Come una protesta per la sua detenzione, il giovane rivoluzionario di 22 anni ha deciso di fare uno sciopero della fame, fatto che ha commosso fortemente la cittadinanza, però non è stato ben visto dal Partito, che era ancora un'organizzazione giovane ed inesperta, e perciò dopo l'assoluzione gli ha consigliato di esiliarsi in Messico.

Il suo arrivo alla terra azteca gli ha ravvivato le sue idee antimperialiste ed il bisogno di lottare per la giustizia sociale, allora si è inserito subito nel movimento rivoluzionario continentale ed internazionale, ha collaborato con diverse pubblicazioni e si è guadagnato uno spazio tra i comunisti messicani.

Nel 1928, in mezzo a queste attività, ha conosciuto la Modotti, donna nella quale si fondevano bellezza, talento artistico, ed ideali di attivismo sociale simili a quelli che muovevano lo stesso Mella.

Sembrava che questi due giovani, ugualmente appassionati ed ispirati, in sintonia con il loro tempo, belli fisicamente e pieni di sogni, vivessero uno di quei rapporti destinati ad avere un destino epico.

Mano nella mano con la fotografa andava Mella la sera del 10 gennaio 1929, secondo alcune fonti il giovane in quel momento raccontava alla giovane dell'incontro che aveva avuto un po' prima, al Bar La India, con il cubano Josè Magriñat, che gli ha accennato che dall'isola sarebbero venuti due sicari per assassinarlo per ordine di Machado.

Quando è uscito dal bar, Mella ha raggiunto l'artista italiana nell'ufficio del telegrafo della strada Independencia per andare a casa sua nella vicina colonia Juarez.

Quando hanno girato l'angolo di Morelos e Abraham Gonzalez, alle 21.45
circa, due spari di revolver hanno raggiunto Mella, ferendolo a morte all'addome, secondo il certificato medico ed è morto mentre gli facevano un'operazione alle 02.45 del giorno successivo.

Documenti della polizia riferiscono che, dopo gli spari, il giovane ha fatto qualche passo ed è caduto a terra: "Machado ha ordinato che mi assassinassero", ha urlato ad alcuni passanti e dopo nelle braccia della sua amata, ha pronunciato le sue ultime parole: "Tina, sto morendo. Muoio per
la rivoluzione".

Però l'assassinio di un uomo tanto marcato dall'impeto, con una storia di eroicità e di audacia, non poteva essere privo di versioni e di spiegazioni immaginarie che sono anche una prova della statura di Mella.

Secondo i ricercatori cubani Adys Cupull e Froilan Gonzalez, per l'opinione pubblica messicana era chiaro che gli assassini erano persone che rispondevano agli ordini di Machado.

Il 2 ottobre 1931, la Signora Maria Guadalupe Gil, moglie di Josè Agustin Lopez Valinas, lo ha denunciato davanti alle autorità come l'assassino di Mella e le sue dichiarazioni hanno implicato a Santiago Trujillo, Capo della Polizia Segreta di Machado, all'ambasciatore cubano Guillermo Fernandez ed allo stesso Josè Magriñat.

Però questo non ha eliminato le diverse speculazioni malintenzionate che si sono succedute al rispetto, da un'ipotesi di crimine passionale, fino a teorie internazionali che suggeriscono che è stato un crimine orientato dal Cremlino russo che considerava il cubano di tendenze trotskiste.

D'altronde, ci sono stati tentativi di implicare la Modotti in una cospirazione per l'assassinio, però, come hanno indicato gli stessi Cupull e Gonzalez, a partire dai documenti trovati sul caso hanno dimostrato che la fotografa non ha avuto nessun rapporto con il crimine.

Difatti, quando l'italiana è morta il 5 gennaio 1942 in Città del Messico, nella sua borsa si è trovata una foto del giovane cubano, con cui aveva un rapporto di solo 4 mesi, che però sembra l’ha accompagnata per sempre.

Questo giovane virile e dinamico, consacrato a sogni di giustizia, che continua ad essere immortale, perché il suo esempio è una bandiera da seguire, sembra essere rimasto stampato nel cuore dell'artista con la stessa forza con cui lo continua a ricordare la storia, al di là degli anni.


*corrispondente di Prensa Latina nel Messico

lunedì 27 gennaio 2014

Per capire la situazione in Ucraina /Para entender la situación de Ucrania



 Per capire la situazione in Ucraina

Gueorgui Kriuchkov,
Pravda * 

 
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare 


L'Ucraina sta attraversando una delle fasi più complicate e delicate dalla proclamazione della sua indipendenza. Le proteste continue stanno scuotendo il paese. Ci sono stati giorni nei quali in piazza Maidan si sono concentrate centinaia di migliaia di persone. Ultimatum, ogni tipo di intemperanza, minacce, occupazione di istituzioni governative, paralisi dei trasporti, disorganizzazione del lavoro degli organi statali, dei sistemi che provvedono ai servizi fondamentali, atti di barbaro vandalismo, il cui principale si è verificato a Kiev con la demolizione del monumento a Lenin... Negli scontri tra manifestanti e membri delle forze di sicurezza e di polizia è stato versato del sangue. Decine di persone tra manifestanti e poliziotti in tenuta antisommossa, sono finite in ospedale con ferite gravi. Sono cadute le prime teste: per abuso di potere sono stati rimossi dall'incarico, tra gli altri, il sindaco di Kiev, Popov e il vicesegretario del Consiglio di sicurezza nazionale e difesa dell'Ucraina, Sivkovich.

In apparenza, sembrerebbe di trovarsi di fronte a una protesta spontanea del popolo ucraino che unanimemente aspira a integrarsi con l'Europa e che risulta indignato per la decisione del governo di fermare il processo di ratifica dell'accordo di associazione e della sua inclusione nella zona di libero scambio con l'Unione europea. Che senza le complicazioni sorte al momento di scegliere il vettore verso cui orientare la politica estera di integrazione, avrebbero trovato un'altra scusa. Il peggioramento della situazione era inevitabile. Lo sfondo e le cause sono molto più profonde.

La società ucraina 20 anni dopo la proclamazione dell'indipendenza rimane profondamente spaccata. E' una divisione che si manifesta in diverse direzioni importanti:

- in relazione al colpo di stato del 1991 e la creazione del nuovo ordine socio-economico o, che è lo stesso, la restaurazione del capitalismo;

- rispetto agli eventi e personaggi del passato, in particolare quelli relativi al coinvolgimento dell'Ucraina come parte integrante dell'impero russo e dell'Unione Sovietica, con la Seconda guerra mondiale e la sua componente centrale: la Grande guerra patriottica;

- rispetto all'orientamento della politica estera dell'Ucraina;

- rispetto ai valori della civiltà slava orientale e della civiltà occidentale;

- per motivazioni linguistiche.

E, naturalmente, la frattura è il risultato della formazione nella nostra società dopo il colpo di stato antisocialista del 1991, di una struttura sociale fortemente polarizzata e per redditi e livelli di vita, con una stratificazione sempre più profonda. E' vero che c'è ancora un carattere
di classe chiaramente definito nella coscienza popolare di questa contraddizione. Allo stesso tempo, assistiamo a una lotta tra la borghesia e la nuova classe di proprietari terrieri latifondisti nata sotto il sole di quel colpo e che si è impadronita del potere politico ed economico nel paese, che lotta per quelle imprese e settori ancora di proprietà dello Stato, per la ripartizione della proprietà che è stata già privatizzata e per l'accesso a questa "mangiatoia" statale: alle leve del potere che operano affinché tale potere si trasformi in proprietà. In quanto alla relazione sociale di classe, i gruppi rivaleggianti sono frutto dello stesso albero e le differenze andrebbero cercate nel livello di avarizia, aggressività e demagogia populista.

L'attuale aggravamento della situazione politica viene determinato dal fatto che nelle elezioni parlamentari del 2012 in Ucraina, nessuna delle parti in conflitto ha ottenuto il suo obiettivo. I regionali, che aspiravano a conquistare la maggioranza costituzionale nel parlamento (300 seggi), non possono contare neanche sulla maggioranza semplice. Nemmeno la cosiddetta "opposizione", ha raggiunto la maggioranza. Ma nelle regioni occidentali del paese (innanzitutto a Lvov, Ternopil, Ivano-Frankovskaya), le forze nazionaliste hanno in pratica instaurato i loro governi, rifiutandosi di rispondere alle disposizioni provenienti dal centro, con l'aspirazione di imporre la loro visione nazional-sciovinista e russofoba a tutto il paese. Il governo sta chiaramente perdendo anche la capitale.

La Rada d'Ucraina (il parlamento) si vede inabilitata ad assumere le funzioni accordate dalla Costituzione. Le sue sessioni plenarie vengono ad ogni momento interrotte dall'"opposizione", boicottate, trasformando il parlamento in un organismo incapace di legiferare. La situazione si aggrava maggiormente per il fatto che nel parlamento è entrata una forza apertamente neonazista, il partito "Svoboda", che fino a non molto tempo fa si autodefiniva social-nazionalista. A questo si è unito "Batkivschina" e il partito "UDAR" di Klichko, creando alla Rada un'opposizione unita nazionalista di destra, il cui nucleo ideologico è rappresentato da Svoboda. Una figura conosciuta dentro "Batkivschina", come Tomenko, in uno slancio di sincerità qualificò il gruppo come "OMON (celerini) dell'opposizione". Ora tutti abbiamo potuto vedere di che razza di "OMON" si trattava.

In Ucraina si è creata una minaccia reale di fascistizzazione della vita sociale. Dopo le elezioni parlamentari, l'opposizione ha dimostrato di non volersi fermare fino a quando riuscirà a impadronirsi di tutto il potere. Con la logica del "tanto peggio tanto meglio", gli oppositori hanno scelto la direzione che porta alla provocazione, alla destabilizzazione della situazione e al malcontento nella società.

Come si può parlare di spontaneità negli atti di protesta, quando tutto era già perfettamente organizzato nel dettaglio? Dalla periferia, soprattutto dalle regioni occidentali, si sono portate nella capitale migliaia di persone. Subito sono iniziati ad emergere i "comandanti in campo", con galloni ed esperienza dal Maidán del 2004. Avevano pronte una gran quantità di tende militari da campo, predisposta la logistica del cibo, del riscaldamento, dei posti dove passare la notte. Tutti i dettagli erano stati ponderati, perfino la creazione di un servizio legale e l'avviamento di una milizia interna. Nei luoghi dove sorgevano situazioni conflittuali, "al momento giusto" apparivano puntualmente i giornalisti e le telecamere… Si intravede chiaramente una mano esperta in questo copione della provocazione.

Ma sarebbe impossibile comprendere in profondità l'essenza reale di questa lotta di oggi, senza fare i conti con il fattore esterno. Gli avvenimenti in Ucraina si stanno sviluppando in condizioni di acutizzazione delle contraddizioni permanenti tra occidente e Russia, confronto che non è sparito con la caduta dall'URSS, né con la restaurazione del capitalismo nello spazio post-sovietico. Gli sforzi occidentali sono indirizzati a strappare l'Ucraina dalla Russia a qualunque prezzo, a ostacolare il suo avvicinamento. Non è mancata la quinta colonna, una parte della quale fu coltivata già nel sottosuolo del PCUS. Gli USA e i loro alleati sono molto determinati a ostacolare a ogni costo il rinascimento, sotto qualsiasi forma, dell'unione delle antiche repubbliche che componevano l'URSS, e l'adesione dell'Ucraina in quell'unione. Stanno chiaramente spingendo l'Ucraina verso la NATO. Già nel novembre del 1996 in una risoluzione di entrambe le camere del Congresso nordamericano, la risoluzione nº 120, in sostegno all'indipendenza dell'Ucraina, erano molto chiare le direttrici lungo le quali avrebbero dovuto attestarsi il presidente, il governo e il parlamento dell'Ucraina indipendente.

Il leader del Partito delle Regioni, Janukovich, eletto Presidente nel 2009, ha ricevuto l'appoggio della maggioranza degli elettori principalmente per le sue promesse di recuperare i rapporti di buon vicinato con la Russia, di ristabilire lo status di lingua ufficiale per il russo, di fronteggiare l'aggressivo nazional-sciovinismo e di impedire che Ucraina fosse trascinata verso la NATO. Questi impegni sono stati fissati negli accordi col blocco di sinistra, il cui soggetto principale era il Partito Comunista. In pratica, è successo che si è posto il regime "yuschenkista senza Yuschenko", quando l'integrazione europea si è trasformata nell'asse principale della politica estera e interna dell'Ucraina, passando per la firma dell'accordo di associazione e la zona di libero commercio con l'Unione Europea. Le parole del governo "biancazzurro" diventarono: "L'Europa è la nostra casa, la Russia il nostro vicino. L'Unione Economica Euroasiatica non è la nostra scelta". Si ripeteva insistentemente che non si può parlare dell'entrata dell'Ucraina nell'Unione Doganale. Si intensificava la cooperazione con la NATO.

Il Partito Comunista ha sin dall'inizio sostenuto che in una questione di tale rilevanza come la scelta dell'orientamento dell'integrazione esterna, si dovesse tenere conto dell'opinione del popolo mediante la celebrazione di un referendum nazionale. Il governo si è mostrato apertamente contrario a queste proposte, ignorando le considerazioni dei vari specialisti ed esperti indipendenti. Il governo ha violato sfacciatamente la Costituzione e la legge sulla convocazione di un referendum. Nonostante tutti gli ostacoli frapposti, i comunisti sono riusciti a raccogliere più di tre milioni e mezzo di firme in appoggio al referendum. Il lavoro per la raccolta firme era accompagnato da un'attiva spiegazione delle conseguenze catastrofiche per il nostro paese con l'entrata nell'Unione Europea.

Man mano che si conoscevano i dettagli del progetto di accordo di associazione e della zona di libero commercio con l'UE, si faceva chiara la minaccia frontale per la sicurezza nazionale dell'Ucraina. Nella società è cominciata a crescere la preoccupazione. Sono incominciate a sentirsi voci discordanti provenienti del mondo imprenditoriale, direttori di imprese che vedono nella firma dell'accordo di associazione l'inizio di una drastica caduta della produzione, con un notevole aumento della disoccupazione nel paese. Come risultato il governo si vide obbligato - mancando pochi giorni al vertice di Vilnius in cui era previsto si ratificasse l'accordo -, a prendere la decisione di fermare il processo di integrazione europea.

L'Occidente ha avviato così immediatamente lo scenario di destabilizzazione della situazione in Ucraina. Alla sua realizzazione hanno preso parte attiva senatori e alti funzionari del Dipartimento di Stato USA, ministri e presidenti di una serie di paesi europei, con ampia esperienza nell'esecuzione di "rivoluzioni colorate", e gente di questo stile. Costoro cominciarono a intromettersi sfacciatamente nelle questioni interne del paese, chiamando apertamente a lottare contro il governo legittimo. Tuttavia, né da parte del Presidente, né del governo, né del ministero degli Esteri di Ucraina ci fu una sola voce di condanna davanti a tanta evidente violazione delle norme del diritto internazionale.

Non può sorprenderci che il tratto che meglio caratterizza l'attuale situazione nel paese sia la perdita di fiducia verso tutti gli organi del governo e della società. Lo riflette in modo convincente l'indagine sociologica che annualmente realizza l'Istituto di sociologia dell'Accademia Nazionale di Scienze. L'inchiesta è stata condotta nel luglio 2013, prima delle massicce azioni di protesta.

Negli ultimi tre anni l'indice di fiducia verso il presidente Janukóvich è sceso dal 30,8 al 10,9%, riducendosi di due terzi. Mai si era prodotta una tale caduta della fiducia verso un presidente durante il suo mandato.

Si fidano della Rada solo il 4,6% degli intervistati, rispetto al 14,2% di tre anni fa. Nel Consiglio dei ministri ucraino confida un 8,1% (era il 19,6%), negli organi di potere locali il 13,8% (era il 17,9%). Negli ultimi 10-15 anni gli organi di governo non avevano avuto un livello tanto basso di fiducia tra la popolazione. Nella polizia, a luglio, prima degli incidenti, mostravano la loro fiducia assoluta solo l'0,8% degli intervistati, nel ministero di Giustizia uno 0,9%. Negli ultimi dieci anni non si era mai avuto un livello tanto basso di fiducia nei partiti politici (6,6%), sindacati (15%), banche, compagnie di assicurazione, direttori delle imprese statali, imprenditori privati.

Non c'erano mai state prima un totale scetticismo e sfiducia come ora nella società ucraina. Ma i motivi di ciò sono più che sufficienti. Il peggioramento della situazione nell'economia e nella sfera finanziaria, la crescita della disoccupazione, la povertà generalizzata, una stratificazione sociale sempre più profonda, l'impossibilità per migliaia di persone di soddisfare le loro necessità vitali più stringenti, la sostanziale liquidazione della sanità e dell'istruzione gratuite, l'impossibilità in molti casi di ottenere negli organismi di governo la difesa dei diritti legali, livelli di corruzione senza precedenti che provocano inesorabilmente un assoluto scontento della maggior parte della cittadinanza. Tutto questo si è trasformato in premessa oggettiva alla massiccia partecipazione dei cittadini ai recenti atti di protesta. Ma ad approfittare di ciò, è stata l'opposizione nazionalista di destra, filo-occidentale e aggressiva.

Sullo stato d'animo che prevale nella società, parlano ben chiaro i dati degli studi sociologici. L'82,7% degli intervistati considera che il governo non risolve o prende unicamente misure di facciata sulle questioni dell'incremento del livello di benessere della popolazione e la riduzione della disuguaglianza sociale. Più del 68% si dice convinto che il governo non difende gli interessi nazionali, né rinforza l'unità e la concordia nella società. Il 42,5% è convinto che la giustizia ucraina sia al servizio di coloro che possono pagare. Un 49,1% pensa lo stesso della polizia, e un 55,5% dei giudici. Secondo quasi un quinto dei partecipanti allo studio, i corpi di sicurezza servono il presidente, gli altri dirigenti degli organi di potere, ma non il popolo.

Tre quarti dei cittadini intervistati considerano impossibile il controllo della società sull'azione degli organi di governo. E' raddoppiata rispetto al 2010 la percentuale di quelli che ritengono che in Ucraina la gente non possa esprimere liberamente le sue opinioni politiche (era 12,2%, ora è il 28%). Come negli anni precedenti, un 44% considera che l'Ucraina non ha bisogno di un sistema pluripartitico. Il 45,1% non vede tra gli attuali partiti politici e movimenti esistenti nel paese a chi possa essere affidato il governo della nazione. Il 48,7% considera che nel paese non ci sono leader politici capaci di dirigere efficacemente lo Stato (nel 2010 era il 30,3%), mentre il 28,3% non ha potuto o voluto rispondere a questa domanda.

Il 50,5% dei partecipanti allo studio qualifica come insoddisfacente la loro attuale situazione nella società, mentre quasi un terzo non ha saputo cosa rispondere. Uno su quattro si pone nei due scalini più bassi della scala sociale (di sette scalini), si considera un rifiuto sociale. Secondo i dati dello studio, la gente non si lamenta solo di non potere adattarsi alle nuove realtà della vita, ma anche di non riuscire ad alimentarsi come gli piacerebbe, di non avere un'abitazione adeguata, di non godere del proprio tempo libero e delle ferie, ecc. Questo lo pensa tra un terzo e la metà degli intervistati.

Solo l'11,1% pensa che nel paese "non va tutto così male" e che "si può vivere". Mentre quasi un terzo degli intervistati dice che è impossibile continuare a sopportare una situazione tanto dura. Secondo i dati dello studio, la gente teme innanzitutto una salita dei prezzi (79,6%), la disoccupazione (78,1%), il non potere riscuotere i salari, le pensioni, i sussidi (75,4%), la crescita della delinquenza (49,3%), la propagazione di infezioni pericolose per la vita (36,6%), la chiusura delle imprese (36,4%), la fame (29,8%), la mancanza di riscaldamento nelle abitazioni (28,4%), i disordini di strada (18,6%), l'instaurazione di una dittatura nel paese (18,3%).

L'Ucraina non si è convertita in uno Stato sociale, né democratico né di diritto. Almeno, questo è ciò che pensa tra la metà e i due terzi dei partecipanti allo studio. Segnalando che oggigiorno non esistono oramai quei valori morali che si insegnavano all'epoca sovietica (uguaglianza sociale, collettivismo, mutuo aiuto e altri) il 48% dichiara che non accetta il sistema di valori che si è cercato di imporre in Ucraina dopo il golpe del 1991 (il predominio della proprietà privata, la smania di arricchimento personale, l'individualismo, ecc).

Sulla situazione politica nel paese, il 57,8% la definisce tesa, uno su cinque come esplosiva. Il 42,5% dichiara che è necessario protestare attivamente contro il peggioramento delle condizioni di vita. Tuttavia il governo non si mostra inquieto davanti all'incremento di queste allarmanti tendenze nello stato d'animo della società. La natura di quella condotta bisognerebbe cercarla nel carattere stesso del regime al governo. Tutti i presidenti e membri dei governi che hanno retto le redini dell'Ucraina durante gli ultimi venti anni, l'hanno fatto esprimendo gli interessi del capitale oligarchico-criminale e traditore della patria. Non cessa di essere significativo il fatto che i principali miliardari ucraini, dopo che i rappresentanti dei circoli occidentali hanno fatto con loro un "lavoro educativo", mostrassero pubblicamente a gran velocità il loro appoggio alle "aspirazioni europee dell'Ucraina". Alla memoria sovviene il monito di Lenin per cui la borghesia tradirà la patria e sarà disposta a qualunque crimine, pur di imporre il suo potere sul popolo e preservare i suoi benefici. Sembra che niente abbiano imparato dai risultati di questo civettare con le forze ultranazionaliste di destra, compresi i neofascisti di Svoboda.

La presidenza di Janukóvich è stata segnata per una "interpretazione libera" della Costituzione e delle leggi, per la concentrazione nelle mani del Capo dello Stato di enormi prerogative e l'instaurazione pratica nel paese di un regime autoritario che esprime gli interessi di un limitato circolo di oligarchi a cui ci si riferisce come "la famiglia."

Anche la politica delle nomine del regime ha mostrato un carattere distruttivo. Durante l'epoca di Yúschenko, si sponsorizzavano i "cari amici" per le alte cariche, mentre col governo attuale si promuovono i suoi (principalmente di Donetsk). Da ciò deriva una corruzione senza precedenti a tutti i livelli degli organismi statali. E' diventata una moda un fenomeno tanto vergognoso, come il pagamento per la lealtà e la sottomissione davanti a quelli che ripartiscono le cariche, le onorificenze statali o i galloni di generale. Nei servizi di sicurezza ucraini, durante questi anni di indipendenza si sono succeduti dodici dirigenti. La metà di loro non sono stati in carica nemmeno due anni, benché cinque facessero in tempo a raggiungere il rango di generale. Per il ministero dell'Interno sono passati dieci ministri, sei dei quali in carica nemmeno per un anno. Il ministero di Sviluppo economico e del commercio (la sua denominazione ha subito innumerabili cambiamenti), è diretto oggi dal ministro numero 21. Ed il ministero delle Finanze dal ministro numero 11.

Nel governo non ci sono praticamente figure con autorità rispettate e conosciute dalla società, capaci di avere la propria posizione e difendere conseguentemente i loro principi. Per quanto riguarda l'ambiente presidenziale, a volte si ha l'impressione che, a parte le ubbidienti "banderuole" di turno, ci siano anche "talpe" mal dissimulate, gente che lavora per screditare il capo dello Stato.

Praticamente, il governo ha ceduto alla "opposizione" lo spazio informativo. Perfino i mezzi di informazione dello Stato (canali televisivi, stazioni radiofoniche, pubblicazioni scritte), in questa situazione, sembra che lavorino più per favorire un colpo di stato. C'è qualcosa però in cui governo e opposizione coincidono, e cioè nell'agitare l'isteria anticomunista e screditare il passato sovietico. Ma allo stesso tempo il governo rimane chiaramente indietro rispetto alla "opposizione", in quella spinta, in quell'attività, in quel sapere influire sullo stato d'animo della gente, nella capacità di organizzare azioni di massa. L'attuale governo sembra non volere assolutamente ascoltare la voce del popolo, né tenere conto delle conclusioni e proposte degli esperti.

Oggi il nostro paese deve pagare per la fallita politica economica e sociale dell'attuale governo e dei governi precedenti, per l'inadempimento delle promesse pre-elettorali, per quell'incapacità e rinuncia a volere tenere in conto, nell'attività pratica, dei rischi delle decisioni adottate e degli accordi raggiunti, specialmente di quelli che hanno rilevanza strategica. "Maidán due", non è che un prodotto di alcune riforme non ponderate (riforma delle pensioni, della sanità, ecc.) che hanno significato il peggioramento della situazione di milioni di persone. È il prezzo per adottare uno stile di governo autoritario e un atteggiamento sdegnoso verso la legalità. "Maidán due" è la conseguenza della perdita di fiducia del governo tra il popolo.

La situazione nel paese è molto complicata. Al governo si affronta un avversario aggressivo, organizzato e apertamente appoggiato dall'occidente. Questa "opposizione" è capeggiata da gente che in assoluto incarna il ruolo di leader nazionale. Ma tuttavia sono pericolosamente carichi di quella smania di potere che fa si che non si trattengano davanti a nulla pur di riuscire nei loro obiettivi. Il loro arrivo al potere significherebbe lo stabilimento nel paese di un regime di tipo fascista. I suoi primi passi sarebbero la proibizione del Partito Comunista, l'eliminazione della legge che sta alla base della politica interna ed estera e il carattere neutrale del corso di politica estera, di non appartenenza a nessun blocco; l'inclusione dell'Ucraina nella NATO, la denuncia degli accordi di Járkov, l'espulsione della flotta della Federazione della Russia dalla parte ucraina del Mar Nero, lo stabilimento di un'ideologia nazionale sciovinista come ideologia dello Stato, con tutte le conseguenze che derivano da ciò.

Ora il compito principale è spiegare alla gente tutti i pericoli racchiusi nella minaccia di sviluppo degli avvenimenti.

Gli studi sociologici dimostrano che una parte significativa della popolazione ucraina si trova in opposizione rispetto all'attuale ordine socioeconomico, cioè al capitalismo. La gente comincia a ragionare su quanto si è perso con la liquidazione del socialismo, e quello che ha portato loro questo capitalismo tanto lodato. La maggioranza dei nostri concittadini finiscono con l'avversare un modello economico in cui domina la proprietà privata. I cittadini ucraini si mostrano reticenti a privatizzare la terra, puntano al rafforzamento del ruolo dello Stato nella regolazione delle relazioni socioeconomiche. Il 41,3% degli intervistati si è mostrato sostenitore della complementarietà del settore statale con quello privato, mentre il 27,2% è per il ritorno alla pianificazione dell'economia sulla base del controllo statale assoluto.

La maggioranza della popolazione percepisce la situazione nel paese e i processi che si stanno producendo, da posizioni vicine a quelle del Partito Comunista. Ora si tratta di riuscire a utilizzare in modo più efficace tutte quelle premesse oggettive, per attrarre i lavoratori verso le posizioni del partito.

Bisogna rinforzare l'organizzazione delle strutture del partito, è necessario un notevole incremento di linfa giovane nelle nostre file, una maggiore spinta nel nostro agire. Questi sono i principali compiti che oggi abbiamo davanti, la cui traccia riflessa si trova nell'ultimo plenum del Comitato Centrale del PCU, celebrato recentemente.
* G.Kriuchkov è membro del CC del PCU ed è stato deputato della Rada nella III e IV legislatura


Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare



Para entender la situación de Ucrania


Gueorgui Kriuchkov

Pravda




          Ucrania está sufriendo seguramente una de las etapas más

complicadas y delicadas desde la proclamación de su independencia. Los 

continuados actos de protesta están sacudiendo el país. Ha habido días en

 los que Maidán ha congregado a cientos de miles de personas. Radicales 

exigencias en forma de ultimátum, todo tipo de excesos, amenazas, la 

ocupación de instituciones gubernamentales, paralización del trasporte, 

desorganización del trabajo de los órganos estatales, de los sistemas de 

mantenimiento de los servicios básicos, actos de vandalismo cavernario, 

cuyo principal exponente fue el derribo del monumento a Lenin en Kiev…

En los enfrentamientos entre manifestantes y miembros de las Fuerzas de

 Seguridad, de los antidisturbios, se ha derramado sangre. Decenas de 

personas entre manifestantes y policías antidisturbios, han terminado en el 

hospital con heridas graves. Han volado las primeras cabezas: por abuso 
 
de sus atribuciones han sido apartados de su cargo el Jefe de la 

administración de Kiev, Popov y el vicesecretario del Consejo de Seguridad 

Nacional y Defensa de Ucrania, Sivkovich, entre otros.

En la superficie, podría parecer que estamos ante una protesta espontánea 

del pueblo ucraniano que unánimemente aspira a integrarse en Europa y 

que está indignado por la decisión del gobierno de detener el proceso de 

ratificación del acuerdo de asociación y de su inclusión en la zona de libre 

comercio con la Unión Europea. Pero de no haber surgido complicaciones a 

la hora de elegir el vector hacia el que debe orientarse la política exterior de 

integración, hubieran encontrado otra excusa. El agravamiento de la 

situación era inevitable. El trasfondo y sus causas son mucho más 

profundas.


La sociedad ucraniana, después de 20 años tras la proclamación de su 

independencia sigue estando profundamente fracturada. Es una división 

que se manifiesta en varias e importantes direcciones:

-con relación al golpe de 1991 y la instauración del nuevo orden 

socioeconómico, o lo que es lo mismo la restauración del capitalismo;

-con relación a los acontecimientos y protagonistas del pasado, 

especialmente a aquellos relacionados con la presencia de Ucrania como 

parte integrante del imperio ruso y de la URSS, con la Segunda Guerra 

Mundial y su componente central: la Gran Guerra Patria;

-con relación a la orientación de la política exterior de Ucrania.

-con relación a los valores de la civilización eslava oriental y de  la 

civilización occidental;

-por motivos del uso de la lengua.

Y por supuesto, la fractura es fruto de la formación en nuestra sociedad 

 tras el golpe antisocialista de 1991, de una estructura social 

fuertementepolarizada por ingresos y nivel de vida, una estratificación por

 nivel de ingresos, cada vez más profunda. Es cierto que no hay todavía un 

carácter de clase claramente definido en la conciencia popular de esta 

contradicción. Al mismo tiempo asistimos a una lucha encarnizada entre la 

burguesía y la nueva clase de terratenientes latifundistas nacida bajo el sol 

de aquel golpe y que se ha hecho con el poder político y económico en el



país, que lucha por hacerse con con esas empresas y sectores todavía 

propiedad del Estado, por el reparto de la propiedad que ya ha sido 

privatizada y por el acceso a ese “comedero” estatal: a las palancas del 

poder que obran el que ese poder se transforme en propiedad. En cuanto a
 
la relación social de clase, los grupos enfrentados son frutas del mismo 

árbol y las diferencias habría que buscarlas en el nivel de avaricia, 

agresividad y demagogia populista.

El actual agravamiento de la situación política viene determinado por el 

hecho de que en las elecciones del 2012 al parlamento de Ucrania, ninguna 

de las partes enfrentadas alcanzarse su objetivo. Los regionales, que 

aspiraban a conseguir la mayoría constitucional en el parlamento (300 

escaños), no pueden contar siquiera con la mayoría simple. La denominada 

oposición”, tampoco conquistó la mayoría. Pero en las regiones 

occidentales de Ucrania (ante todo en el Lvov, Ternopil, Ivano-

Frankovskaya) las fuerzas nacionalistas prácticamente han instaurado sus 

gobiernos, negándose a cumplir las decisiones que vienen del centro, con 

la aspiración de imponer su visión nacional-chovinista, rusófoba, a todo el 

país. El gobierno está claramente perdiendo la capital también.

La Rada de Ucrania se ve incapacitada para asumir las funciones que le 

otorga la Constitución. Sus sesiones plenarias a cada rato se ven 

interrumpidas por la “oposición”, boicoteadas, convirtiendo el parlamento 

en un organismo incapacitado para legislar. La situación se agrava más, 

 por el hecho de que en el parlamento ha entrado una fuerza abiertamente 

neonazi como es el partido “Svoboda”, que hasta no hace mucho se 

autodenominaba social-nacionalista. A éste se le ha unido “Batkivschina” y 

el partido “UDAR” de Klichko, creando en la Rada una oposición unida 

nacionalista de derechas, cuyo núcleo ideológico representa Svoboda. Una 

figura conocida dentro de “Batkivschina”, como Tomenko, en un arranque 

de sinceridad calificó al grupo como “OMON (antidisturbios) de la 

oposición”. Ahora ya hemos podido ver todos qué clase de “OMON” era ese.


En Ucrania se ha creado una amenaza real de fascistización de la vida

 social. Tras las elecciones parlamentarias, la oposición demostró que no se 
detendría hasta lograr hacerse con todo el poder en el país. Tirándose por

la máxima “cuanto peor mejor”, los opositores han elegido el curso que

 lleva a la provocación de la desestabilización de la situación y del 

descontento en la sociedad.


Cómo podría hablarse de espontaneidad en los actos de protesta, cuando
 
 todo estaba perfectamente organizado al detalle con anterioridad. De la 

periferia, sobre todo las regiones occidentales se trajeron a la capital a 

miles de personas, pronto empezaron a destacar los “comandantes de 

campo”, con galones y experiencia desde el Maidán del 2004. Tenían 

preparadas una gran cantidad de tiendas de campaña militares, resuelta la 

logística de la comida, de la calefacción, de los lugares donde pasar la 

noche. Todos los detalles estaban pensados incluso la creación de un 

servicio jurídico y la puesta en marcha de una milicia interna. En aquellos 

lugares donde surgían situaciones conflictivas, “en el momento necesario”, 

aparecían sin falta periodistas y cámaras de televisión… Se deja sentir 

claramente una mano experimentada en todo este guion de la provocación.


Pero sería imposible comprender en profundidad la esencia real de esta 

lucha de ahora, sin contar con el factor externo. Los acontecimientos en

  contradicciones permanentes entre occidente y Rusia; una confrontación

 que no desapareció con la caída de la URSS, ni con la restauración del 

 encaminados a arrancar a Ucrania de Rusia a cualquier precio, a impedir su 
acercamiento. No ha faltado la consabida quinta columna, una parte de la 

cual fue ya cultivada en el subsuelo del PCUS. Los EE.UU. y sus aliados 

están llenos de determinación para impedir a toda costa el renacimiento, 

sea en la forma que sea, de la unión de antiguas repúblicas que componían 

la URSS, y el ingreso de Ucrania en esa unión. A Ucrania la están 

empujando claramente hacia la OTAN. Ya en noviembre de 1996 en una 

resolución acordada por ambas cámaras del Congreso norteamericano, la

 resolución nº 120, en respaldo a la independencia de Ucrania, había 

directrices muy claras sobre lo que debería hacer el presidente, el gobierno

 y el parlamento  de la Ucrania independiente.

El líder del Partido de la Regiones, Yanukóvich, elegido Presidente en el 

2009, recibió el apoyo de la mayoría de los electores principalmente por sus

promesas de recuperar las relaciones de buena vecindad con Rusia, de 

restablecer el estatus de lengua oficial para el ruso, de enfrentar al 

agresivo nacional-chovinismo, y de impedir que Ucrania fuese arrastrada hacia la 

OTAN. Esos compromisos quedaron fijados en los acuerdos con el bloque

de izquierdas, donde el papel principal le correspondía al Partido 

Comunista. En la práctica lo que ha ocurrido es que se ha asentado el 

régimen “yuschenkista sin Yuschenko”, cuando la integración europea pasó

a convertirse en el eje principal de la política exterior e interior de Ucrania

 pasando por la firma del acuerdo de asociación y la zona de libre comercio 

con la Unión Europea. Los lemas del gobierno “blanquiazul” pasaron a ser: 

Europa es nuestra casa, Rusia nuestro vecino”. La Unión Económica 

Euroasiática no es nuestra elección. Se repetía insistentemente que no se 

puede hablar del ingreso de Ucrania en la Unión Aduanera. Se intensificó la

 cooperación con la OTAN.


El Partido Comunista desde el principio se mostró partidario, de que en una 

cuestión de tal relevancia como la elección de la orientación de integración

exterior, fuese tenida en cuenta la opinión del pueblo, mediante la 

celebración de un referéndum nacional. El gobierno se mostró abiertamente 

contrario a estas propuestas, haciendo caso omiso a las advertencias de 

destacados especialistas, científicos, y expertos independientes. El 

gobierno violó descaradamente la Constitución y la ley sobre la 

convocatoria de un referéndum. A pesar de todos los obstáculos que se nos

 pusieron, los comunistas conseguimos reunir más de tres millones y medio

de firmas en apoyo a la celebración del referéndum. El trabajo para recabar 

firmas iba acompañado de una activa explicación de las consecuencias 

 Unión Europea.

A medida que se iban conociendo los detalles del proyecto de acuerdo de 

asociación y de la zona de libre comercio con la UE, iba quedando claro la 

amenaza frontal que representaba para la seguridad nacional de Ucrania.
 
 En upación. Se empezaron a oír voces discordantes, provenientes del 

mundo empresarial, directores de empresa que ven como la firma del 

acuerdo de asociación representaría una drástica caída de la producción, lo 

que supondría un notable aumento del desempleo en el país. Como 

resultado el gobierno se vio obligado -a falta de pocos días para la cumbre 

de Vilna en la que estaba previsto se ratificase el acuerdo-, a adoptar la 

decisión de detener el proceso de integración europea.

Occidente activó inmediatamente el escenario de desestabilización de la situación en 

Ucrania. En su realización tomaron parte activa senadores y altos funcionarios del

Departamento de Estado de los EE.UU., ministros y fracasados presidentes de una 

serie de países europeos, con amplia experiencia en la ejecución de “revoluciones de

colores”, y gente por el estilo. Estos comienzan a entrometerse descaradamente en 

los asuntos internos del país, llamando  abiertamente a luchar contra el gobierno 

legítimo. Sin embargo ni por parte del Presidente, ni del gobierno, ni del Ministerio de 

Relaciones Exteriores de Ucrania, no hubo ni una sola voz de condena ante tan 

evidente violación de las normas del derecho internacional.

No puede sorprendernos que el rasgo que mejor caracteriza la actual situación en el 

país, sea la pérdida de confianza hacia todos los órganos de gobierno y de la 

sociedad. Es algo que refleja convincentemente la investigación sociológica que 

anualmente realiza el Instituto de sociología de la Academia Nacional de Ciencias. La 

encuesta se celebró en julio de 2013, antes de los masivos actos de protesta.

En los tres últimos años el índice de confianza hacia el Presidente Yanukóvich ha 

descendido del 30,8%  al 10,9%, o lo que es lo mismo se ha reducido a casi la tercera 

parte. Nunca se había producido una caída así en la confianza hacia un Presidente a 

lo largo de su mandato.

Confían en la Rada únicamente el 4,6% de los encuestados, frente al 14,2 % 

de hace tres años. En el Consejo de ministros de Ucrania confía un 8,1%

 (era del 19,6%), en los órganos locales del poder un 13,8% (era 17,9%). En 

los últimos 10-15 años los órganos de gobierno no habían tenido un nivel 

tan bajo de confianza entre la población. En la policía, en julio, antes de los 

incidentes, mostraban su confianza absoluta solo un 0,8% de los 

encuestados, en la Fiscalía y la Inspección fiscal, un 0,9%. En estos más de 

diez años no había habido nunca un nivel tan bajo de confianza en los 

partidos políticos (6,6%), sindicatos (15%), bancos, compañías de seguro, 

directores de empresa estatales, empresarios privados.

Nunca había habido un total descreimiento y desconfianza como ahora en

la sociedad ucraniana. Pero motivos para que esto sea así hay más que 

suficientes. El empeoramiento de la situación en la economía y en la esfera 

financiera, el crecimiento del desempleo, la pobreza generalizada, una 

estratificación social cada vez más profunda, le imposibilidad de miles de 

personas de satisfacer sus necesidades vitales más acuciantes, la práctica 

liquidación de la sanidad y educación gratuitas, la imposibilidad en muchos

 casos de obtener en los organismos de gobierno la defensa de los 

derechos legales, unos niveles de corrupción sin precedentes que 

inexorablemente provocan un absoluto descontento de la mayor parte de la 

ciudadanía con el estado de las cosas, con su vida misma. Todo esto unido 

se ha convertido en premisa objetiva para la participación masiva de 

ciudadanos en los recientes actos de protesta. Pero quien se ha 

aprovechado de ello, ha sido la oposición nacionalista de derechas, 

prooccidental y agresiva.

Sobre el estado de ánimo que prevalece en la sociedad, hablan bien a las 

claras los datos de los estudios sociológicos. El 82,7% de los encuestados,

 consideran que el gobierno no resuelve o toma únicamente medidas de 

maquillaje de los problemas relacionados con la subida del nivel de 

bienestar de la población y el descenso de la desigualdad social. Más del 

68% están convencidos de que el gobierno no defiende los intereses 

nacionales, ni refuerza la unidad y la concordia en la sociedad. El 42,5% de 

los encuestados están convencidos de que la Fiscalía ucraniana está al 

servicio de aquel que lo pueda pagar. Un 49,1% opina lo mismo de la 

policía, 

y un 55,5% de los jueces. En opinión de casi una quinta parte de los

 participantes del estudio, los Cuerpos de Seguridad sirven al Presidente, a 

otros dirigentes de los órganos de poder, pero no el pueblo.

Tres cuartas partes de los ciudadanos encuestados consideran imposible 

el 
control de la sociedad sobre la actuación de los órganos de gobierno. Se

ha multiplicado por dos en comparación con el año 2010 el porcentaje de

 aquellos que consideran que en Ucrania la gente no puede expresar 

libremente sus opiniones políticas (era un 12,2%, ahora un 28%). Como en 

años anteriores, un 44% considera que Ucrania no necesita un sistema 

pluripartidista. Un 45,1% de los encuestados no ve entre los actuales 

partidos políticos existentes en el país y movimientos, ninguno al que se le 

pueda confiar el gobierno de la nación. Un 48,7% considera que en el país 

 era el 30,3%), mientras que un 28,3% no pudo o no quiso responder a esa 

pregunta.

Un 50,5% de los participantes en el estudio califican como insatisfactoria su 

actual situación en la sociedad mientras que casi una tercera parte no supo 
 
Solo un 11,1% piensa que en el país “no está todo tan mal” y que “se puede

 vivir”. Mientras que casi la tercera parte de los encuestados manifiesta que 

es imposible seguir soportando una situación tan dura. Según datos del 

estudio la gente teme ante todo una subida los precios (79,6%), el 

desempleo (78,1%), el no poder cobrar los salarios, las jubilaciones, los 

subsidios (75,4%), el crecimiento de la delincuencia (49,3%), la propagación 

de infecciones peligrosas para la vida (36,6%), el cierre de empresas 

(36,4%), el hambre (29,8%), la falta de calefacción en las viviendas (28,4%), 

los desórdenes callejeros (18,6%), la instauración de una dictadura en el 

país (18,3%).

Ucrania no se ha convertido ni en un Estado social, ni democrático ni de 

derecho. Eso es al menos lo que opina, entre la mitad y las dos terceras 

partes de los participantes del estudio. Al señalar que hoy día ya no existen 

esos valores morales que se inculcaban en la época soviética (igualdad 

social, colectivismo, ayuda mutua y otros) el 48% de los encuestados 

declaran que no acepta el sistema de valores, que se ha estado tratando de 

imponer en Ucrania tras el golpe de 1991 (el predominio de la propiedad 

privada, el ansia de enriquecimiento personal, el individualismo, etc.).


Al valorar la situación política en el país, un 57,8% de los encuestados la 

definieron como tensa, y uno de cada cinco como explosiva. Un 42,5% 

 empeoramiento  de las condiciones de vida. Sin embargo el gobierno no se 

muestra intranquilo ante el incremento  de estas alarmantes tendencias en 

el estado de ánimo de la sociedad. La naturaleza de esa conducta habría 

que buscarla en  el carácter mismo del régimen gobernante. Todos los 

presidentes y miembros de los gobiernos que han dirigido la riendas de 

Ucrania a lo largo de las dos últimas décadas, lo han hecho expresando los 

intereses del capital oligárquico-criminal y vendepatrias. No deja de ser 

significativo el hecho de que los principales multimillonarios ucranianos,

  La presidencia de Yanukóvich ha venido marcada por una “interpretación 

libre” de la Constitución y las leyes, por la concentración en manos del Jefe 

del Estado de enormes prerrogativas y la instauración prácticamente en el 

país de un régimen autoritario, que expresa los intereses de un limitadísimo 

círculo de oligarcas a los que se ha venido calificando como  “la familia”.

La política de nombramientos del régimen mostró también un carácter 

destructivo. Durante la época de Yúschenko, se promocionaba a los 

queridos amigos” para los altos cargos, mientras que con el gobierno 

actual se promociona a los suyos (principalmente de Donetsk). Esto ha 

derivado en unos niveles de corrupción sin precedentes a todos los niveles 

de los organismos estatales. Se ha puesto de moda un fenómeno tan 

vergonzoso, como el pago por la lealtad y el sometimiento ante aquellos 

 que reparten cargos, condecoraciones estatales o galones de General. En

 los Servicios de Seguridad de Ucrania, durante estos años de 

independencia se han sucedido doce directores. La mitad de ellos no 

estuvieron siquiera ni dos años en el puesto, aunque a cinco les dio tiempo 

a alcanzar el rango de General. Por el Ministerio del Interior han pasado 

diez ministros, seis de los cuales no llegaron a estar un año en el cargo. El 

Ministerio de Desarrollo Económico y Comercio (su denominación ha sufrido

 innumerables cambios) lo dirige hoy el ministro número 21. Y el Ministerio 

de Finanzas el ministro número 11.

En el gobierno prácticamente no hay figuras con autoridad respetadas y

conocidas por la sociedad, capaces de tener su propia postura y defender
 
sus principios consecuentemente. En lo que respecta al entorno del 

Presidente, a veces uno tiene la impresión de que en el mismo aparte de los

 obedientes “veletas” de turno, hay también “topos” mal disimulados, 

gente 

que está trabajando a conciencia para desacreditar al Jefe del Estado.

El gobierno prácticamente ha cedido a la “oposición” el espacio 

informativo. Incluso los medios de información del Estado (canales de 

televisión, emisoras de radio, publicaciones escritas) en esta situación,

parece que trabajan más para favorecer un golpe de estado. En algo sí que

 coincide el gobierno y la oposición: en desatar la histeria anticomunista, en

 esa aspiración por descalificar el pasado soviético. Pero al mismo tiempo el

gobierno se queda claramente atrás con respecto a la “oposición”, en ese 

empuje, en esa actividad, en ese saber influir en el estado de ánimo de la 

gente, en la capacidad para organizar actos de masas. El actual gobierno 

parece no querer escuchar en absoluto la voz del pueblo, ni tener en cuenta

 las conclusiones y propuestas de los expertos.

Hoy nuestro pueblo tiene que pagar por la fracasada política económica y 

social del actual gobierno y de los gobiernos precedentes, por el 

incumplimiento  de las promesas preelectorales, por ese incapacidad y 

negativa a querer tener en cuenta en la actividad práctica, los más y los 

menos, los riesgos de las decisiones adoptadas y los acuerdos alcanzados

(especialmente los que tienen relevancia estratégica). “Maidán dos”, no es

 de las pensiones, de la sanidad, etc.) y que han supuesto  el 

empeoramiento  de la situación de millones de personas. Es el precio por 

adoptar un estilo de gobierno autoritario, y una actitud desdeñosa con la 

legalidad. “Maidán dos” es la consecuencia de la pérdida de confianza del 

gobierno entre el pueblo.

La situación en el país es muy complicada. Al gobierno se enfrenta un 

adversario agresivo, organizado y respaldado abiertamente por occidente. 

Esa “oposición”, está encabezada por gente que en absoluto encaja en el 

papel de líder nacional. Pero sin embargo están peligrosamente cargados 

 de ese ansia de poder que les hace no detenerse ante nada, con tal de

 lograr sus objetivos. Su llegada al poder significaría el establecimiento en 

el país de un régimen de tipo fascista. Sus primeros pasos serían la 

prohibición del Partido Comunista, la eliminación de la ley que sienta las

 bases de la política interior y exterior y el carácter del curso de política 

exterior de neutralidad, de no pertenencia a ningún bloque; la inclusión de

 Ucrania en la OTAN, la denuncia de los acuerdos de Járkov, la expulsión de 

la flota de la Federación de Rusia del mar negro de territorio ucraniano, el 

establecimiento  de una ideología nacional chovinista como ideología del 

Estado, con todas las consecuencias que de ello se derivan.

La tarea principal ahora es explicar a la gente todos los peligros que 

encierra esa amenaza del desarrollo de los acontecimientos.

Los estudios sociológicos demuestran, que una parte significativa de la 

población de Ucrania se encuentra en la oposición con respeto al actual 

orden socioeconómico, es decir al capitalismo. La gente comienza a 

plantearse todo aquello que se ha perdido con la liquidación del socialismo,

 y que es lo que les ha traído ese capitalismo tan alabado. La mayoría de 

nuestros conciudadanos no terminan de aceptar un modelo económico en 

 domine la propiedad privada. Los ciudadanos de Ucrania se muestran 
 
reticentes a privatizar la tierra, apuestan por el reforzamiento del papel del 

Estado en la regulación de las relaciones socio-económicas. Un 41,3% de 

los encuestados se mostró partidario de complementar el sector estatal con

 el privado, y un 27,2% apuesta por la vuelta a la planificación de la 

economía sobre la base del control estatal absoluto.


La mayoría de la población percibe la situación en el país, y los procesos 

que se están produciendo en él, desde unas posiciones cercanas a las del 

Partido Comunista. De lo que se trata ahora es de poder utilizar de un modo 

más eficaz todas esas premisas objetivas, para atraer a los trabajadores 

hacia las posiciones del partido.

Hay que reforzar la organización de las estructuras partidistas, se necesita 

un notable incremento de savia joven en nuestras filas, un mayor empuje 

en nuestro actuar. Esas son las principales tareas que tenemos por delante

a día de hoy y que quedaron reflejadas en el último pleno del Comité 

Central 

del PCU, celebrado recientemente.

G.Kriuchkov es miembro del CC del PCU y ha sido diputado de la Rada en 

la III y IV legislaturas.