giovedì 31 marzo 2016

Argentina: 40 anni tra una dittatura e l'altra/ Argentina: 40 años entre una y otra dictadura


Carlos Aznárez

Il golpe civile-militare-imprenditoriale-religioso-mediatico sviluppato dall'oligarchia, con un significativo sostegno degli Stati Uniti, è stato coronato nel marzo 1976, ma era già in gestazione da molto tempo, in funzione dei deliri e delle complicità del governo di Isabel Perón e José López Rega in prima istanza e successivamente della stretta relazione tra la vedova di Perón e dei suoi seguaci (Italo Luder per esempio) coi settori più reazionari dei vertici militari. In realtà, tutto andò storto da quando Perón decise di dare per terminata - brutalmente per settori più combattivi del peronismo - la cosiddetta "primavera camporista", che durò solo un paio di mesi e che risvegliò speranze in chi aveva subito 17 anni di prigionia, tortura e sparizione (ricordate l'operaio metallurgico Felipe Vallese) e che si iniziò a chiamare la "prima resistenza" e successivamente "la seconda" con inizio nella gesta del "Aramburazo"

Perón ruppe un patto non firmato coi suoi giovani più fedeli e rivoluzionari, che a quel tempo chiamava "gioventù meravigliosa" o che sul piano della resistenza armata alla dittatura del generale Lanusse, definiva "formazioni speciali". Il vecchio generale, abituato a oscillare come un pendolo, da destra a sinistra e viceversa, fra le passioni e i pensieri politici del suo Movimento, non poté sopportare che gli venisse contestato lo spazio del potere e ancor meno che in quella "avventura" si fossero imbarcati quei giovani militanti cresciuti col "Perón o Morte" sulle labbra, ma che ora sentivano che, per essere coerenti, bisognava continuare ad avanzare verso la concretizzazione di una Patria Socialista.

Ciò che avvenne dopo è più o meno conosciuto: il frustrato rincontro del leader col suo popolo a Ezeiza, dove le bande fasciste presenti nel peronismo assassinarono centinaia di combattenti, il successivo discorso di Perón che accusava le vittime della carneficina, la conformazione del governo, sotto il coordinamento di López Rega ma con l'approvazione indubbia del Generale, a quell'embrione criminale che fu la Tripla A [Alleanza Anticomunista Argentina]. Capitolo a parte la rottura tra i militanti della Tendenza Rivoluzionaria e Perón è sintetizzata in quel doloroso atto di Plaza de Mayo, nel quale il Generale insultò non solo coloro che avevano lottato per il suo ritorno, ma ruppe definitivamente la possibilità che il peronismo avanzasse per un sentiero rivoluzionario verso il socialismo. Perón scelse, come fece tante volte con i burocrati sindacali e politici, sapendo che molti di loro erano parte della squadra di sostegno e appoggio logistico (oltre a partecipare concretamente all'uccisione di militanti) dei mercenari della Tripla A. Dopo quel suicidio politico, Perón morì e con lui scomparve l'ultimo grande punto di riferimento di un momento che avrebbe potuto essere glorioso per le classi popolari, ma che non lo fu per i limiti ideologici che ciclicamente si ripetono in alcuni movimenti dalle caratteristiche progressiste. Al momento di rompere con il modello capitalista, per quanto avanzati siano i settori di base legati a quelle esperienze di potere, appare sempre un freno (ideologico) e comincia un rapida involuzione.

Il crollo del pendolo

Dopo la morte di Perón, si aprì nel Movimento il confronto tra peronisti di sinistra ed elementi fascistoidi da sempre presenti nelle sue fila, divenendo insopportabile per una società che giorno dopo giorno si svegliava contando morti su morti.

A partire da quel momento e con tutti questi precedenti a suo favore - auge, decadenza e caduta di un peronismo che abbandonava la possibilità di contendere il potere all'oligarchia e ai suoi disegni imperialisti - appare con maggiore chiarezza l'immagine di come nell'ombra era andata formandosi l'idea interventista fra i settori più duri delle Forze armate. Approfittando dello scardinamento del governo di Isabel e delle sue ricadute "caotiche ed anarcoidi", due parole futili che i militari e gruppi di destra normalmente usano ogni volta che desiderano dare una delle loro tradizionali unghiate, bastava solo mettere insieme un po' più di legna sul fuoco affinché la caduta precipitasse. Il proclama golpista del generale Videla alla fine del 1975 a Tucumán, dove i combattenti dell'ERP [Esercito Rivoluzionario del Popolo] mantenevano aperta con tremendi sacrifici un'esperienza di guerriglia contadina, lasciava intendere che a breve quel malgoverno "peronista" sarebbe stata cosa del passato.

A differenza di altre epoche in cui il potere militare interveniva nelle situazioni derivate dall'azione governativa, in tutti quegli ultimi mesi avevano preferito mantenersi come osservatori di fronte al potere politico e le sue derivazioni, oltre alla sua attiva e criminale partecipazione alla lotta di contro-guerriglia. Preparavano così il clima per quello che presto si sarebbe trasformata in una delle dittature militari più sinistre del continente. Questo potere militare aveva notato meglio di nessun altro che durante e successivamente al ritorno di Perón, le decine di migliaia di giovani con o senza armi, nei quartieri, fabbriche, come nelle scuole, università e ogni angolo del paese avevano occupato uno spazio di costruzione del potere popolare, contavano su una formazione politica di grande profondità, erano inflessibili e respingevano il consumo capitalista, immaginando per la loro generazione e per quelle future di vivere per sempre in una società nuova senza sfruttatori né sfruttati. Non accarezzavano solo la possibilità di impadronirsi del governo a medio termine ma erano convinti che avrebbero dato l'assalto al cielo. Questa percezione si radicò profondamente anche nel nemico più diretto, rappresentato da quelli in uniforme che, rinunciando ai principi degli eserciti sanmartiniani [nel solco tracciato dal generale José de San Martín, liberatore dell'Argentina dal giogo coloniale e fondatore del moderno Stato sudamericano, ndt], preferivano adorare un totem avvolto nella bandiera a stelle e strisce. E in funzione di ciò, dell'odio viscerale verso tutto quello che significava peronismo rivoluzionario o marxismo, hanno deciso di intraprendere una nuova Crociata.

Un "processo" a misura di Washington

Tra il marzo 1976 e l'aprile 1982, le tre forze armate applicarono tutti gli insegnamenti della Scuola delle Americhe e la strategia di annichilimento francese utilizzata in Algeria e in altri paesi dell'Africa. Tutto per imporre un piano economico ad uso del FMI, della Banca Mondiale e delle multinazionali più voraci. Risultato: maggiore indebitamento, distruzione dei benefici sociali acquisiti durante anni di lotta, divieto di entità corporative e partiti politici di sinistra. Per eseguire queste politiche affamatrici, era necessaria una repressione senza precedenti che a forza di sparizioni, (30 mila non è una cifra inventata ma un dato obiettivo di cosa fu quella barbarie) campi di concentramento, incarceramenti massicci e centomila esiliati involontari.

In questo quadro di morte, ci furono anche resistenze di ogni tipo. Dai conflitti dei lavoratori che sfidarono il potere militare con scioperi e boicottaggi sul lavoro fino ad azioni armate di organizzazioni che non smettevano di cercare di ricreare un clima di disturbo nei confronti del nemico nonostante venissero decimate dalla repressione.

Resistere è vincere

Di quelle rivolte organizzate e non, era difficile sapere qualcosa a causa della grande censura informativa, ma ci furono numerosi esempi di lotte che analizzate oggi acquistano un'importanza maggiore per essere state praticate in momenti di dura repressione. Decine di giovani militanti organici o non collegati alle strutture formali dei nuclei politico-militari o dei raggruppamenti di base che per ragioni di sicurezza o perché semplicemente perdevano i contatti, seguivano la lotta secondo i propri criteri di autodifesa.

Anche, e bisogna sottolinearlo ora che la destra cerca di imporre una nuova modalità del discorso unico, dal peronismo rivoluzionario e dalle organizzazioni marxiste si sono potute costruire strutture contro-informative, così utili in tempi di blackout totale. Per avere fatto parte di una di esse, sottolineo il lavoro in quel senso portato avanti da Rodolfo Walsh e da chi lo accompagnava nell'esperienza dell'Agenzia di Notizie Clandestine (ANCLA)

La questione dell'ANCLA è stata di grande importanza: bisognava trasformare uno spazio di clandestinità in una fonte contro-informativa e di denuncia degli eccessi, degli oltraggi, delle violazioni dei diritti umani (torture, omicidi, campi di concentramento) e di altre nefandezze che stavano commettendo i militari delle tre armi insieme al folto gruppo di civili che li accompagnavano nel genocidio. Inoltre, diventava fondamentale evitare la censura per fare conoscere le numerose azioni che la resistenza popolare (non solamente armata) stava compiendo giorno dopo giorno in ogni angolo del paese. L'esperienza durò poco più di un anno, ma come dicevamo è riuscita a dimostrare che "si può fare buon giornalismo in tempi molto difficili". Ed ottenere vittorie durevoli, come la Lettera alla Giunta militare che scrisse Walsh, poco prima di essere ucciso in combattimento.

Dopo la resa umiliante delle Malvine, la dittatura cominciò a preparare la sua ritirata nella misura in cui i settori popolari - alcuni dei quali avevano erroneamente appoggiato quell'avventura indetta da Galtieri - rinnovavano con maggior vigore il rifiuto di un modello autoritario imposto dalla forza delle armi. In realtà, non fu una caduta fragorosa bensì il passaggio da un modello che proteggeva il Terrorismo di Stato ad un altro rappresentato da una successione di governi che bevevano dalla fonte della democrazia borghese e rappresentativa. Democrazie rigorosamente controllate da Washington che inviò ciclicamente contingenti di multinazionali e specialisti minerari, agroalimentari e di devastazione territoriale.

A parte ciò la lotta delle organizzazioni dei diritti umani, soprattutto Madres eAbuelas [Madri e Nonne di Plaza de Mayo] che erano in prima linea nella lotta per i 30.000 detenuti-scomparsi in piena epoca dittatoriale e raddoppiarono gli sforzi nella battaglia contro le leggi dell'impunità (Legge dell'obbedienza dovuta, Legge del punto finale e il nefasto indulto menorista). Tutte queste istanze furono contestate nelle strade e quello sforzo fu l'ariete principale che, una volta arrivato il Kirchnerismo al governo, permise di avviare la revisione di tutto quanto compiuto precedentemente e dare via libera a processi per lesa umanità che riuscirono a mettere in prigione numerosi genocidi.

Questo oscuro presente

Ora, a 40 anni da quegli anni di piombo, è indubbio che il panorama locale e regionale sia cambiato molto. Per lo meno, nell'appena inaugurata esperienza macrista cominciano a vedersi atteggiamenti, gesti ed iniziative legate a frammenti del discorso autoritario della dittatura. Sia a livello economico, dove si avanza nuovamente verso l'imposizione di un piano neoliberale che, come quello imposto da José Martínez de Hoz nel 1976, richiede una repressione per facilitarne il compito, sia nell'aspetto lavorativo, compiendo un'ondata di licenziamenti che colpiscono il settore statale e privato.

Il paese vive un'altra dittatura, questa volta "democratica", legittimata dai voti, come lo fu dalle armi quella del '76 e dal beneplacito di frange reazionarie della popolazione. La società, quella parte che ha votato il macrismo, si sta rapidamente fascistizzando, tanto quanto il varo di decreti reazionari da parte del governo. Il revanscismo impera in tutti gli ordini della carica conservatrice e si stanno percorrendo strade che conducono a più attacchi ai diritti umani e alla volontà di un ampio settore del paese di difenderli ed approfondirli.

Si vive un clima di militarizzazione della società. Funzionari in divisa di varia provenienza, i quali già esistevano nel precedente governo, diventano forti per strade e tentano di interferire contro l'organizzazione popolare. A questo bisogna sommare l'apparizione di nuclei paramilitari che operano in quartieri poveri e aggiungendo in questa maniera più terrore ad un panorama di per sé già molto delicato.

Di fronte a queste situazioni, la resistenza è quasi un obbligo per coloro che si sentono militanti per la vita. Così come ai tempi della dittatura militare c'erano sempre uomini e donne che non tacevano di fronte all'ingiustizia o lavoratori che sfidavano il rincaro della vita, i licenziamenti e la presenza militare nelle fabbriche, oggi diventa necessario ricordare i motivi, la voglia ed il coraggio dei nostri 30 mila fratelli e sorelle che sfidarono tutte le difficoltà e diedero vita a una lotta per il socialismo fino alle ultime conseguenze. Se non lo facessimo, se sperassimo "di vedere cosa succede", se ci sbagliassimo sottovalutando il nemico che affrontiamo oggi, pensando che lo stesso passato non può tornare o guardassimo da altre parti per vigliaccheria, la destra imperialista vedrà spianata la strada per stare molti anni al governo. In memoria di Rodolfo Walsh e Haroldo Conti, di Santucho e Pujadas, di Carlón Pereyra Rossi e di Silvio Frondizi, di Padre Carlos Mujica e Rodolfo Ortega Peña, non possiamo permetterci altre frammentazioni e dobbiamo tentare di illuminare l'unità nell'azione, cercando di risolvere uno dei grandi temi pendenti nel campo della sinistra popolare e rivoluzionaria. Se ci riusciamo, il resto verrà da solo.




Por Carlos Aznárez, Resumen Latinoamericano,

El golpe cívico-militar-empresarial-religioso-mediático gestado por la oligarquía, con importante apoyo de los Estados Unidos fue coronado en marzo de 1976 pero venía siendo gestado desde mucho tiempo atrás, en función de los desvaríos y las complicidades del gobierno de Isabel Perón y José López Rega en primera instancia, y luego de la estrecha relación entre la viuda de Perón y sus secuaces (Italo Luder, por ejemplo) con los sectores más reaccionarios de la cúpula militar. En realidad, todo se había hecho mal desde que Perón decidió dar por terminada -brutalmente para los sectores más combativos del peronismo- la llamada “primavera camporista” que sólo duró un par de meses, y que despertó esperanzas para quienes durante 17 años habían aguantado a pie de calle, de cárcel, de tortura y hasta de desaparición (recordar al obrero metalúrgico Felipe Vallese), lo que se dio en llamar la “primera resistencia”, y posteriormente “la segunda” con fecha inicial en la gesta del “Aramburazo”.
Perón rompió un pacto no firmado con sus jóvenes más leales y revolucionarios, a los que en su momento denominó la “juventud maravillosa”, o en el plano de la resistencia armada a la dictadura del general Lanusse, caracterizó como las “formaciones especiales”. El viejo general, acostumbrado a manejar pendularmente, de derecha a izquierda y viceversa, las pasiones y pensamientos políticos de su Movimiento, no pudo soportar que le disputaran el espacio del poder y mucho menos que en esa “aventura” estuvieran embarcados esos jóvenes militantes que habían crecido con el “Perón o Muerte” entre los labios, pero que ahora sentían que para ser coherentes había que seguir avanzando hacia la concreción de una Patria Socialista.
Lo que vino después es más o menos conocido: el frustrado reencuentro del líder con su pueblo en Ezeiza, donde las bandas fascistas incluidas en el peronismo asesinaron a cientos de luchadores y luchadoras, el posterior discurso de Perón acusando a las víctimas de victimarios, la conformación desde el gobierno, bajo la coordinación de López Rega pero con el indudable visto bueno del General, de ese engendro criminal que fue la Triple A. Párrafo aparte, la ruptura entre los militantes de la Tendencia Revolucionaria y Perón, sintetizada en ese doloroso acto de Plaza de Mayo, en el que el General insultó no sólo a quienes tanto habían luchado para que él volviera, sino que quebró definitivamente la posibilidad de que el peronismo avanzara por una senda revolucionaria hacia el socialismo. Perón, eligió, como tantas veces a los burócratas sindicales y políticos, sabiendo que muchos de ellos eran parte del equipo de sostén y apoyo logístico (además de participar concretamente en asesinatos de militantes) de los mercenarios de la Triple A. Después de ese suicidio político, Perón murió y con él se fue el último gran referente de un momento que pudo ser glorioso para las clases populares, pero que no fue por limitaciones ideológicas que cíclicamente se repiten en algunos movimientos de características progresistas. A la hora de romper con el molde capitalista, por más avanzadas que estén los sectores de base ligados a esas experiencias de poder, siempre aparece un freno (ideológico) y comienza una rápida involución.
El derrumbe del péndulo
Tras la muerte de Perón, la puerta abierta al enfrentamiento entre peronistas de izquierda y elementos fascistoides de un Movimiento que siempre los contó en sus filas, se hicieron insoportables para la sociedad, que día a día se despertaba contando muertos y más muertos.
A partir de ese momento, y con todos estos antecedentes a su favor -auge, descomposición y caída de un peronismo que abandonara la posibilidad de disputar poder a la oligarquía y a sus patrones imperialistas- es que aparece con mayor claridad una foto de cómo se había ido gestando a la sombra la idea intervencionista de los sectores más gorilas de las Fuerzas Armadas. Aprovechando el desquicio del gobierno de Isabel y sus consecuencias “caóticas y anarquizantes” (dos palabrejas que los militares y grupos de derecha suelen usar siempre que desean dar uno de sus tradicionales zarpazos) sólo bastaba agregar un poco más de leña al fuego para que la caída se precipite. La proclama golpista del general Videla a fines de 1975 en Tucumán, donde los combatientes del ERP mantenían con tremendo sacrificio una experiencia de guerrilla rural. dejaba en claro que a muy corto plazo, ese desgobierno “peronista” sería cosa del pasado.
A diferencia de otras épocas donde el poder militar intervenía en las situaciones derivadas del accionar gubernamental, en todos esos últimos meses habían preferido mantenerse como observadores frente al poder político y sus derivaciones , más allá de su activa y criminal participación en la lucha anti-guerrillera. Preparaban así el clima para lo que pronto se convertiría en una de las dictaduras militares más siniestras del continente. Ese poder militar había advertido mejor que nadie que antes, durante y posteriormente al regreso de Perón, decenas de miles de jóvenes con armas o sin ellas, en barrios, fábricas, colegios, universidades y cuanto rincón del país así lo exigiera, habían ocupado un espacio de construcción de poder popular, contaban con una formación política de gran profundidad, eran austeros y rechazaban el consumo capitalista, imaginando para su generación y las futuras, la idea de vivir para siempre en una nueva sociedad sin explotadores ni explotados. No sólo arañaban la posibilidad de hacerse con el gobierno a mediano plazo sino que estaban convencidos de que tomarían los cielos por asalto. Esa percepción caló hondo también en el enemigo más directo, representado por uniformados que, renunciando a los principios de los ejércitos sanmartinianos, preferían adorar un tótem envuelto en la bandera de barras y estrellas. y en función de ello y el odio visceral a todo lo que significara peronismo revolucionario o marxismo, es que decidieron emprender una nueva Cruzada.
Un “proceso” a la medida de Washington
Entre marzo de 1976 y abril de 1982 las tres fuerzas armadas aplicaron todas las enseñanzas de la Escuela de las Américas y la estrategia de aniquilamiento de la Escuela Francesa utilizada en Argelia y en otros países de África. Todo para imponer un plan económico al uso del FMI, el Banco Mundial y las trasnacionales más voraces. Resultado: mayor endeudamiento, destrucción de los beneficios sociales adquiridos durante años de lucha, ilegalización de entidades gremiales y partidos políticos de izquierda. Para ejecutar esas políticas hambreadoras, se necesitaba una represión sin antecedentes que a fuerza de desapariciones (30 mil no es una cifra inventada sino una dato objetivo de lo que fue esa barbarie), campos de concentración, encarcelamientos masivos y cientos de miles de desterrados involuntarios.
Aún en ese marco letal hubo resistencias de todo tipo. Desde conflictos de trabajadores que desafiaron al poder militar con huelgas y trabajo a desgano hasta acciones armadas de organizaciones que a pesar de haber sido diezmadas por la represión no dejaban de intentar recrear climas de hostigamiento a semejante enemigo.
Resistir es vencer
De esas insurgencias organizadas o silvestres era difícil enterarse debido a la gran censura informativa, pero existieron numerosos ejemplos de luchas, que analizadas desde este presente adquieren una importancia mayor por haber sido practicadas en momentos de durísima represión. Protagonizaban estas ultimas, decenas de militantes juveniles orgánicos o desenganchados de las estructuras formales de los nucleamientos político-militares, o de los agrupamientos de base, que por razones de seguridad o porque simplemente perdían los contactos, seguían la lucha según sus propios criterios de autodefensa.
También, y hay que destacarlo ahora que la derecha intenta imponer una nueva modalidad de discurso único, desde el peronismo revolucionario y también desde organizaciones marxistas se pudieron armar estructuras contrainformativas, tan útiles en tiempos de apagón total. Por haber formado parte de una de ellas, destaco el trabajo en ese sentido impulsado por Rodolfo Walsh y quienes lo acompañamos en la experiencia de la Agencia de Noticias Clandestinas (ANCLA).
El tema de ANCLA era de una gran trascendencia: había que transformar un espacio de clandestinidad en una fuente contra-informativa y de denuncia sobre los desmanes, atropellos, violaciones de los derechos humanos (torturas, asesinatos, campos de concentración) y demás fechorías que estaban cometiendo los militares de las tres armas, y el grupo importante de civiles que les acompañaban en el genocidio. Además, se hacía fundamental eludir la censura para dar a conocer las numerosas acciones que la resistencia popular (no solamente la armada) estuviera generando día a día en cada rincón del país. La experiencia duró poco más de un año, pero como decíamos en ese entonces, se logró demostrar que “se puede hacer buen periodismo en tiempos muy difíciles”. Y obtener victorias perdurables, como fue la Carta a la Junta Militar que escribiera Walsh, poco antes de caer asesinado en combate.
Después de la rendición humillante de Malvinas, la dictadura comenzó a preparar su retirada, en la medida que los sectores
populares -algunos de los cuales erróneamente habían apoyado esa aventura convocada por Galtieri- renovaban con más bríos su rechazo al modelo autoritario impuesto por la fuerza de las armas. De hecho, no hubo caída estruendosa sino traspaso de un modelo que amparaba el Terrorismo de Estado a otro representado por una seguidilla de gobiernos que abrevaban en la democracia burguesa y representativa. Democracias rigurosamente vigiladas por Washington, que envió cíclicamente contingentes de multinacionales y especialistas en megaminería, agronegocios y devastación territorial.
Párrafo aparte exige la lucha de los organismos de derechos humanos, sobre todo Madres y Abuelas, que estuvieron al frente de la lucha por los 30.000 detenidos-desaparecidos en plena época dictatorial y redoblaron la exigencia en la batalla contra las leyes de impunidad (Obediencia Debida, Punto Final y el nefasto indulto menorista). Todas estas instancias fueron contestadas en la calle y ese esfuerzo fue el ariete principal que una vez llegado el Kirchnerismo al gobierno, le permitió impulsar la revisión de todo lo actuado anteriormente y dar vía libre a juicios de lesa humanidad que lograron meter en la cárcel a numerosos genocidas.
Este oscuro presente
Ahora, a 40 años de aquellos años de plomo, es indudable que el panorama local y regional ha cambiado superlativamente. Por lo menos, en la recién inaugurada experiencia macrista comienzan a visibilizarse actitudes, gestos e iniciativas ligadas a fragmentos del discurso autoritario de la dictadura. Tanto en lo económico donde se avanza nuevamente hacia la imposición de un plan neoliberal, que como en el caso del implantado por José Martínez de Hoz en 1976, necesita de la represión para facilitar su predominio, como en el aspecto laboral, descargando una oleada de despidos que afectan al ámbito estatal y privado.
El país vive otra dictadura, esta vez “democrática”, legitimada por los votos, de la misma manera que la del 76 lo fue por las armas y el beneplácito de franjas reaccionarias de la población. La sociedad, por lo menos esa parte que votó al macrismo, se está fascistizando rápidamente, tanto como el lanzamiento de decretos involucionistas por parte del gobierno. El revanchismo impera en todos los órdenes de la embestida derechista y se están recorriendo caminos que van a terminar en más ataques a los derechos humanos y a la voluntad de un amplio sector del pueblo de defenderlos y profundizarlos.
Se vive un clima de policialización de la sociedad. Uniformados de distintas procedencia –muchos ya existían en el anterior gobierno. se hacen fuertes en las calles y tratan de interferir en contra de la organización popular. A esto hay que sumarle la aparición de núcleos paramilitares que operan en barrios humildes y suman de esta manera más terror a un panorama de por sí muy delicado.
Frente a estas situaciones, la resistencia es casi una obligación de quien se sienta militante por la vida. De la misma manera que en tiempos de la dictadura militar siempre hubo hombres y mujeres que no se callaron frente a la injusticia, o trabajadores que desafiaron aumentos, despidos y la presencia militar en las fábricas, hoy se hace necesario recordar los motivos, las ganas y el coraje de nuestros 30 mil hermanos y hermanas que desafiaron todas las adversidades y despuntaron una lucha por el socialismo hasta las últimas consecuencias. Si no lo hiciéramos, si apostáramos a esperar “a ver que pasa”, si nos equivocáramos subestimando al enemigo que hoy enfrentamos, pensando en retornos a más de lo mismo, o miráramos a un costado por cobardía, la derecha imperialista verá allanado el camino para quedarse varios años en el gobierno. En memoria de Rodolfo Walsh y Haroldo Conti, de Santucho y Pujadas, del Carlón Pereyra Rossi y de Silvio Frondizi, del Padre Carlos Mujica y Rodolfo Ortega Peña, no nos podemos permitir más fragmentaciones, y sí debemos tratar de iluminar la unidad en la acción, buscando saldar uno de los grandes temas pendientes en el campo de la izquierda popular y revolucionaria. Si lo logramos, lo demás vendrá solo.


tratto da :http://www.resistenze.org/sito/re00.htm

http://www.resumenlatinoamericano.org/

lunedì 28 marzo 2016

Le invenzioni di Obama nella sua visita a Cuba / Las invenciones de Obama en su visita a Cuba.



Omar Pérez Salomón

Vari scivoloni ha commesso  il presidente Barack Obama nella sua visita a Cuba che derivarono in opinioni critiche  tanto dentro come fuori di Cuba. Alcune di esse  le espongo di seguito. Un tema ricorrente in tutte le allocuzioni fu il relazionato per l'accesso ad Internet nel nostro paese. Ed in questo come in altri fu molto semplicista e lontano della realtà.
Lo ha detto il canale di televisione ABC News che Google ha un accordo per cominciare a stabilire più accesso a Wi-Fi e banda larga nell'isola, questione che gli stessi dirigenti di Google si sono incaricati  di smentire, quando manifestarono che stanno esplorando possibilità addizionali per aumentare e migliorare l'accesso ad Internet in Cuba, ma questi sono primi passi.

È certo che Google esporrà alcuni dei suoi prodotti come Cardboard e Chromebooks nel progetto culturale liderado per l'artista plastico Alexis Leyva Machado, Kcho, nel quartiere  El Romerillo dell’ L'Avana; ma non si conosce di nessun altro accordo fino al momento.
Malgrado che nella sua comparizione nel Gran Teatro dell’ Avana, Alicia Alonso, davanti a rappresentanti della Società Civile Cubana, dicesse: "Riconosciamo che ogni paese, ogni popolo, deve tracciare la sua propria strada, e dare forma al suo proprio modello", nelle visite che hanno realizzato funzionari del suo governo ed impresari statunitensi del settore delle tecnologie, sono stati una costante i tentativi di dirci come dobbiamo procedere per sviluppare le tecnologie dell'informazione e la comunicazione nel nostro paese, ovviando che Cuba ha una strategia di sviluppo definita e propria.
Le telecomunicazioni in Cuba sono diventate una ossessione per l'attuale governo statunitense, a tale punto che è l'unico settore dove è permesso alle imprese di questo paese fare quasi di tutto, eccetto vendere impianti di alta tecnologia. Perché sarà così?.

Nel Gran Teatro ha espresso  che

“Sono venuto qui per seppellire l'ultimo spiraglio della Guerra Fredda nel continente americano.”

(..)

"dall'inizio del mio mandato, ho sollecitato ai paesi del continente americano a lasciare dietro le battaglie ideologiche del passato."


Tuttavia tutti sappiamo che gli USA lanciano l'offensiva della destra che pretende di chiudere coi governi progressisti del Venezuela, Ecuador, Bolivia, Argentina ed altri, attraverso la guerra economica, colpi di Stato basati nella teoria del colpo soave, e con l'utilizzo dell'oligarchia di quei paesi.
Considero che ingannò sé stesso - perché qua  nessuno  lo  ha creduto quando espose in questa citazione:

"Perché in molti sensi, Stati Uniti e Cuba sono come due fratelli che sono stati senza comunicare per anni.”

Un fratello non pretende mai di divorarsi né distruggere all'altro;  è come portare alla minima espressione una controversia storica che dura già da 200 anni dove la parte peggiore  l’ ha avuta il paese cubano.

Facendo allusione alle bontà della democrazia statunitense segnalò : "i lavoratori possono organizzarsi e la gente comune ha voce." Allora, perché solo meno di un 15 percento dei lavoratori in USA sono sindacalizzati?, o è che Obama non conosce questo ?

Non lo consigliarono bene nel dire :

"Prendiamo differenti passi nel nostro appoggio al paese del Sudafrica per finire con l'apartheid",

perché risulta un grave errore storico collocare in un stesso piano la contribuzione cubana nella sconfitta dell'Apartheid, e la carta giocata dai governi nordamericani che appoggiarono ed incoraggiarono per anni  quell’ infame regime.

Allo stesso modo non credo giusto equiparare l'apporto realizzato da Cuba nel processo di pace in Colombia e nell’affrontare Ébola in Africa Occidentale, con quello realizzato dagli  l'USA. Nel primo è conosciuto che il governo del vicino  Nord aiutò con armi ed attraverso le sue basi militari a vari governi colombiani e bande paramilitari. Credo che molto poco ha apportato per la pace in quel paese. Nel secondo caso, gli statunitensi apportarono  più militari che medici. Tuttavia il presidente Obama la pensava in altro modo quando ha detto :

"Ma oggigiorno, gli statunitensi ed i cubani stanno seduti insieme nel tavolo di negoziazione, e stiamo aiutando i colombiani a risolvere una guerra civile che striscia da decadi.".

"L'anno scorso, i lavoratori sanitari statunitensi e forze militari USA lavorarono spalla a spalla coi cubani per salvare vite e porre fine all'ébola in Africa Occidentale."

Come ha detto un giornalista della televisione cubana, il suo discorso va da una parte ed i fatti e la realtà per un altra.




Varios deslices cometió el presidente Barack Obama en su visita a Cuba, que derivaron en opiniones críticas tanto dentro como fuera de Cuba. Algunos de ellos los expongo a continuación.
Un tema recurrente en todas las alocuciones fue el relacionado con el acceso a Internet en nuestro país. Y en este al igual que en otros fue muy simplista y alejado de la realidad.
Le dijo al canal de televisión ABC News, que Google tiene un acuerdo para comenzar a establecer más acceso a Wifi y banda ancha en la isla, cuestión que los mismos directivos de Google se encargaron de desmentir, cuando manifestaron que están explorando posibilidades adicionales para aumentar y mejorar el acceso a Internet en Cuba, pero estos son primeros pasos.
Es cierto que Google expondrá algunos de sus productos como Cardboard y Chromebooks en el proyecto cultural liderado por el artista de la plástica Alexis Leyva Machado, Kcho, en el barrio habanero de El Romerillo; pero no se conoce de ningún otro acuerdo hasta el momento.

A pesar de que en su comparecencia en el Gran Teatro de La Habana, Alicia Alonso, ante representantes de la Sociedad Civil Cubana, dijera que, “Reconocemos que cada país, cada pueblo, debe trazar su propio camino, y darle forma a su propio modelo, en las visitas que han realizado funcionarios de su gobierno y empresarios estadounidenses del sector de las tecnologías, ha sido una constante los intentos de decirnos cómo debemos proceder para desarrollar las tecnologías de la información y la comunicación en nuestro país, obviando que Cuba tiene una estrategia de desarrollo definida y propia.
Las telecomunicaciones en Cuba se han vuelto una obsesión para el actual gobierno estadounidense, a tal punto que es el único sector donde se le permite a las empresas de ese país hacer casi de todo, excepto vender equipos de alta tecnología. ¿Por qué será?.
En el Gran Teatro expresó que:

“He venido aquí para enterrar el último resquicio de la Guerra Fría en el continente americano.”
(…)
“desde el inicio de mi mandato, he instado a los pueblos del continente americano a dejar atrás las batallas ideológicas del pasado”.

Sin embargo todos sabemos que EE.UU. lidera la ofensiva de la derecha que pretende acabar con los gobiernos progresistas de Venezuela, Ecuador, Bolivia, Argentina y otros, a través de la guerra económica, golpes de Estado basados en la teoría del golpe suave, y con la utilización de la oligarquía de esos países.
Considero que se engañó a sí mismo – porque aquí nadie se lo cree – cuando expuso en esa cita :

“Porque en muchos sentidos, Estados Unidos y Cuba son como dos hermanos que han estado incomunicados durante años.”

Un hermano no pretende jamás tragarse ni destruir al otro; es como llevar a la mínima expresión un diferendo histórico que dura ya  200 años donde la peor parte la ha tenido el pueblo cubano.
Haciendo alusión a las bondades de la democracia estadounidense señaló, “los trabajadores se pueden organizar y la gente de a pie tiene una voz”. Entonces, ¿por qué solo menos de un 15% de los trabajadores en EE.UU. están sindicalizados?, ¿o es que Obama no conoce eso?

No lo asesoraron bien al decir,

“Tomamos diferentes pasos en nuestro apoyo al pueblo de Sudáfrica para acabar con el apartheid”,
porque resulta un grave error histórico colocar en un mismo plano la contribución cubana en la derrota del Apartheid, y el papel jugado por los gobiernos norteamericanos que apoyaron y alentaron por años a ese oprobioso régimen.
De la misma manera no creo justo equiparar la aportación realizada por Cuba en el proceso de paz en Colombia y en el enfrentamiento al Ébola en África Occidental, con lo realizado por EE.UU. En el primero es conocido que el gobierno del vecino del Norte ayudó con armas y a través de sus bases militares a varios gobiernos colombianos y a bandas paramilitares. Creo que muy poco ha aportado a la paz en ese país. En el segundo caso, los estadounidenses tributaron más militares que médicos. Sin embargo el presidente Obama piensa de otra manera cuando indicó:

“Pero hoy día, los estadounidenses y los cubanos están sentados juntos en la mesa de negociación, y estamos ayudando a los colombianos a resolver una guerra civil que se arrastra desde hace décadas.”.
“El año pasado, los trabajadores sanitarios estadounidenses –y las fuerzas militares de EE. UU.– trabajaron hombro a hombro con los cubanos para salvar vidas y acabar con el ébola en África Occidental”.

Como dijera un periodista de la televisión cubana, su discurso va por un lado y los hechos y la realidad por otro.


Tratto da : 



Ci scusiamo per errori di traduzione

Immagini inserite da redazione blog tratte da rete internet .


venerdì 25 marzo 2016

Communist party :Condanniamo l'aggressione imperialista alla Siria compiuta da NATO, Arabia Saudita e Turchia/Condenamos la agresión imperialista contra Siria realizada por la OTAN, Arabia Saudí y Turquía/We condemn the imperialist aggression against Syria by the NATO, Saudi Arabia and Turkey


21/03/2016

L'aggressione contro la Siria, guidata dagli USA-NATO in cooperazione con la Turchia, la Giordania, il Qatar, l'Arabia Saudita e altri dal 2011, entra adesso in una nuova fase con l'applicazione di una fragile tregua. Questi paesi, principalmente la Turchia e l'Arabia Saudita, sostenuti dalla NATO continuano con le loro provocazioni con tutti i mezzi.

Dall'inizio della crisi in Siria, che si sviluppò a partire dalle complicazioni economiche e sociali interne del paese, abbiamo assistito ad un intervento per mezzo di forze terroristiche sostenute da potenze imperialiste, che significa una interferenza negli affari interni del Paese.

I regimi reazionari come la Turchia non solo hanno assunto il ruolo di una semplice pedina dell'imperialismo, ma si sono anche impegnati per creare la propria egemonia in base al loro interesse economico e orientamento ideologico.

Come conseguenza della guerra imperialista, milioni di persone che in seguito sono divenute i soggetti delle politiche ipocrite delle stesse forze imperialiste che alzavano il livello di aggressione, sono state costrette ad abbandonare le proprie case. Gli immigrati soffrono la fame, la povertà, la discriminazione, la violazione dei diritti umani e un estremo sfruttamento, mentre allo stesso tempo rischiano le loro vite per un futuro incerto in altri paesi.

Non appena è apparso chiaro che le forze terroristiche erano sul punto di perdere, la Turchia e l'Arabia Saudita hanno iniziato a porre l'opzione di un intervento diretto attraverso il confine turco-siriano, giustificando i loro piani con la "minaccia dell'ISIS".

Sappiamo che questa non è la verità! Non è la prima volta che l'ISIS, una creatura sostenuta dall'imperialismo, viene utilizzata per giustificare l'intervento in Siria.

Condanniamo l'aggressione contro la Siria, intrapresa da Turchia e Arabia Saudita con l'iniziativa della NATO, interferendo negli affari interni del paese e cancellandone l'integrità.

Continueremo la nostra lotta contro l'imperialismo e i monopoli internazionali, che cercano di dominare il Medio Oriente attraverso gli interventi militari, le invasioni e il ricorso a bande terroristiche, mentre competono duramente tra loro per il controllo delle fonti energetiche e delle vie di trasporto.

Abbasso l'aggressione imperialista!
Abbasso la NATO!
Viva la resistenza del popolo siriano!

Condenamos la agresión imperialista contra Siria realizada por la OTAN, Arabia Saudí y Turquía

La agresión a Siria, encabezada por los EEUU-OTAN y ejecutada en cooperación con Turquía, Jordania, Qatar, Arabia Saudí y otros desde 2011, entra ahora en una nueva fase al aplicarse una frágil tregua. Esos países, principalmente Turquía y Arabia Saudí, continúan con sus provocaciones de todo tipo, apoyados por la OTAN.

Desde el inicio de la crisis en Siria, que se desarrolló a partir de las complicaciones internas económicas y sociales, hemos sido testigos de una intervención por medio de fuerzas terroristas apoyada por potencias imperilialistas, lo que significa una interferencia en los asuntos internos del país.

Los regímenes reaccionarios como Turquía no sólo han adoptado el papel de simple peón del imperialismo, sino que también se han esforzado por crear su propia hegemonía sobre la base de su interés económico y orientación ideológica.

Como consecuencia de la guerra imperialista, millones de personas que luego se han convertido en sujetos de las políticas hipócritas de las mismas fuerzas imperialistas que incrementaban el nivel de agresión, fueron forzadas a abandonar sus hogares. Los inmigrantes sufren hambre, pobreza, discriminación, violación de derechos humanos y una extrema explotación, mientras al mismo tiempo arriesgan sus vidas por un incierto futuro en otros países.



Como ha resultado que las fuerzas terroristas están a punto de perder, Turquía y Arabia Saudí han comenzado a plantear la opción de una intervención directa a través de la frontera turco-siria, justificando sus planes por la “amenaza del ISIS”

¡Sabemos que esto no es cierto! No es la primera vez que el ISIS, una criatura apoyada por el imperialismo, se utiliza para justificar la intervención en Siria.

Condenamos la agresión contra Siria, emprendida por Turquía y Arabia Saudí con la iniciativa de la OTAN, interfiriendo en los asuntos internos del país y anulando su integridad.

Continuaremos nuestra lucha contra el imperialismo y los monopolios internacionales, que pelean por dominar Oriente Medio a través de intervenciones militares, invasiones y el recurso a bandas terroristas, mientras compiten duramente entre sí por el control de las fuentes de energía y las rutas de transporte.

¡Abajo la agresión imperialista!
¡Abajo la OTAN!
¡Viva la resistencia del pueblo sirio!

We condemn the imperialist aggression against Syria by the NATO, Saudi Arabia and Turkey

The US-NATO led aggression against Syria in cooperation with Turkey, Jordan, Qatar, Saudi Arabia and others, continuing since 2011 now enters into a new phase when a fragile truce has been implemented. Those countries, mainly Turkey and Saudi Arabia, backed by NATO are continuing their provocations by all means.

Since the beginning of the crisis in Syria, which had evolved out of internal economic and social complications in the country, we witnessed an intervention by means of terrorist forces backed by imperialist powers, meaning an interference to the internal affairs of the country.

Reactionary regimes like Turkey did not solely take the role of a simple pawn of imperialism, but also strived for creating their own hegemony based on their economic interest and ideological orientation.

In consequence of the imperialist war, millions of people who later became the subjects of hypocritical policies of the very imperialist forces escalating the aggression were forced to leave their homes. Immigrants suffer from hunger, poverty, discrimination, violation of human rights, and severe exploitation while at the same time risking their lives for an uncertain future in different countries.

As it turned out that terrorist forces are about to loose, Turkey and Saudi Arabia began enunciating the option for direct intervention through the Turkish-Syrian border, justifying their plans by the “threat of ISIS.”

We know that this is not the truth! It is not the first time that the ISIS, an imperialism-backed creature, is used for justification of intervening to Syria.

We protest and condemn the aggression against Syria, undertaken by Turkey and Saudi Arabia with the initiative of the NATO, interfering in the internal affairs of the country and overriding its integrity.

We will continue our struggle against imperialism and international monopolies, which strive to dominate the Middle East by means of military interventions, invasions and terrorist gangs, while severely competing with each other for the control of energy sources and transport routes.

Down with imperialist aggression!
Down with the NATO!
Long live the resistance of Syrian people!



AZERBAIDJAN, COMMUNIST PARTY OF AZERBAIDJAN
BANGLADESH, WORKERS' PARTY OF BANGLADESH
BRAZIL, COMMUNIST PARTY OF BRAZIL (PCdoB)
BRITAIN, COMMUNIST PARTY OF BRITAIN
CYPRUS, THE PROGRESSIVE PARTY OF THE WORKING PEOPLE - AKEL
CZECH REPUBLIC, COMMUNIST PARTY OF BOHEMIA AND MORAVIA
DENMARK, COMMUNIST PARTY IN DENMARK
GERMANY, GERMAN COMMUNIST PARTY (DKP
GREECE, COMMUNIST PARTY OF GREECE
INDIA, COMMUNIST PARTY OF INDIA
INDIA, COMMUNIST PARTY OF INDIA (MARXIST)
IRAN,TUDEH PARTY OF IRAN
IRELAND, COMMUNIST PARTY OF IRELAND
IRELAND, THE WORKERS' PARTY OF IRELAND
LEBANON, LEBANESE COMMUNIST PARTY
LUXEMBOURG, COMMUNIST PARTY OF LUXEMBOURG (KPL)
MALTA, COMMUNIST PARTY OF MALTA
NETHERLANDS, NEW COMMUNIST PARTY OF THE NETHERLANDS
PAKISTAN, COMMUNIST PARTY OF PAKISTAN
PALESTINE, PALESTINIAN COMMUNIST PARTY
The PHILIPPINES, PHILIPPINE COMMUNIST PARTY [PKP-1930]
PORTUGAL, PORTUGUESE COMMUNIST PARTY
RUSSIA, RUSSIAN COMMUNIST WORKERS' PARTY
SERBIA, COMMUNISTS OF SERBIA
SERBIA, NEW COMMUNIST PARTY OF YUGOSLAVIA
SOUTH AFRICA, SOUTH AFRICAN COMMUNIST PARTY
SPAIN, COMMUNIST PARTY OF THE PEOPLE OF SPAIN (PCPE)
SUDAN, SUDANESE COMMUNIST PARTY
SYRIA, SYRIAN COMMUNIST PARTY
SWEDEN, COMMUNIST PARTY OF SWEDEN
TURKEY, COMMUNIST PARTY




  Tratto da www.resistenze.org


Firmatari in calce | solidnet.org

Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare


Immagini da internet inserita da redazione Blog.
"Sandino"