lunedì 27 giugno 2016

Terroristi e falsari in difesa di terroristi, assassini e sequestratori. /Terroristas y falsarios en defensa de terroristas, asesinos y secuestradores



Un gruppo di controrivoluzionari  e terroristi facenti parte di organizzazioni con un ampio prontuario di violenza e pianificazione di attentati criminali contro Cuba, montaggio di attività destabilizzanti, tali come : "OZT, Frente de Resistencia Cívica “OZT”, Plantados hasta la Libertad y la Democracia, Alpha 66, Comisión Política del CIEPPC y la Unión de Expresos Políticos Cubanos (Zona nord-est degli USA). A cui si  è loro  unito un  mercenario come Jorge Luis García Pérez (Antúnez), hanno inviato una lettera ai loro  complici della mafia anticubana nel Congresso USA, a sapere i senatori Robert "Bob" Menéndez e Marco Rubio, così come i rappresentanti Ileana Ros-Lehtinen, Mario Díaz-Balart, Albio Sires, Carlos Curbelo ed Alex Mooney, sollecitando il loro appoggio per riuscire a scarcerare noti terroristi che stanno scontando condanne in prigioni cubane, dopo di essere stati giudicati per i loro atti e condannati dalle leggi cubane.
Tra i firmatari appaiono anche connotati controrivoluzionari come Angelo Di Fana, Ernesto Díaz Rodríguez, José A. Jiménez ed Angelo Alfonso Tedesco.
Il principale e debole argomento è sostenere ragioni umanitarie,cercare di trovare per questi individui la condizione di prigionieri politici, quando eccede evidente il loro agire criminale e pericoloso per la sicurezza pubblica tanto in Cuba come in USA. Il fine è aprirgli le porte mediante una pressione al governo di Obama e che sia loro garantito l'entrata nella nazione settentrionale.

La lista è composta da 32 persone, come supposti "carcerati" dimenticati in Cuba, include i terroristi salvadoregno Francisco Chávez Abarca, Raúl Ernesto Cruz Leon  ed Otto René Rodríguez Llerena….. Daniel Santovenia Fernández, Pedro de la Caridad Álvarez Pedroso, Armando Sosa Fortuny, Ihosvani Suris de la Torre, Máximo Valdés Pradera, Santiago Padrón Quintero, Miguel Díaz Bouza, Humberto Eladio Real Suarez (Assassino del pescatore sportivo Arcilio Dionisio Rodríguez García), Lázaro González Caraballo, Pedro Guisao Peña, José Ramón Falcón González, Jesús Manuel Rojas Pineda, Miguel Díaz Bouza,…

Include persone che come Luis Miguel Almeida Pérez y René Salmerón Mendoza, assassinarono selvaggiamente a tre combattenti in un violento piano di fuga verso gli USA nel 1992. Come sequestratori violenti o complici in atti di sequestro di motoscafi, aereonavi, anche loro furono condannati :Harold Alcalá Aramburu, Raúl Manuel  Cornel de la Rosa, José David Hermán Aguilera, Lewis Arce Romero, Lázaro Ávila Sierra, Maikel Delgado Aramburo, José Ángel Díaz Ortiz, Ramón Henry Grillo, Wilmer Ledea Pérez, Jorge Luis Pérez Puentes, Francisco Reyes Rodríguez, Yoanny Thomas González, e altri.  Include  anche  gli assassini di due combattenti nel tentativo di uscire illegalmente dal paese come il caso di Leandro Cerezo Sirut, Yoan Torres Martínez, Karel de Miranda Rubio, Alain Forbes Lamorú y Ríder Lescay Veloz.

Tra i sollecitati si incontra anche i traditori della rivoluzione  come Claro Fernando  Alonso Hernández, Ernesto Borges y Miguel Álvarez.

Orignal en Espanol : 

Un grupo de contrarrevolucionarios y terroristas –integrantes de organizaciones con un amplio prontuario de violencia y planificación de atentados criminales contra Cuba, así como del montaje de actividades desestabilizadoras, tales como el Frente de Resistencia Cívica “OZT”, Plantados hasta la Libertad y la Democracia, Alpha 66, Comisión Política del CIEPPC y la Unión de Expresos Políticos Cubanos (Zona noreste de EE.UU)– a los que se han unido mercenarios como Jorge Luis García Pérez (Antúnez), han dirigido una carta a sus compinches de la mafia anticubana en el Congreso USA, a saber los senadoresRobert “Bob” Menéndez y  Marco Rubio, así como los representantes Ileana Ros-Lehtinen, Mario Díaz-Balart, Albio Sires, Carlos Curbelo y Alex Mooney, solicitando su apoyo para lograr la excarcelación de connotados terroristas que purgan condenas en prisiones cubanas, luego de haber sido juzgados por sus actos y condenados por las leyes cubanas.

Entre los firmantes también aparecen connotados contrarrevolucionarios como Ángel De Fana,  Ernesto Díaz Rodríguez,  José A. Jiménez y Ángel Alfonso Alemán. 

El principal y débil argumento es sustentar razones humanitarias y tratar de endilgarles a estos individuos la condición de prisioneros políticos, cuando sobra evidencia de su actuar criminal y peligroso para la seguridad pública tanto en Cuba como en EEUU. El fin es abrirle las puertas mediante una presión al gobierno de Obama y que se les garantice la entrada a la nación norteña.

La lista integrada por 32 personas, como supuestos “presos olvidados” en Cuba, incluye a los terroristas salvadoreños Francisco Chávez Abarca, Raúl Ernesto Cruz León y Otto René Rodríguez Llerena.

Asimismo, integran la lista terroristas capturados en Cuba procedentes de EEUU y cuyo propósito era realizar actos terroristas, tales como Daniel Santovenia Fernández, Pedro de la Caridad Álvarez Pedroso, Armando Sosa Fortuny, Ihosvani Suris de la Torre, Máximo Valdés Pradera, Santiago Padrón Quintero, Miguel Díaz Bouza, Humberto Eladio Real Suarez (asesino de un pescador deportivo nombrado Arcilio Dionisio Rodríguez García), Lázaro González Caraballo, Pedro Guisao Peña, José Ramón Falcón González, Jesús Manuel Rojas Pineda, Miguel Díaz Bouza,entre otros.

Incluyen personas que como Luis Miguel Almeida Pérez y René Salmerón Mendoza asesinaron salvajemente a tres combatientes en un plan violento de fuga hacia EEUU en 1992. Como secuestradores violentos –o involucrados en actos de secuestro de lanchas o aeronaves–  también fueron condenados Harold Alcalá Aramburu, Raúl Manuel  Cornel de la Rosa, José David Hermán Aguilera, Lewis Arce Romero, Lázaro Ávila Sierra, Maikel Delgado Aramburo, José Ángel Díaz Ortiz, Ramón Henry Grillo, Wilmer Ledea Pérez, Jorge Luis Pérez Puentes, Francisco Reyes Rodríguez, Yoanny Thomas González, entre otros. También incluye a los asesinos de dos combatientes con el fin de salir ilegalmente del país como son los casos de Leandro Cerezo Sirut, Yoan Torres Martínez, Karel de Miranda Rubio, Alain Forbes Lamorú y Ríder Lescay Veloz.

Se encuentran entre los solicitados traidores a la Revolución como Claro Fernando  Alonso Hernández, Ernesto Borges y Miguel Álvarez.

Tratto da : Descubriendo Verdades 





giovedì 12 maggio 2016

Saharawi: il tradimento continua / Saharauis: La traición continúa


Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha deciso di prorogare ancora per un anno la Missione delle Nazioni Unite per l'organizzazione del Referendum nel Sahara Occidentale - MINURSO - nel mezzo della crisi più dura che affronta il processo di autodeterminazione del popolo saharawi, dopo la decisione del Marocco, come potenza occupante, di espellere 73 membri del personale civile della MINURSO lo scorso marzo.

Il 29 aprile 2016, i 15 membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite hanno votato la Risoluzione n°2285 sulla prosecuzione della MINURSO ancora per un anno. Con dieci voti a favore, tra cui quello della Spagna e della Francia; tre astensioni, quelle della Russia, dell'Angola e della Nuova Zelanda; e due voti contrari, quelli del Venezuela e dell'Uruguay - che non hanno capacità di veto - la risoluzione sostiene la "necessità urgente" che la missione multinazionale, finora inefficiente, recuperi la sua piena operatività entro 3 mesi e il Segretario Generale dell'ONU ha informato il Consiglio di Sicurezza sull'evoluzione della situazione.

Una Risoluzione Sterile

Come dal 1991 ad oggi questa Risoluzione non autorizza la MINURSO ad avere competenze in materie di vigilanza nella difesa dei diritti umani e ancor meno adotta sanzioni contro le manovre dilatorie alla realizzazione del referendum sull'autodeterminazione del popolo sahrawi. Solo Venezuela e Uruguay - che riconoscono la Repubblica Democratica Araba dei Saharawi RASD - hanno mostrato dignità non approvando questo documento che mantiene lo status quo con un chiaro vantaggio per le posizioni del governo marocchino.

L'Ambasciatore Uruguaiano all'ONU, Elbio Roselli ha criticato duramente un testo che "non considera le manovre del Marocco, che hanno ostacolato il progredire del processo di autodeterminazione del popolo sahrawi e che esprimono solo l'intenzione formale di cercare di raggiungere il loro obiettivo. Firmeremmo un contratto di vendita della nostra casa con un compratore che ha espresso l'intenzione di non pagarci e che neanche ci ha comunicato quanto ci pagherà?" ha detto con ironia il diplomatico uruguaiano. Da parte sua, l'Ambasciatore venezuelano all'ONU, Rafael Ramírez, ha spiegato che il voto contrario si basa su "motivi sostanziali e procedurali che ignorano, per esempio, il diritto del popolo Saharawi alla sua autodeterminazione. Non esiste neppure un sostegno al Segretario Generale e vi è una chiara assenza di condanna delle manovre del governo marocchino nel non rispettare la legislazione internazionale"

Le astensioni della Russia, dell'Angola e della Nuova Zelanda sono state viste da parte del Rappresentante del Fronte POLISARIO all'ONU, Ahmed Bouhari, come un elemento positivo che predice la fine "di quei i giorni in cui i membri del Consiglio di Sicurezza mettevano la testa sotto la sabbia sulla questione del Sahara Occidentale"

Manca ancora molto per far rispettare al Marocco i suoi impegni internazionali, ma questa votazione frammentata nel Consiglio di Sicurezza è un passo avanti, perchè prima di questo giorno normalmente si è sempre votato all'unanimità.

Nonostante questa visione positiva, il Consiglio di Sicurezza continua ad approvare risoluzioni che non includono competenze della MINURSO in materia di diritti umani. Per ciò, la compiacenza della Spagna, come membro del Consiglio di Sicurezza, approvando col suo voto questa Risoluzione n°2285, si somma alla lunga lista di tradimenti che questa ex potenza coloniale nel Sahara Occidentale ha commesso contro il popolo saharawi. Risoluzioni che nascondono un modello fallimentare che non resiste un giorno in più e che la popolazione Saharawi, tanto nei campi dell'esilio in Algeria, quanto nei territori occupati dal Marocco, non é disposta a continuare ad accettare.

Durante la discussione sulla proroga del mandato della MINURSO è stata fatta una relazione da parte del Segretario Generale dell'ONU, Ban Ki-moon, circa la situazione politica e umanitaria che si vive nel Sahara Occidentale, tanto nei territori liberati, gli accampamenti dei rifugiati in territorio algerino, quanto in quelli nella zona occupata dal Marocco dal 1975 - questa ultima senza poter essere visitata a causa dell'impedimento delle autorità marocchine. Questa relazione è servita come preparazione alla presentazione di una Risoluzione patrocinata dagli Stati Uniti, destinata a restituire alla MINURSO la piena capacità e ad allungare di un altro anno la sua gestione e che infine è stata votata.

Le discussioni e la ricerca del consenso hanno avuto anche, come precedente e misuratore di pressioni, l'espulsione di gran parte dei funzionari civili della MINURSO da parte del Marocco, Decisione presa da Rabat, con una scusa, dopo le parole del Segretario Generale dell'ONU, Ban Ki-moon, che in visita agli accampamenti dei rifugiati saharawi e ai territori liberati, agli inizi di marzo 2016, ha detto che "l'occupazione del Marocco deve finire." L'uso del concetto di occupazione ha indignato il Marocco.

L'ONU, in una posizione di conciliazione - sostenuta dalla Francia, alleata fedele del Marocco - ha difeso la neutralità del suo Segretario Generale nel conflitto e attraverso il suo portavoce, Farhan Haq ha affermato che "Il Segretario Generale ha fatto tutto il possibile per risolvere la situazione nel Sahara Occidentale e la sua intenzione è di richiamare un'altra volta l'attenzione sulla necessità di una soluzione e che questo problema rimane saldamente nell'agenda internazionale." Al Marocco dà fastidio che si usino i concetti nella loro vera e giusta dimensione. Ma quello che esiste nei territori usurpati al popolo saharawi è semplicemente un'occupazione, così definita dall'ordinamento giuridico internazionale e così causata dalla pratica della monarchia marocchina, dal 1975 ad oggi.

40 anni di occupazione

Nella regione di Tindouf, a 1500 chilometri a sud di Algeri, in quello che si conosce come Hamada, torrido deserto del Sahara, con un terreno pietroso, arido, duro, in una delle zone più inospitali del mondo, con temperature che raggiungono i 50 gradi in estate e dove la vita animale e vegetale brilla per la sua scarsa presenza, sopravvivono in condizioni di estrema durezza, approssimativamente, 200 mila rifugiati saharawi. Famiglie che hanno resistito all'emigrazione per 40 anni, all'esilio forzato, dopo l'occupazione da parte del Marocco della propria patria.

I Saharawi sono un popolo valoroso che ha sopportato l'occupazione, la repressione e l'aggressione costante da parte di un potenza invasiva che usurpa il territorio che legittimamente gli appartiene e lo accerchia con un muro, tanto vergognoso quanto quello di Israele. Il denominato "Muro della Vergogna" Marocchina che si estende per 2.700 chilometri di reticolati, campi minati e fortificazioni, eretto con tecnologia avanzata e con la consulenza di tecnici e militari israeliani e il forte appoggio economico dei sauditi.. Un muro sorvegliato da 120 mila soldati che riempie di vergogna non solo il Marocco, bensì tutte quelli potenze che avallano questa invasione.

Mentre nulla sembra sopravvivere nell'Hamada, i sahrawi sono riusciti a riempirla della loro speranza, della loro vita, ma in condizioni di salute e alimentari insufficienti. L'orgoglio e la dignità di questo popolo hanno molto da dirci, basati sulla loro convinzione politica e sul diritto a recuperare in pieno il diritto alla propria terra. Vivono in una serie di accampamenti che prendono il nome dalle province - Wilayas - occupate: Dajla, Aussert, Smara, El Aaiun, Boujdour e la sua capitale amministrativa Rabouni, l'organizzazione del governo sahrawi e la vocazione pacifica, laboriosa e promettente del suo popolo emerge per la disciplina, il vigore e l'orgoglio di essere Saharawi. La sensazione e successivamente la certezza che si ottiene visitando questi territori, è che abbiamo un debito con quegli uomini e quelle donne, che è palpabile in ogni Wilaya, in ogni Daira - distretto - in ogni Jaima - tenda - dove migliaia di esseri umani sognano di recuperare quello che è stato loro strappato a ferro e fuoco. Per questo chi visita questo territorio è colpito dalla dignità e dalla dimostrazione di coraggio che porta a chiedere che si realizzi il diritto internazionale.

Il Marocco e le sue critiche a Ban Ki-moon, la sua decisione di espellere i funzionari civili e l'ostinarsi a non riconoscere la necessità di compiere i propri obblighi internazionali, mira a modificare l'essenza della discussione e a indirizzare la politica saharawi a discutere di ciò che non è essenziale, cosa che non fa avanzare il processo di autodeterminazione. La voce Saharawi viene imbrigliata affinchè si ristabilisca la MINURSO con tutti i suoi funzionari, invece di fare in modo che questa Missione assuma la difesa dei Diritti umani nell'ambito delle sue funzioni. Forzare a che si discuta circa il ritorno dei funzionari civili, invece di realizzare il processo referendario. E così è accaduto con l'approvazione della nuova Risoluzione n°2285. Oggi, il processo di autodeterminazione del Sahara Occidentale è bloccato. Mentre il Fronte Polisario - legittimo rappresentante del popolo saharawi – sostiene il movimento verso un referendum di autodeterminazione, la monarchia marocchina afferma che l'unica soluzione al conflitto è accettare la sua proposta di autonomia per quella che considerano una provincia del sud.

Le Potenze e la loro Immoralità

I Saharawi sono stati spogliati del loro territorio e del loro sviluppo come nazione, sia con le armi dalla monarchia marocchina, sia dalla collusione politica tra questo paese e i suoi alleati, principalmente il governo francese. Una potenza venuta meno, ma che desidera continuare a mantenere presenza nel Magreb e sfruttare le ricchezze naturali del Sahara occidentale, violando con ciò tutta la legislazione internazionale che proibisce azioni commerciali nei territori in disputa.

A questa condotta criminale si somma l'abbandono, l'inganno e il tradimento dei governi spagnoli, sia quelli presieduti dal Partito Popolare o quelli dal Partito Operaio Socialista Spagnolo, che dopo la morte del Dittatore Francisco Franco hanno violato le loro promesse e il ruolo che erano obbligati a svolgere secondo il diritto internazionale e il processo di decolonizzazione reclamato dalla Risoluzione n° 1514 delle Nazioni Unite del 14 dicembre del 1960 - come garanti del processo di autodeterminazione della loro antica colonia africana. La Spagna, non solo ha violato questo mandato ma ha tradito tutto un popolo, consegnandolo all'intervento del Marocco.

Agli inizi del quarto lustro del secolo XXI, quando ancora non era svanito l'eco di una delle più importanti aggressioni dell'entità sionista contro il popolo palestinese, sia a Gaza, Cisjordania come a Al Quds. Quando le bande takfirí e l'appoggio di potenze regionali come Turchia e Arabia Saudita, con l'avallo di Washington e dell'Europa continuavano a tentare di frammentare la Siria, consolidando la balcanizzazione dell'Iraq e Libia. Quando tutto ciò è ancora presente, bisogna mettere in luce il popolo sahrawi. Un popolo che come quello Palestinese soffre una criminale occupazione che ha mozzato la sua vita come società, tagliando i suoi sonni in due, sia nei territori occupati, che negli accampamenti di Tindouf.

Accampamenti situati in territorio algerino che attualmente - e del quale fu testimone privilegiato il Segretario Generale dell'ONU nella sua visita del marzo scorso - attraversano un momento di speciale complessità, sia per l'impatto della crisi economica in Europa che riduce drasticamente i livelli di appoggio materiale dei cooperanti, con l'invio di aiuto solidale ai rifugiati, sia come le periodiche inondazioni che colpiscono e abbattono le precarie stanze di mattone crudo della popolazione e che li obbliga a ricostruire nella fragilità.

La popolazione delle Wilayas in Tindouf attraversa difficoltà in materia di alimentazione, salute, ecosistema e acqua: tutto ciò nel quadro di un processo politico di autodeterminazione che non avanza e la cui soluzione non si vede vicina e che genera tensioni logiche in una comunità con una pazienza che si è esaurita. Il processo iniziato dalle Nazioni Unite a partire dal 1991, quando cessarono le ostilità armate tra Marocco e Fronte POLISARIO, non sfocia in nessuna situazione politica favorevole alle pretese sahrawi ed è per questo che si stanno creando le basi per un'uscita esplosiva causata dall'enorme frustrazione del popolo sahrawi nella "perdita di credibilità" dell'organismo internazionale.

** Articolo dell'autore ceduto da HispanTV


Tratto da  Resistenze.org  tradotto  cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare


Saharauis: La traición continúa

Pablo Jofre Leal

El Consejo de Seguridad de las Naciones Unidas, decidió prorrogar por un año más la Misión de las Naciones Unidas para el Referéndum en el Sáhara Occidental  - MINURSO -  en medio de la crisis más severa que enfrenta el proceso de autodeterminación del pueblo saharaui, tras la decisión de Marruecos – como potencia ocupante – de expulsar  a 73 miembros del componente civil de la MINURSO el pasado mes marzo.

El 29 de abril del 2016, los 15 miembros del Consejo de Seguridad de Naciones Unidas votaron la Resolución N° 2285 sobre la continuidad de la MINURSO por un año más. Por diez votos a favor, entre ellos el de España y Francia; tres abstenciones, las de Rusia, Angola y Nueva Zelanda; y dos votos en contra, los de Venezuela y Uruguay – que no tienen capacidad de veto - la resolución sostiene, igualmente, la “necesidad urgente” que la hasta ahora ineficiente misión multinacional recupere su plena operatividad y que en el plazo de 3 meses, el Secretario General de la ONU informe al Consejo de Seguridad sobre la evolución de la situación.

Una Resolución Estéril

Tal como ha sido una constante desde el año 1991 a la fecha, esta Resolución no facultó a la MINURSO para tener competencias en materias de vigilancia en la defensa de los derechos humanos y menos aún mencionó medidas de sanción contra las maniobras dilatorias para concretar el referéndum de autodeterminación del pueblo saharaui. Sólo Venezuela y Uruguay – que reconocen a la República Árabe Saharaui Democrática RASD -  mostraron algo de dignidad al negarse aprobar este documento, que mantiene el status quo con clara ventaja para las posiciones del gobierno marroquí.
El Embajador Uruguayo ante la ONU, Elbio Roselli criticó duramente un texto que “no considera las  maniobras de Marruecos, que han dificultado avanzar en el proceso de autodeterminación del pueblo saharaui y que sólo expresa su intención de considerar la forma de buscar el logro de su objetivo.¿Algunos de nosotros firmaríamos un contrato de venta de nuestra casa con un comprador que  expresa la intención de no pagarnos, y que ni siquiera nos dice el precio?” señaló con sorna el diplomático uruguayo. Por su parte, el Embajador Venezolano ante la ONU, Rafael Ramírez, señaló que el voto en contra se fundamenta en “razones sustantivas y de procedimiento que ignora, por ejemplo, el derecho del pueblo Saharaui a su autodeterminación. No existe tampoco un respaldo al Secretario General y existe una ausencia clara de condena a las maniobras del gobierno marroquí de no cumplir la legislación internacional”
Las abstenciones de Rusia, Angola y Nueva Zelanda se visualizó, por parte del Representante del Frente POLISARIO en la ONU, Ahmed Bouhari, como un elemento positivo, que augura el fin “de aquellos los días en los que los miembros del Consejo de Seguridad metían la cabeza en la arena en el tema del Sahara Occidental”  Falta mucho para hacer cumplir a Marruecos sus compromisos internacionales, pero esta votación fracturada en el Consejo de Seguridad es un paso adelante pues antes de este día se solía votar por unanimidad.
A pesar de esa mirada positiva, el Consejo de Seguridad sigue aprobando resoluciones que no incluyen competencias de la MINURSO en materia de derechos humanos. Por ello, la complacencia de España, como miembro del Consejo de Seguridad, aprobando con su voto esta Resolución N° 2285, se suma a la larga lista de traición que esta ex potencia colonial en el Sáhara Occidental ha cometido con el pueblo saharaui. Resoluciones  que amparan  un moldeo fracasado, que no resiste un día más y que la población Saharaui, tanto en los campamentos del exilio en Argelia o en los territorios ocupados por Marruecos no están dispuestos a seguir aceptando.
En la discusión sobre la prórroga del mandato de la MINURSO estuvo el reporte elaborado por el  Secretario General de la ONU, Ban Ki-moon, acerca de la situación política y humanitaria que se vive en el Sáhara Occidental, tanto en los territorios liberados, los campamentos de refugiados en territorio argelino, como lo que se vive en la zona ocupada por Marruecos desde el año 1975 – esta última sin poder ser visitada por impedimento de las autoridades marroquíes. Este reporte sirvió como antecedente para la presentación de una Resolución patrocinada por Estados Unidos, destinada a devolver a la MINURSO su plena capacidad y alargar por otro año su gestión y que finalmente se votó.
Las discusiones y la búsqueda de consensos tuvieron también, como antecedente y medida de presión, la expulsión de gran parte de los funcionarios civiles de la MINURSO por parte de Marruecos, Decisión tomada por Rabat, como excusa, tras las palabras del Secretario General de la ONU, Ban Ki-moon, que en visita a los campamentos de refugiados saharauis y los territorios liberados, a principios de marzo del año 2016, señaló que “la ocupación de Marruecos debía terminar”. El uso del concepto de ocupación indignó a Marruecos.
La ONU, en una postura de conciliación – presionada por Francia, aliada fiel de Marruecos – defendió la neutralidad de su Secretario General en el conflicto y a través de su portavoz, Farhan Haq afirmó que “El Secretario General hace todo lo posible para resolver la situación en el Sáhara Occidental y su intención era llamar la atención una vez más sobre la necesidad de lograr una solución y que este asunto siga firmemente en la agenda internacional". Le atormenta a Marruecos que se usen los conceptos en su verdadera y justa dimensión. Pero, lo que existe en los territorios usurpados al pueblo saharaui es lisa y llanamente una ocupación, Así definido por el ordenamiento jurídico internacional y así llevado la práctica por la Monarquía marroquí, desde el año 1975 a la fecha.

40 AÑOS DE  OCUPACIÓN

En la región de Tindouf, a 1500 kilómetros al sur de Argel, en lo que se conoce como la Hamada, en el tórrido desierto del Sáhara, con un terreno pedregoso, árido, duro, en una de las zonas más inhóspitas del mundo, con temperaturas que alcanzan los 50 grados en veranos y donde la vida animal y vegetal brilla por su escasa presencia, subsisten en condiciones de extrema dureza, aproximadamente 200 mil refugiados saharauis. Familias que durante 40 años han resistido el transtierro, el exilio forzado, tras la ocupación de Marruecos de su patria.  
Los Saharauis son un pueblo valeroso, que ha soportado la ocupación, represión y agresión constante por parte de una potencia invasora, que usurpa el territorio que legítimamente le pertenece y lo mantiene cercado por un muro, tan vergonzoso como el Israelí. El denominado “Muro de la Vergüenza” Marroquí, que se extiende a lo largo de 2.700 kilómetros de alambradas, campos minados y fortificaciones, erigido con tecnología de punta y con la asesoría de técnicos y militares israelitas y fuerte apoyo económico de la Casa al Saud. Un muro custodiado por 120 mil soldados que llena de oprobio, no sólo a Marruecos, sino a todas aquellas potencias que avalan esta invasión.
A pesar que nada parece sobrevivir en la Hamada, los saharauis han logrado colmarla de su esperanza, de su vida, pero en condiciones de salud y alimentación deficientes. El orgullo y la dignidad de este pueblo tienen mucho que decirnos, en base a su convicción política y el derecho a recuperar de pleno derecho su tierra. El vivir en una serie de campamentos que reciben el nombre de  sus provincias – Wilayas - ocupadas: Dajla, Aussert, Smara, El Aaiun, Boujdour y su capital administrativa Rabouni, la organización del gobierno saharaui y la vocación pacífica, laboriosa y esperanzadora de su pueblo destaca por la disciplina, el vigor y el orgullo de ser Saharaui. La sensación y luego la certeza que se tiene al visitar estos territorio, es que tenemos una deuda con esos hombres y mujeres, que se palpa en cada Wilaya, en cada Daira – Distrito - en cada Jaima – Tienda-  donde miles de seres humanos sueñan con recuperar lo que les ha sido arrebatado a sangre y fuego. Para este cronista el visitar ese territorio fue un golpe de dignidad y una muestra de coraje, que obliga a exigir que se cumpla el derecho internacional.
Marruecos y sus críticas a Ban Ki-moon, su decisión de expulsar a funcionarios civiles y empecinarse en no reconocer la necesidad de cumplir sus obligaciones internacionales, persigue cambiar la esencia de la discusión y direccionar la política saharaui a discutir lo que no es esencial, lo que no hace avanzar el proceso de autodeterminación. Direccionar el reclamo Saharaui a que se restablezca la MINURSO con todos sus funcionarios, en lugar de concretar que esta Misión tome la defensa de los Derechos Humanos como parte de sus funciones. Forzar a que se discuta sobre la vuelta de los funcionarios civiles en lugar de concretar el proceso de referéndum. Y así sucedió con la aprobación de la nueva Resolución N°2285. Hoy, el proceso de autodeterminación del Sáhara Occidental está bloqueado. Mientras el Frente Polisario -legítimo representante del pueblo saharaui -reclama el avanzar hacia un referéndum de autodeterminación, la Monarquía marroquí afirma que la única salida al conflicto es aceptar su propuesta de autonomía para lo que ellos consideran una provincia del sur.
Las Potencias y su Inmoralidad

A los Saharauis se les ha despojado de  su territorio y su desarrollo como nación, ya sea por las armas de la Monarquía marroquí como también por el contubernio político entre este país y sus aliados, principalmente el gobierno francés. Una potencia venida a menos, pero que desea seguir manteniendo presencia en el Magreb y  explotar las riquezas naturales del Sáhara occidental, violando en ello toda la legislación internacional, que prohíbe ejecutar acciones comerciales en territorios disputados.
A esa conducta criminal se suma el abandono, el engaño y la traición de los gobiernos españoles, ya sea aquellos presididos por el Partido Popular o el Partido Obrero Socialista Español, que tras la muerte del fallecido Dictador Francisco Franco incumplieron sus promesas y el papel al cual estaban obligados a desempeñar según el derecho internacional y el proceso de descolonización  exigido por la Resolución N° 1514 de las Naciones Unidas del 14 de diciembre del año 1960 - como garantes del proceso de autodeterminación de su antigua colonia africana. España, no sólo incumplió dicho mandato sino que traicionó a todo un pueblo, entregándolo a manos de Marruecos.
A inicios del cuarto lustro del siglo XXI, cuando aún no se apagan los ecos de una más de las agresiones de la entidad sionista contra el pueblo palestino, sea en Gaza, Cisjordania como en Al Quds. Cuando las bandas takfirí y el apoyo de potencias regionales como Turquía y Arabia Saudita, con el aval de Washington y Europa sigue tratando de fragmentar Siria, consolidar la balcanización de Irak y Libia. Cuando todo ello aún es presente,  hay que resaltar al pueblo saharaui. Un pueblo, que como el Palestino sufre una criminal ocupación, que ha cercenado su vida como sociedad, cortando sus sueños en dos, ya sea en los territorios ocupados o en los campamentos de Tindouf.
Campamentos situados en territorio argelino, que en la actualidad – y de lo cual fue testigo privilegiado el Secretario General de la ONU en su visita de marzo pasado - atraviesan un momento de especial complejidad, ya sea por el impacto de la crisis económica en Europa, que redujo drásticamente los niveles de apoyo material de cooperantes y el envío de ayuda solidaria con los refugiado, como las periódicas inundaciones, que afectan y derriban las precarias habitaciones de adobe de la población y que los obliga a reconstruir en la fragilidad.
La población de las Wilayas en Tindouf atraviesa dificultades en materia de alimentación, salud, medio ambiente y agua: todo ello bajo el marco de un proceso político de autodeterminación que no avanza, cuya solución no se ve cercana y que genera tensiones lógicas en una comunidad con una paciencia que se agota. El proceso iniciado por las Naciones Unidas a partir del año 1991, cuando cesan las hostilidades armadas entre Marruecos y el Frente POLISARIO, no desemboca en ninguna situación política favorable a las pretensiones saharauis, por lo que se están creando las bases para una salida explosiva gatillada por la enorme frustración del pueblo saharaui junto a la “pérdida de credibilidad” del organismo internacional.
**Artículo del autor cedido por HispanTV



domenica 1 maggio 2016

Appello del Partito Comunista Polacco per la solidarietà internazionale/Petición de solidaridad internacional del PC de Polonia/APPEAL OF THE CP OF POLAND FOR INTERNATIONAL SOLIDARITY



Membri del Partito Comunista Polacco sono stati condannati per propaganda al comunismo



25/04/2016

Appello del Partito Comunista Polacco per la solidarietà internazionale

Quattro attivisti del Partito Comunista Polacco (KPP) sono stati condannati il 31 marzo 2016 dalla Corte Regionale in Dąbrowa Górnicza per aver fatto propaganda dell'ideologia comunista sul giornale "Brzask" e sul sito internet del Partito. Sono stati condannati a nove mesi di libertà controllata con lavoro sociale gratuito obbligatorio, nonché ad una multa.

Questo provocatorio decreto è stata pronunciato in un procedimento sommario senza la presenza delle parti di solito utilizzato per reati in cui la colpevolezza dell'accusato viene ritenuta evidente. La Corte non ha seguito la procedura ordinaria ed ha basato la propria condanna solo sul capo di accusa. Anche gli accusati non hanno avuto la possibilità di difendersi. Il condannato ha già interposto opposizione al giudizio chiedendo la procedura ordinaria. (1)

Gli attivisti del KPP sono stati accusati di violare l'art. 256 primo comma del codice penale polacco: "Chiunque pubblicamente fa propaganda del fascismo o di altro sistema statale totalitario ovvero incita all'odio basato sulle differenze di nazione, etnia, razza o religione o per la mancanza di confessione religiosa è punito con la multa o con la pena della libertà controllata ovvero con la pena detentiva fino a due anni"

Un'originario tentativo di modificare questo articolo includendovi la proibizione dei simboli comunisti ha incontrato proteste sia in Polonia che all'estero. Il 19 luglio 2011 è stato dichiarato incostituzionale dalla Corte polacca delle Leggi perché violava il principio della libertà di manifestazione del pensiero.

L'accusa contro gli attivisti del KPP per propaganda di regime totalitario è un altro ennesimo tentativo di equiparare il comunismo al fascismo per vietare l'attività politica dei comunisti.

Il caso è partito dalla denuncia presentata nel 2013 da Bartosz Kownacki, deputato del Partito della Legge e della Giustizia (PiS). Il pubblico ministero rifiutò di procedere. Tuttavia, nel 2013, il procedimento è stato riaperto ed ha subito un'accelerazione dopo le elezioni vinte dal PiS. Il 31 dicembre 2015, il Procuratore Regionale di Katowice ha presentato la richiesta di condanna alla Corte regionale di Dąbrowa Górnicza. La richiesta di condanna affermava che gli attivisti facevano propaganda di un sistema totalitario pubblicando sulla testata "Brzask" articoli di giornale "direttamente correlati con il sistema comunista e col Marxismo-Leninismo, che nel contesto dell'esperienza storica si pongono in contrasto con i valori democratici" - e quindi con le attività consentite ad un partito politico "legale".

Il caso è altrettanto importante sotto il profilo della "politicizzazione" dell'Ufficio del Pubblico Ministero mediante la subordinazione dello stesso al Ministro della Giustizia - Zbigniew Ziobro del PiS, il quale è stato nominato Procuratore Generale. Il sistema giudiziario sta poi apertamente trattando in modo completamente differente l'estremismo di destra. Nello stesso momento in cui i membri dello staff editoriale del "Brzask" venivano condannati, i neofascisti dell'ONR (Organizzazione radical nazionale) dimostravano liberamente nelle strade di Bialystok commemorando l'82° anniversario della loro organizzazione. Nel corso della manifestazione, sotto i simboli delle falange, gli estremisti portavano in mano torce accese e promettevano di farla finita con i nemici politici, così facendo diretto riferimento alle pratiche fasciste. Nonostante ciò, il Ministro della Difesa sta pensando di armare questi neofascisti rendendoli parte integrante della difesa territoriale. Precedentemente, la Corte di Częstochowa ha prosciolto un imputato che aveva messo in vendita magliette con scritte razziste, chiudendo gli occhi sulla violazione dell'art. 256 del Codice penale. Recentemente, il Ministro della Giustizia e Procuratore Generale ha sospeso la condanna di un nazionalista colpevole di violenza a pubblico ufficiale.

Il decreto che ha condannato i comunisti polacchi è stato emesso nello stesso momento in cui, il primo di Aprile, il Parlamento ha votato una legge contro la "propaganda del comunismo" che obbliga le autorità locali a cambiare i nomi delle strade ed a rimuovere altri oggetti e simboli associati al comunismo, atto di pieno attacco contro la memoria del movimento operaio. L'Istituto della Rimembranza Nazionale ha creato un registro delle domande delle autorità locali per la soppressione dei monumenti ai soldati sovietici ed altri monumenti correlati con il comunismo. La devastazione dei monumenti e la falsificazione della storia sono usuali modi di pratica fascista.

Il governo e le classi borghesi si illudono se credono che il Partito Comunista di Polonia ed i comunisti polacchi si lascino intimidire da questa persecuzione anticomunista o che questa campagna anticomunista possa farli cedere. Le misure prese contro i comunisti vanno mano nella mano con l'acuirsi della barbara linea politica antipopolare del Governo e della UE. E' di estrema importanza che la solidarietà col Partito Comunista di Polonia, il quale è costretto ad agire in difficili condizioni per tutelare i comunisti perseguitati, sia oggi espressa in modo massivo e risoluto, mediante proteste davanti alle ambasciate polacche di tutto il mondo, con mozioni di solidarietà, eccetera…

Giù le mani dal Partito Comunista di Polonia. La persecuzione anticomunista deve essere spezzata. le inaccettabili leggi anticomuniste devono essere abolite. L'anticomunismo ed il tentativo di riscrivere la storia non avranno successo.

N.d.t.

1) La procedura appare simile, per quanto riferito, al procedimento per decreto penale di condanna esistente nel nostro ordinamento e regolato dagli artt. 459 e ss. del c.p.p., per il quale, nei procedimenti per reati perseguibili di ufficio ed in quelli perseguibili a querela se questa è stata validamente presentata e se il querelante non ha nella stessa dichiarato di opporvisi, il pubblico ministero, quando ritiene che si debba applicare soltanto una pena pecuniaria, anche se inflitta in sostituzione di una pena detentiva, può presentare al giudice per le indagini preliminari, entro sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale il reato è attribuito è iscritto nel registro delle notizie di reato e previa trasmissione del fascicolo, richiesta motivata di emissione del decreto penale di condanna, indicando la misura della pena. Nel termine di quindici giorni dalla notificazione del decreto, l'imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, personalmente o a mezzo del difensore eventualmente nominato, possono proporre opposizione mediante dichiarazione ricevuta nella cancelleria del giudice. Contro il decreto il condannato può proporre opposizione entro quindici giorni. L'opposizione nel nostro sistema comporta che il decreto viene annullato e viene iniziato un giudizio ordinario, salva la richiesta del condannato di un rito alternativo come il patteggiamento o il rito abbreviato. Nel rito polacco, a parte la strumentalità dell'imputazione, appare inquietante la possibilità di applicare tale procedura per irrogare pene diverse da quella pecuniaria ed anche fortemente limitative della libertà personale. La procedura solleva dubbi circa la compatibilità con le garanzie pretese per il diritto di difesa e per la rieducatività delle pene dalla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo.



Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

Miembros del PC de Polonia condenados por propaganda del comunismo

Petición de solidaridad internacional del PC de Polonia

Cuatro activistas del PCP fueron condenados el 31 de marzo de 2016 por el Tribunal Regional de Dabrowa Górnicza por propagar ideología comunista en el periódico “Brzask” y en la web del partido. La sentencia fue de 9 meses de libertad vigilada con la obligación de realizar trabajos para la comunidad y el pago de multas.

Este provocador veredicto fue adoptado en el procedimiento sumario, sin presencia de todas las partes, lo que habitualmente se utiliza en delitos, cuando la culpa del acusado está probada. El tribunal ni siquiera siguió el procedimiento estándar y basó su veredicto únicamente en una acusación. Los acusados ni siquiera tuvieron la posibilidad de defenderse. Los acusados ya habían formulado objeciones al juicio, exigiendo un procedimiento ordinario.

Los activistas del PCP estaban acusados de vulnerar el artículo 256.1 del Código Penal: “Quien públicamente promueva el fascismo u otro sistema estatal totalitario o incite al odio sobre la base de diferencias nacionales, étnicas, raciales o religiosas o por la falta de credo religioso, será penado con multa, restricción de libertad o privación de libertad de hasta 2 años”.

Un intento previo de modificar este artículo para añadir una prohibición de los símbolos comunistas se topó con protestas tanto en Polonia como en el extranjero. El 19 de julio de 2011 fue retirado por el Tribunal Constitucional, que proclamó que era contradictorio con el principio de libertad de expresión.

Las acusaciones contra activistas del PCC por promover un sistema totalitario son el ejemplo de la equiparación del comunismo con el fascismo y de la prohibición de la actividad comunista.

Este caso se inició por medio de una denuncia de Bartosz Kownacki – diputado del partido Ley y Justicia (PiS) - en 2013. El fiscal rechazó actuar. No obstante, en 2015 se retomó el procedimiento y tomó ritmo tras las elecciones que ganó el PiS. El 31 de diciembre de 2015, la oficina del fiscal regional de Katowice remitió el caso al Tribunal Regional de Dabrowa Górnicza. El escrito de acusación señalaba que los activistas estaban promoviendo públicamente un sistema totalitario la publicar in el periódico “Brzask” artículos “directamente relacionados con el sistema comunista y el marxismo-leninismo, que en el contexto de la experiencia histórica es contradictorio con los valores democráticos” - esto quiere decir con las actividades de un partido político legal.

El caso es también importante en el contexto de la politización de la oficina del fiscal, que se subordina al Ministro de Justicia – Zbigniew Ziobro, del PiS – que fue candidato a Fiscal General. El sistema de justicia trata al extremismo de derechas de forma abiertamente distinta. Al mismo tiempo que los miembros del equipo editorial de “Brzask” están siendo condenados, los neo-fascistas de ONR (Campo Nacional Radical) se manifestaban libremente en las calles de Bialystok para conmemorar el 82 aniversario de su organización. Durante la manifestación bajo el símbolo de la falange, portaban antorchas y prometían “eliminar” a sus enemigos políticos. A pesar de esto, el Ministerio de Defensa planea armar a los neo-fascistas como parte de la defensa territorial. Con anterioridad, el tribunal de Czestochowa había retirado los cargos contra un hombre que vendía camisetas racistas, al no ver en ello ninguna violación del artículo 256 del Código Penal. Recientemente, el Ministro de Justicia y Fiscal General han suspendido una condena contra un nacionalista por atacar a un policía.

El veredicto que condena a los comunistas polacos fue adoptado al mismo tiempo que, el 1 de abril, el Parlamento votaba una ley sobre “la prohibición de la promoción del comunismo”, que obliga a las autoridades locales a cambiar los nombres de las calles y otros objetos asociados al comunismo, lo que supone un ataque contra la tradición del movimiento obrero. El Instituto de Conmemoración Nacional crea un registro y exige a las autoridades locales la liquidación de los monumentos de soldados soviéticos y otros relacionados con el comunismo. La devastación y liquidación de monumentos y la falsificación de la historia son características habituales de las prácticas fascistas.

El gobierno y la clase burguesa se engañan si piensan que el PC de Polonia, los comunistas de Polonia, se van a dejar intimidar por esta persecución anticomunista, o que esta campaña anticomunista les va a hacer rendirse. Las medidas contra los comunistas van de la mano con la escalada de la bárbara línea política anti-popular del gobierno y la UE. Es muy importante que la solidaridad con el PC de Polonia, que opera en condiciones difíciles, y el apoyo a los comunistas condenados, se exprese de forma masiva y decidida en esta ocasión. Con protestas ante las embajadas de Polonia en cada país, con mociones de solidaridad, etc.

Manos fuera del PC de Polonia. La persecución anticomunista debe parar, las inaceptables leyes anticomunistas deben ser derogadas. El anticomunismo y la re-escritura de la Historia no tendrán éxito.


Members of the Communist Party of Poland condemned for propagating communism

APPEAL OF THE CP OF POLAND FOR INTERNATIONAL SOLIDARITY 

Four activists of the CPP were condemned on 31st of March 2016 by the Regional Court in Dąbrowa Górnicza for propagating communist ideology in the „Brzask” newspaper and on the party's website. They have been sentenced to 9 months of limited freedom with compulsory gratuitous social work and fines.

This provocative verdict was taken during the summary procedure without presence of all the sides, that is usually used in offences, when guilt of the accused is certain. The court did not even undertake standard judgement procedure and based its verdict only on a charge. The accused even had no possibility to defend themselves. The condemned had already made objections to a judgement demanding normal court proceedings.

Activists of the CPP were accused of breaching article 256§1 of the penal code: „Whoever publicly promotes a fascist or other totalitarian system of state or incites hatred based on national, ethnic, race or religious differences or for reason of lack of any religious denomination shall be subject to a fine, the penalty of restriction of liberty or the penalty of deprivation of liberty for up to 2 years”.

An earlier attempt to amend this article by adding a ban on communist symbols was met with protests both in Poland and abroad. On 19th of July 2011 it was lifted by the Constitutional Court that proclaimed it contradictory with the principle of freedom of speech.

Accusations against activists of the CPP for promoting a totalitarian system are the next example of equating communism with fascism and banning communist activity.

The case was started by a denunciation made by Bartosz Kownacki - MP of the Law and Justice (PiS) party in 2013. The prosecutor refused to proceed. However in 2015 proceedings were resumed and gathered pace after the elections won by PiS. On 31st of December 2015 Regional Prosecutor's office in Katowice issued the case to the Regional Court in Dąbrowa Górnicza. The act of accusation stated that activists were publicly promoting a totalitarian system, by publishing in “Brzask” newspaper articles “directly related with the communist system and Marxism-Leninism, which in the context of historical experience is contradictory with democratic values” - that means for the activities of a legal political party.

The case is also important in the context of the politicisation of the prosecutor's office by subordinating it to the Minister of Justice – Zbigniew Ziobro from PiS, who was nominated as the Prosecutor General. The justice system is openly treating right wing extremism differently. At the same time when members of the “Brzask” editorial staff are being sentenced, neofascists from ONR (National Radical Camp) freely demonstrated on the streets of Białystok commemorating the 82nd anniversary of their organisation. During the demonstration under the phalanx symbol they carried torches and promised to “do away” with political enemies, so directly referring to fascism. Despite this, the Ministry of Defence plans to arm neofascists as part of the territorial defence. Earlier, the court in Częstochowa acquitted charges against a man selling racist t-shirts, not seeing any violation of the art. 256 of the penal code. Recently the Minister of Justice and Prosecutor General has suspended a sentence of a nationalist sentenced for assaulting a policeman.

The verdict condemning Polish communists was taken at the same time when on the 1st of April the Parliament voted through a law “on banning the promotion of communism” that forces local authorities to change the names of streets and other objects that are associated with communism, which is an attack against the tradition of the workers' movement. The Institute of National Remembrance creates a registry and demands from the local authorities liquidation of the monuments of Soviet soldiers and others related to communism. The Devastation and liquidation of monuments and falsifying of history are common features of fascist practices.

The government and bourgeois class are fooling themselves if they believe that the CP of Poland, the communists of Poland will be intimidated by this anti-communist persecution or that the anti-communist campaign will make them yield. The measures against the communists go hand in hand with the escalation of the barbaric anti-people political line of the government and EU. It is very important that solidarity with the CP of Poland, which operates in difficult conditions and the support for the persecuted communists, is expressed in a mass and resolute way at this time. With protests at the embassies of Poland in every country, with solidarity motions etc.

Hands off the CP of Poland. The anti-communist persecution must be rescinded, the unacceptable anti-communist laws must be abolished. Anticommunism and the rewriting of history will not succeed.

tratto da :





 (KPP) | solidnet.org

venerdì 22 aprile 2016

Israele vuole cancellare la Costituzione italiana? Stefano Zecchinelli (L'Interferenza)


Il sito "Interferenza" di frequente è sotto tiro dell’impero che prova a bloccarlo o rallentarlo, e al momento vista la impossibilità di poter condividere in rete questo articolo pubblicato il 30/12/2015, ci siamo permessi di compartirlo Integrale nel blog  INTERNAZIONALISMO del c.lo Bolivariano “Alessio Martelli” Piombino/altaMaremma.

Tratto da :

Stefano Zecchinelli 


Il totale asservimento dei media italiani ai governi guerrafondai di Israele, proprio in questi giorni, ha trovato una nuova conferma: i direttori di alcuni fra i più autorevoli organi di stampa, come Repubblica, Rainews e Corriere della Sera, hanno subito pressioni (presumiamo da ambienti filoisraeliani molto influenti, perché solo questi hanno la forza di fare questo) per licenziare decine di giornalisti colpevoli – citiamo direttamente dal sito di Progetto Dreyfus licenziamenti di massa nelle redazioni  – “di aver riportato, in forme totalmente stravolte, gli attentati commessi dai terroristi palestinesi in Israele”.
L’articolo di cui sopra pubblicato sul sito di Progetto Dreyfus, megafono della Comunità ebraica romana – quella stessa che lo storico Diego Siragusa ha definito come la “sezione italiana dell’estrema destra israeliana” -, è un vero e proprio attacco alla libertà di stampa, sia pure maldestramente camuffato dietro la richiesta di una più corretta informazione. Continuiamo a leggere l’articolo:‘’La disinformazione, al limite della propaganda, perpetrata da questi ultras dalla penna vicina ai terroristi palestinesi è finalmente terminata. Si è infatti interessato persino il presidente dell’ordine dei giornalisti che ha minacciato di ritirare diversi tesserini, di rispedire alcuni dei titolisti a corsi di formazione di giornalismo con particolare focus sull’etica ed escludere come estrema ratio dall’ordine alcuni degli autori più recidivi’’ 1.


Siamo di fronte ad affermazioni molto gravi e lesive dei principi che sono alle fondamenta della nostra Costituzione e in particolare di quell’articolo specifico che garantisce la piena libertà e il pluralismo dell’informazione.
In parole povere, secondo questi signori, chi fornisce un’ informazione non gradita al governo israeliano e al Likud dovrebbe essere allontanato o licenziato dai giornali per cui lavora e addirittura cacciato dall’ordine dei giornalisti. Si tratta di una minaccia ben precisa, un modo subdolo per rovinare la vita (non solo professionale) di decine se non centinaia di persone che cercano di fare al meglio il proprio lavoro. Tutto lascia dunque supporre che le redazioni di alcuni giornali verranno sfoltite a causa di licenziamenti politici, perché di questo si tratterebbe. Domanda: La “sinistra” italiana si mobiliterà in difesa di questi lavoratori forse prossimi al licenziamento (per ragioni politiche, è bene sottolinearlo) e per difendere il sacrosanto diritto alla libertà di stampa e di opinione così palesemente sotto attacco da parte dei gruppi di potere sionisti? Oppure tutto ciò passerà in sordina, dal momento che, da SEL fino al PCL, sembrano decisamente più impegnati ad occuparsi di “diritti civili, femminismo, liberalizzazione dei costumi e istanze lgbt” piuttosto che di conflitto sociale, lavoro e antimperialismo? Verranno licenziati, espulsi dall’Ordine dei Giornalisti o peggio ancora mediaticamente “linciati” dei giornalisti critici di Israele? Questioni secondarie. La “sinistra capitalista” ha ben altre urgenze e priorità….
Ma qual è l’agghiacciante tesi di Progetto Dreyfus, un sito che, fra le altre cose, trasuda islamofobia da tutti i pori (è sufficiente dargli un’occhiata per rendersene conto), sul conflitto in corso? Leggiamo: “L’unica cosa che contava per questi pseudo giornalisti era riportare il numero dei morti, alto da parte palestinese perché tanti, oltre 150, sono stati gli attentatori. Allo stesso tempo era basso, circa 25 in totale, il numero di persone barbaramente uccise con coltelli e macchine che hanno investito donne e bambini da parte israeliana”.
E chi sarebbero questi pericolosi attentatori, questi ‘’terroristi’’? Forse Afula di Asraa Abed, una donna indifesa, accerchiata dai militari israeliani, fino a che non le hanno sparato diverse pallottole. Per il giornalista di Haaretz, Gideon Levy, questo è “palesemente un assassinio. Quei poliziotti erano troppo codardi o assetati di vendetta e perciò meritano di essere processati, non encomiati” 2.

Per un giornalista israeliano, certamente di Sinistra e democratico, quei soldati erano solo dei codardi che “meritano di essere processati”, mentre per i sionisti, quegli assassini sono degli ‘’eroi’’.
La Palestina è chiaramente sotto occupazione, definire ‘’terrorista’’ chi difende il proprio diritto alla libertà, all’indipendenza e a una dignitosa esistenza libera dalla dominazione neocoloniale, dovrebbe suscitare profonda indignazione. Un’ indignazione di massa che purtroppo tarda ad arrivare. E’ possibile restare in silenzio di fronte alle minacce e al terrorismo mediatico di Israele? E chi sarebbero poi i ‘’terroristi’’? Scrive ancora Levy: ‘’Ancor più macabra è l’esecuzione di Fadi Alon a Gerusalemme. Dopo che ha gettato a terra il coltello con cui aveva ferito un giovane ebreo, ha cercato di scappare dalla folla inferocita verso un poliziotto, che la gente incitava con parole volgari ad ucciderlo. Rispondendo alla richiesta della marmaglia, il poliziotto ha sparato a morte al ragazzo, senza motivo, e poi ha fatto rotolare il suo corpo in strada’’. Altri video dimostrano che una gran parte delle azioni dell’IDF (l’esercito israeliano) sono semplici atti di crudeltà, che hanno origine nel razzismo e nel particolarismo etnico e religioso ormai da tempo egemone in Israele.
Vogliamo parlare di Gaza ? Ashraf al-Qadra, membro del ministero della Salute palestinese, documenta che: ”L’occupazione persiste nell’utilizzo di armi non convenzionali contro i cittadini di Gaza, essa ne ha fatto uso in passato e continua tuttora”. 3

E continua: “Le tipologie delle ferite, curate negli ospedali della Striscia di Gaza in seguito agli attacchi israeliani, provano che l’occupazione ha usato armi incendiarie e non convenzionali, vietate a livello internazionale. Ciò si evince dai corpi delle vittime, che arrivano negli ospedali di Gaza con ustioni di grandi dimensioni e amputazioni in molte parti del corpo, oltre alle lacerazioni dei tessuti interni delle vittime. Tutto ciò dimostra che vi è un uso eccessivo della violenza contro i civili di Gaza, e che l’occupazione colpisce deliberatamente le aree popolate per aumentare il numero delle vittime tra i civili”. Il risultato è questo: oltre 43.000 persone, oggi a Gaza, vivono in condizioni di disabilità 4.
E’ inutile girarci attorno: solo una persona in malafede può mettere sullo stesso piano un sasso lanciato da un ragazzo palestinese (o anche una coltellata sferrata con rabbia e disperazione), con i bombardamenti al fosforo e le bombe dirompenti dei cacciabombardieri israeliani.
Quello israeliano è un chiaro progetto di pulizia etnica, una sorta di lento e silenzioso genocidio portato avanti anche grazie all’impunità di cui gode Israele che, oltre a rappresentare una costante minaccia per i popoli arabi e/o mussulmani, sta mettendo in campo una strategia per attentare, come abbiamo appena visto, alle più elementari libertà democratiche – fra cui la libertà di stampa ed di informazione – in Europa.
Solo poche settimane fa la presentazione a Roma del libro di Alan Hart, “Sionismo, il vero nemico degli Ebrei“, è stata boicottata, come spiega nel suo blog lo storico Diego Siragusa l’Anpi siamo anche noi , traduttore e autore della prefazione, al punto tale che anche l’ANPI provinciale di Roma ha deciso di annullare l’evento. E’ lecito pensare a pressioni”, spiega Siragusa nel suo articolo, e non possiamo che condividere la sua ipotesi.
Insomma, siamo di fronte ad una vera e propria violazione del diritto che si traduce nel tentativo (ma è molto di più di un semplice tentativo) di mettere il bavaglio alla libera informazione, di zittire con le minacce i giornalisti non allineati al pensiero unico e ovviamente di orientare e condizionare la politica estera del paese (come se non fosse già del tutto prona agli interessi degli USA e di Israele). Tutto ciò dimostra peraltro, qualora ce ne fosse bisogno, quale sia il tasso di autonomia politica di questo paese .
E ancora: a chi giova l’iranofobia fomentata dai media filoisraeliani? La domanda è complessa e per questo, escludendo di rivolgerla (perché sarebbe del tutto inutile) ad un qualsiasi “funzionario mediatico” di regime, la giriamo alla giornalista Tiziana Ciavardini, colta ed esperta conoscitrice della Repubblica Islamica dell’Iran:
Dall’Islamofobia crescente in Occidente intensificatasi dopo i recenti attacchi terroristici in Francia e nei paesi mediorientali il senso di paura patologica nei confronti dell’IRAN fortunatamente sta in parte sta cambiando. La mia esperienza ultra decennale nella Repubblica Islamica dell’Iran mi ha portato ad avere una visione della cultura e della società contemporanea prettamente in contrasto con quelle che sono le notizie spesso capziose e confuse che i mass media ormai da anni stanno cercando di divulgare. Mi rivolgo in particolare a quella ‘paura dell’IRAN’ quella ‘IRANOFOBIA’ che vedeva nell’IRAN il male assoluto. Negli ultimi decenni l’Iran é stato piú volte presentato come un paese insicuro e da evitare caratterizzato da problemi politici interni che le cronache hanno inevitabilmente evidenziato creando un latente pregiudizio ancora oggi difficile da superare. Con l’elezione del Presidente Hassan Rohani l’Iran sta vivendo peró, un cauto cambiamento. Nello scenario mediorientale oggi questo Paese rappresenta l’unico Stato con una elevata stabilità politica ed istituzionale e rappresenta l’unica superpotenza regionale con una propria specifica identità. Purtroppo in Occidente siamo ancora ancorati al nostro etnocentrismo, convinti che la nostra civiltà occidentale si sia sparsa e imposta in tutto il mondo grazie alla superiorità morale del sistema democratico-parlamentare su altri sistemi politici. In realtá il sistema politico iraniano é troppo complesso e difficilmente comprensibile da un punto di vista occidentale e lo sbaglio maggiore é quello di voler attribuire regole e decisioni ad una sola persona quando non é esattamente cosí. L’Iran sta aprendo le proprie porte a nuove sorprendenti dinamiche un motivo in piú per intensificare il dialogo
La lobby sionista: vietato parlarne?
Ma c’è anche un’altra domanda a cui siamo chiamati a rispondere: esiste la lobby israeliana (sionista), cioè un centro (o vari centri) di potere impegnato(i) a difendere lo Stato di Israele e la sua politica di sostanziale e anche formale apartheid nei confronti del popolo palestinese? La risposta è semplice: sì, esiste. Cerchiamo di inquadrare il problema ripercorrendo le opinioni di importanti studiosi appartenenti alla Sinistra antimperialista italiana. Anche perché, molto spesso la sinistra confonde il “sionismo” con l’ “ebraismo”,eppure i rabbinicNeturei Karta sono contrari allo Stato ebraico. . La destra, oggigiorno, è filosionista: condivide con questo sia l’imperialismo economico e politico che la sua funzione “messianica”.
Secondo lo storico marxista Mauro Manno “Non solo esiste ma è forte e, fatto grave, non ha oppositori o persone che ne denuncino la pericolosità’ 5.
Il Partito Radicale (Pannella e Bonino in testa … ) così come il quotidiano La Repubblica (solo per citarne alcuni perchè l’elenco sarebbe infinitamente più lungo) sono apertamente schierati dalla parte di Israele.
Per il filosofo “post-marxista”, Costanzo Preve, nessuna persona intellettualmente onesta potrebbe negare l’esistenza della lobby filoisraeliana, “però anche solo fare un riferimento a questa realtà incontrovertibile, è immediatamente assimilato all’antisemitismo, identificato nel simbolismo comune mediatico manipolato con l’approvazione, esplicita o implicita, ai crimini sterministici di Hitler. Il tradimento degli intellettuali consiste nel non denunciare questo fatto…” 6.


Quindi, come mettere al riparo l’informazione e la libertà di stampa da questa progressiva involuzione antidemocratica? In regime capitalistico chi possiede i mezzi di produzione controlla e possiede anche i mezzi di informazione: egemonia di classe e costruzione del consenso camminano di pari passo. Israele è un paese imperialista (al vertice della catena di comando insieme a Usa e Gran Bretagna ), mentre l’Italia è un paese sub-imperialistico a sovranità limitata. I rapporti di forza fra questi stati rendono proni i governanti e i giornalisti italiani alle classi dirigenti americane e israeliane.
Lo storico Diego Siragusa ci ha spiegato molto bene come “Decisiva è, quindi, la tecnica dell’inganno. Il motto del MOSSAD, il famigerato servizio segreto israeliano, è questo “PER MEZZO DELL’INGANNO FAREMO LA GUERRA”. In modo esplicito gli israeliani confessano il loro metodo fondamentale col quale hanno costruito il loro stato e la loro potenza: la disinformazione sistematica come la quintessenza del loro progetto sionista. Possedere il controllo dell’informazione planetaria è la condizione necessaria per il successo dell’inganno” 7.

Fino a quando tale inganno avrà successo? Da più di sessant’anni a questa parte a fare le spese degli appetiti di questa potenza imperialista cinica, arrogante e aggressiva sono i popoli dell’area mediorientale e in particolare quello palestinese.
La battaglia per ristabilire una verità storica e oggettiva su Israele, sui suoi crimini e sulla natura imperialista del sionismo, deve diventare quindi una priorità per chiunque sia animato da uno spirito democratico e da onestà intellettuale.

2) http://www.bocchescucite.org/la-pena-di-morte-illegale-e-senza-processo-di-israele-e-accolta-dagli-applausi-delle-masse/
3) http://www.infopal.it/fonte-ufficiale-palestinese-israele-ha-trasformato-gaza-in-un-campo-di-sperimentazione-per-armi-vietate-a-livello-globale/
4) http://www.infopal.it/piu-di-43-600-disabili-a-gaza/
5) http://palestinanews.blogspot.it/2009/02/in-ricordo-di-mauro-manno-esiste-la.html
6) http://www.comunismoecomunita.org/?p=4115
7) http://www.civg.it/index.php?option=com_content&view=article&id=308%3Ala-disinformazione-e-la-formazione-del-consenso-attraverso-i-media&catid=2%3Anon-categorizzato&Itemid=101