venerdì 22 aprile 2016

Israele vuole cancellare la Costituzione italiana? Stefano Zecchinelli (L'Interferenza)


Il sito "Interferenza" di frequente è sotto tiro dell’impero che prova a bloccarlo o rallentarlo, e al momento vista la impossibilità di poter condividere in rete questo articolo pubblicato il 30/12/2015, ci siamo permessi di compartirlo Integrale nel blog  INTERNAZIONALISMO del c.lo Bolivariano “Alessio Martelli” Piombino/altaMaremma.

Tratto da :

Stefano Zecchinelli 


Il totale asservimento dei media italiani ai governi guerrafondai di Israele, proprio in questi giorni, ha trovato una nuova conferma: i direttori di alcuni fra i più autorevoli organi di stampa, come Repubblica, Rainews e Corriere della Sera, hanno subito pressioni (presumiamo da ambienti filoisraeliani molto influenti, perché solo questi hanno la forza di fare questo) per licenziare decine di giornalisti colpevoli – citiamo direttamente dal sito di Progetto Dreyfus licenziamenti di massa nelle redazioni  – “di aver riportato, in forme totalmente stravolte, gli attentati commessi dai terroristi palestinesi in Israele”.
L’articolo di cui sopra pubblicato sul sito di Progetto Dreyfus, megafono della Comunità ebraica romana – quella stessa che lo storico Diego Siragusa ha definito come la “sezione italiana dell’estrema destra israeliana” -, è un vero e proprio attacco alla libertà di stampa, sia pure maldestramente camuffato dietro la richiesta di una più corretta informazione. Continuiamo a leggere l’articolo:‘’La disinformazione, al limite della propaganda, perpetrata da questi ultras dalla penna vicina ai terroristi palestinesi è finalmente terminata. Si è infatti interessato persino il presidente dell’ordine dei giornalisti che ha minacciato di ritirare diversi tesserini, di rispedire alcuni dei titolisti a corsi di formazione di giornalismo con particolare focus sull’etica ed escludere come estrema ratio dall’ordine alcuni degli autori più recidivi’’ 1.


Siamo di fronte ad affermazioni molto gravi e lesive dei principi che sono alle fondamenta della nostra Costituzione e in particolare di quell’articolo specifico che garantisce la piena libertà e il pluralismo dell’informazione.
In parole povere, secondo questi signori, chi fornisce un’ informazione non gradita al governo israeliano e al Likud dovrebbe essere allontanato o licenziato dai giornali per cui lavora e addirittura cacciato dall’ordine dei giornalisti. Si tratta di una minaccia ben precisa, un modo subdolo per rovinare la vita (non solo professionale) di decine se non centinaia di persone che cercano di fare al meglio il proprio lavoro. Tutto lascia dunque supporre che le redazioni di alcuni giornali verranno sfoltite a causa di licenziamenti politici, perché di questo si tratterebbe. Domanda: La “sinistra” italiana si mobiliterà in difesa di questi lavoratori forse prossimi al licenziamento (per ragioni politiche, è bene sottolinearlo) e per difendere il sacrosanto diritto alla libertà di stampa e di opinione così palesemente sotto attacco da parte dei gruppi di potere sionisti? Oppure tutto ciò passerà in sordina, dal momento che, da SEL fino al PCL, sembrano decisamente più impegnati ad occuparsi di “diritti civili, femminismo, liberalizzazione dei costumi e istanze lgbt” piuttosto che di conflitto sociale, lavoro e antimperialismo? Verranno licenziati, espulsi dall’Ordine dei Giornalisti o peggio ancora mediaticamente “linciati” dei giornalisti critici di Israele? Questioni secondarie. La “sinistra capitalista” ha ben altre urgenze e priorità….
Ma qual è l’agghiacciante tesi di Progetto Dreyfus, un sito che, fra le altre cose, trasuda islamofobia da tutti i pori (è sufficiente dargli un’occhiata per rendersene conto), sul conflitto in corso? Leggiamo: “L’unica cosa che contava per questi pseudo giornalisti era riportare il numero dei morti, alto da parte palestinese perché tanti, oltre 150, sono stati gli attentatori. Allo stesso tempo era basso, circa 25 in totale, il numero di persone barbaramente uccise con coltelli e macchine che hanno investito donne e bambini da parte israeliana”.
E chi sarebbero questi pericolosi attentatori, questi ‘’terroristi’’? Forse Afula di Asraa Abed, una donna indifesa, accerchiata dai militari israeliani, fino a che non le hanno sparato diverse pallottole. Per il giornalista di Haaretz, Gideon Levy, questo è “palesemente un assassinio. Quei poliziotti erano troppo codardi o assetati di vendetta e perciò meritano di essere processati, non encomiati” 2.

Per un giornalista israeliano, certamente di Sinistra e democratico, quei soldati erano solo dei codardi che “meritano di essere processati”, mentre per i sionisti, quegli assassini sono degli ‘’eroi’’.
La Palestina è chiaramente sotto occupazione, definire ‘’terrorista’’ chi difende il proprio diritto alla libertà, all’indipendenza e a una dignitosa esistenza libera dalla dominazione neocoloniale, dovrebbe suscitare profonda indignazione. Un’ indignazione di massa che purtroppo tarda ad arrivare. E’ possibile restare in silenzio di fronte alle minacce e al terrorismo mediatico di Israele? E chi sarebbero poi i ‘’terroristi’’? Scrive ancora Levy: ‘’Ancor più macabra è l’esecuzione di Fadi Alon a Gerusalemme. Dopo che ha gettato a terra il coltello con cui aveva ferito un giovane ebreo, ha cercato di scappare dalla folla inferocita verso un poliziotto, che la gente incitava con parole volgari ad ucciderlo. Rispondendo alla richiesta della marmaglia, il poliziotto ha sparato a morte al ragazzo, senza motivo, e poi ha fatto rotolare il suo corpo in strada’’. Altri video dimostrano che una gran parte delle azioni dell’IDF (l’esercito israeliano) sono semplici atti di crudeltà, che hanno origine nel razzismo e nel particolarismo etnico e religioso ormai da tempo egemone in Israele.
Vogliamo parlare di Gaza ? Ashraf al-Qadra, membro del ministero della Salute palestinese, documenta che: ”L’occupazione persiste nell’utilizzo di armi non convenzionali contro i cittadini di Gaza, essa ne ha fatto uso in passato e continua tuttora”. 3

E continua: “Le tipologie delle ferite, curate negli ospedali della Striscia di Gaza in seguito agli attacchi israeliani, provano che l’occupazione ha usato armi incendiarie e non convenzionali, vietate a livello internazionale. Ciò si evince dai corpi delle vittime, che arrivano negli ospedali di Gaza con ustioni di grandi dimensioni e amputazioni in molte parti del corpo, oltre alle lacerazioni dei tessuti interni delle vittime. Tutto ciò dimostra che vi è un uso eccessivo della violenza contro i civili di Gaza, e che l’occupazione colpisce deliberatamente le aree popolate per aumentare il numero delle vittime tra i civili”. Il risultato è questo: oltre 43.000 persone, oggi a Gaza, vivono in condizioni di disabilità 4.
E’ inutile girarci attorno: solo una persona in malafede può mettere sullo stesso piano un sasso lanciato da un ragazzo palestinese (o anche una coltellata sferrata con rabbia e disperazione), con i bombardamenti al fosforo e le bombe dirompenti dei cacciabombardieri israeliani.
Quello israeliano è un chiaro progetto di pulizia etnica, una sorta di lento e silenzioso genocidio portato avanti anche grazie all’impunità di cui gode Israele che, oltre a rappresentare una costante minaccia per i popoli arabi e/o mussulmani, sta mettendo in campo una strategia per attentare, come abbiamo appena visto, alle più elementari libertà democratiche – fra cui la libertà di stampa ed di informazione – in Europa.
Solo poche settimane fa la presentazione a Roma del libro di Alan Hart, “Sionismo, il vero nemico degli Ebrei“, è stata boicottata, come spiega nel suo blog lo storico Diego Siragusa l’Anpi siamo anche noi , traduttore e autore della prefazione, al punto tale che anche l’ANPI provinciale di Roma ha deciso di annullare l’evento. E’ lecito pensare a pressioni”, spiega Siragusa nel suo articolo, e non possiamo che condividere la sua ipotesi.
Insomma, siamo di fronte ad una vera e propria violazione del diritto che si traduce nel tentativo (ma è molto di più di un semplice tentativo) di mettere il bavaglio alla libera informazione, di zittire con le minacce i giornalisti non allineati al pensiero unico e ovviamente di orientare e condizionare la politica estera del paese (come se non fosse già del tutto prona agli interessi degli USA e di Israele). Tutto ciò dimostra peraltro, qualora ce ne fosse bisogno, quale sia il tasso di autonomia politica di questo paese .
E ancora: a chi giova l’iranofobia fomentata dai media filoisraeliani? La domanda è complessa e per questo, escludendo di rivolgerla (perché sarebbe del tutto inutile) ad un qualsiasi “funzionario mediatico” di regime, la giriamo alla giornalista Tiziana Ciavardini, colta ed esperta conoscitrice della Repubblica Islamica dell’Iran:
Dall’Islamofobia crescente in Occidente intensificatasi dopo i recenti attacchi terroristici in Francia e nei paesi mediorientali il senso di paura patologica nei confronti dell’IRAN fortunatamente sta in parte sta cambiando. La mia esperienza ultra decennale nella Repubblica Islamica dell’Iran mi ha portato ad avere una visione della cultura e della società contemporanea prettamente in contrasto con quelle che sono le notizie spesso capziose e confuse che i mass media ormai da anni stanno cercando di divulgare. Mi rivolgo in particolare a quella ‘paura dell’IRAN’ quella ‘IRANOFOBIA’ che vedeva nell’IRAN il male assoluto. Negli ultimi decenni l’Iran é stato piú volte presentato come un paese insicuro e da evitare caratterizzato da problemi politici interni che le cronache hanno inevitabilmente evidenziato creando un latente pregiudizio ancora oggi difficile da superare. Con l’elezione del Presidente Hassan Rohani l’Iran sta vivendo peró, un cauto cambiamento. Nello scenario mediorientale oggi questo Paese rappresenta l’unico Stato con una elevata stabilità politica ed istituzionale e rappresenta l’unica superpotenza regionale con una propria specifica identità. Purtroppo in Occidente siamo ancora ancorati al nostro etnocentrismo, convinti che la nostra civiltà occidentale si sia sparsa e imposta in tutto il mondo grazie alla superiorità morale del sistema democratico-parlamentare su altri sistemi politici. In realtá il sistema politico iraniano é troppo complesso e difficilmente comprensibile da un punto di vista occidentale e lo sbaglio maggiore é quello di voler attribuire regole e decisioni ad una sola persona quando non é esattamente cosí. L’Iran sta aprendo le proprie porte a nuove sorprendenti dinamiche un motivo in piú per intensificare il dialogo
La lobby sionista: vietato parlarne?
Ma c’è anche un’altra domanda a cui siamo chiamati a rispondere: esiste la lobby israeliana (sionista), cioè un centro (o vari centri) di potere impegnato(i) a difendere lo Stato di Israele e la sua politica di sostanziale e anche formale apartheid nei confronti del popolo palestinese? La risposta è semplice: sì, esiste. Cerchiamo di inquadrare il problema ripercorrendo le opinioni di importanti studiosi appartenenti alla Sinistra antimperialista italiana. Anche perché, molto spesso la sinistra confonde il “sionismo” con l’ “ebraismo”,eppure i rabbinicNeturei Karta sono contrari allo Stato ebraico. . La destra, oggigiorno, è filosionista: condivide con questo sia l’imperialismo economico e politico che la sua funzione “messianica”.
Secondo lo storico marxista Mauro Manno “Non solo esiste ma è forte e, fatto grave, non ha oppositori o persone che ne denuncino la pericolosità’ 5.
Il Partito Radicale (Pannella e Bonino in testa … ) così come il quotidiano La Repubblica (solo per citarne alcuni perchè l’elenco sarebbe infinitamente più lungo) sono apertamente schierati dalla parte di Israele.
Per il filosofo “post-marxista”, Costanzo Preve, nessuna persona intellettualmente onesta potrebbe negare l’esistenza della lobby filoisraeliana, “però anche solo fare un riferimento a questa realtà incontrovertibile, è immediatamente assimilato all’antisemitismo, identificato nel simbolismo comune mediatico manipolato con l’approvazione, esplicita o implicita, ai crimini sterministici di Hitler. Il tradimento degli intellettuali consiste nel non denunciare questo fatto…” 6.


Quindi, come mettere al riparo l’informazione e la libertà di stampa da questa progressiva involuzione antidemocratica? In regime capitalistico chi possiede i mezzi di produzione controlla e possiede anche i mezzi di informazione: egemonia di classe e costruzione del consenso camminano di pari passo. Israele è un paese imperialista (al vertice della catena di comando insieme a Usa e Gran Bretagna ), mentre l’Italia è un paese sub-imperialistico a sovranità limitata. I rapporti di forza fra questi stati rendono proni i governanti e i giornalisti italiani alle classi dirigenti americane e israeliane.
Lo storico Diego Siragusa ci ha spiegato molto bene come “Decisiva è, quindi, la tecnica dell’inganno. Il motto del MOSSAD, il famigerato servizio segreto israeliano, è questo “PER MEZZO DELL’INGANNO FAREMO LA GUERRA”. In modo esplicito gli israeliani confessano il loro metodo fondamentale col quale hanno costruito il loro stato e la loro potenza: la disinformazione sistematica come la quintessenza del loro progetto sionista. Possedere il controllo dell’informazione planetaria è la condizione necessaria per il successo dell’inganno” 7.

Fino a quando tale inganno avrà successo? Da più di sessant’anni a questa parte a fare le spese degli appetiti di questa potenza imperialista cinica, arrogante e aggressiva sono i popoli dell’area mediorientale e in particolare quello palestinese.
La battaglia per ristabilire una verità storica e oggettiva su Israele, sui suoi crimini e sulla natura imperialista del sionismo, deve diventare quindi una priorità per chiunque sia animato da uno spirito democratico e da onestà intellettuale.

2) http://www.bocchescucite.org/la-pena-di-morte-illegale-e-senza-processo-di-israele-e-accolta-dagli-applausi-delle-masse/
3) http://www.infopal.it/fonte-ufficiale-palestinese-israele-ha-trasformato-gaza-in-un-campo-di-sperimentazione-per-armi-vietate-a-livello-globale/
4) http://www.infopal.it/piu-di-43-600-disabili-a-gaza/
5) http://palestinanews.blogspot.it/2009/02/in-ricordo-di-mauro-manno-esiste-la.html
6) http://www.comunismoecomunita.org/?p=4115
7) http://www.civg.it/index.php?option=com_content&view=article&id=308%3Ala-disinformazione-e-la-formazione-del-consenso-attraverso-i-media&catid=2%3Anon-categorizzato&Itemid=101

mercoledì 20 aprile 2016

Dichiarazione Finale del Quarto Incontro di Solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana del Venezuela!


Inviata da Rete di solidarietà con la rivoluzione Bolivariana



di Rete “Caracas ChiAma”

Dichiarazione Finale del Quarto Incontro di Solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana del Venezuela!
Lecce 15/16/17 Aprile 2016
Caracas Chiama, il Salento risponde!
Il Quarto Incontro Italiano della Rete di solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana, Caracas Chiama, si è svolto a Lecce nel Centro sociale occupato e autogestito Terra Rossa.
Per tre giorni – dal 15 al 17 aprile – reti territoriali, ospiti internazionali, rappresentanze diplomatiche e rappresentanti di alcuni comuni virtuosi hanno messo a confronto esperienze e riflessioni sul tema del potere popolare e della democrazia partecipata, tessendo fili tra la realtà del socialismo bolivariano e le esperienze salentine. Un embrione di quell’alleanza bolivariana che, in Venezuela, ha portato a rompere con i meccanismi asfittici della Quarta repubblica, mettendo in campo il blocco sociale che porterà alla vittoria di Hugo Chávez e alla rivoluzione. Il comune di Copertino, uno dei sei (insieme a Melpignano, Salice Salentino, Zollino, Poggiardo e Galatina) che hanno appoggiato il Quarto Incontro, ha consegnato personalmente la delibera nelle mani della Ministra Consigliera Maria Elena Uzzo e del Primo Segretario Alfredo Viloria. E la delegazione diplomatica, in rappresentanza dell’ambasciatore Isaías Rodríguez ha sostenuto numerosi incontri con le istituzioni locali. La Console di Napoli, Amarilis Gutiérrez Graffe, ha visitato due scuole, incontrando gli studenti del liceo Scientifico di Tricase e gli alunni della Scuola Primaria di Carpignano con i saluti e l’accoglienza del Sindaco. Orietta Caponi, ambasciatrice del Venezuela in Bulgaria ha salutato gli studenti del Liceo Pedagogico e Scientifico di Maglie, spiegando gli orizzonti di un paese che, come il Venezuela e a differenza dell’Italia neoliberista, offre ai giovani la possibilità di scegliersi il proprio futuro.
Uno degli obiettivi del Quarto Incontro è stato infatti quello di promuovere la possibile costruzione di relazioni istituzionali e commerciali, basate su principi etici di solidarietà, giustizia ed equità tra comunità territoriali, aziende che operano sul territorio e il Venezuela.
I quattro tavoli tematici hanno declinato il tema del potere popolare in relazione al femminismo rivoluzionario, all’eco-socialismo, alla lotta di classe, all’esperienza partecipata dei comuni.
Ricca l’analisi al tavolo sul femminismo rivoluzionario. Le donne – da Maria Grazia Sìmmini a Federica Lupo – sono state il motore trainante del Quarto Incontro. Coordinato da Ada Donno, Isabella Lorusso e Clara Statello, il tavolo ha messo a confronto idee e percorsi e ha esaminato le linee di frattura che hanno caratterizzato il rapporto tra movimento operaio e lotta delle donne.
Mentre il femminismo italiano abbandonava gli obiettivi di libertà per tutte e tutti, ponendosi fuori dal conflitto sociale e rinchiudendosi in una visione cenacolare, in Venezuela le donne prendevano decisamente in mano il proprio destino, diventando la nervatura di un nuovo potere popolare: cercando nuove vie per coniugare lotta di genere e lotta di classe. Il contributo inviato dalla Ministra Consigliera Maria Elena Uzzo ha illustrato le conquiste delle donne nella rivoluzione bolivariana, fortemente volute dal presidente-femminista Hugo Chávez, Pensare la differenza di genere – si è detto – significa ripensare il mondo. Agirla, significa cambiarlo nel profondo. Dal tavolo è emersa la volontà di dare continuità e centralità al tema con un ciclo di iniziative di avvicinamento al Quinto Incontro. Percorsi che, nella solidarietà con la rivoluzione bolivariana consolidino il confronto all’interno della rete e fuori: in particolare con la costituzione di un forum di discussione e pratiche per rimettere nuovamente al centro il conflitto.
Il tavolo dell’eco-socialismo ha visto la partecipazione di reti, soggettività e movimenti, come il Comitato No-Tap, interessati alla salvaguardia del territorio e contro le multinazionali che devastano il pianeta. Dal Venezuela, l’agro-ecologo Miguel Angel Nuñez è intervenuto telefonicamente, denunciando prima di tutto le nuove manovre delle destre venezuelane per il 19 aprile, Giornata Internazionale di Solidarietà con la Rivoluzione bolivariana.


“La crisi – ha detto Nuñez – dev’essere anche un’opportunità per superare i modelli consumistici indotti dal capitalismo. Stiamo lavorando per rendere il paese indipendente dalle importazioni sul piano alimentare e sanitario”. 

Il tavolo su Potere popolare e lotta di classe ha ospitato lavoratori e sindacalisti di base (Usb e Cobas), esperienze di autogestione come la fabbrica recuperata RimaFlow e SfruttaZero, o l’ex Opg
occupato di Napoli. Il Venezuela, dove il presidente va a occupare le fabbriche insieme agli operai – si è detto -, può essere un orizzonte per andare oltre l’aspetto puramente rivendicativo delle lotte. L’esperienza di Sfrutta zero a Bari e Nardò si serve di una filiera autogestita composta da migranti e locali che partecipano a tutto il processo produttivo che va dalla semina alla raccolta alla vendita della salsa di pomodoro: per strappare al caporalato e allo sfruttamento i senza-diritti e per sostenerne le lotte con una cassa di mutuo soccorso.
Al tavolo di Potere popolare e governo partecipato dei comuni si è messa in rilievo la necessità che anche in Europa e in Italia i comuni diventino soggetti promotori di esperienze di autogoverno territoriale a partire da una valorizzazione delle pratiche mutualistiche e autogestionarie, ma anche sollecitando consorzi produttivi e pratiche di consumo che si collochino al di fuori delle logiche mercantilistiche dominate dalla legge dei grandi capitali. Al contempo, comunità locali e comuni dovrebbero stringersi in reti inter-comunali e inter-territoriali in grado di produrre un cambiamento di scala, dal locale al nazionale e poi dal nazionale alla dimensione trans-nazionale, costruendo ponti tra
esperienze geograficamente affini.
Gli ospiti hanno tracciato i contorni dell’esperimento bolivariano nelle nuove dinamiche in corso in America latina con il ritorno delle forze conservatrici.
Per Obama, che ha rinnovato per un altro anno le sanzioni al Venezuela, il socialismo bolivariano rappresenta “una minaccia inusuale e straordinaria per la sicurezza degli Stati uniti”: la minaccia dell’esempio, di un progetto di paese e di continente non più basato sul profitto ma sulla giustizia sociale, capace di ispirare anche queste sponde. E, con firme e cartelli, il Salento che resiste ha detto No al decreto, impegnandosi a difendere il Venezuela socialista dagli attacchi dei poteri forti, che premono per rimettere le mani su un paese custode delle più grandi riserve di petrolio al mondo.


“L’agenda dell’imperialismo è globale, anche la solidarietà dev’essere globale. Difendere il Venezuela rivoluzionario e l’America latina significa difendere il meglio del popolo italiano e dell’umanità”, ha detto il professor Juan Miguel Díaz Ferrer, mentre Orietta Caponi ha illustrato i termini della democrazia bolivariana: “Nella democrazia partecipativa, il popolo non elegge rappresentanti ma portavoci che devono eseguire il mandato popolare, essere realmente la voce del popolo, che altrimenti può utilizzare il referendum revocatorio, consentito dalla Costituzione per tutte le cariche elette, compreso il presidente”.
Il gesuita Miguel Matos ha testimoniato l’impegno di quella chiesa di base che, ieri come oggi, non ha paura di camminare a fianco del socialismo. Sono intervenuti telefonicamente gli ambasciatori del Venezuela in Francia (Héctor Michel Mujica) e in Etiopia (Luis Mariano Joubertt Mata). Molti i saluti e le adesioni (Rifondazione Comunista, Manuela Palermi del Pcd’I, Mattia Di Gangi per Italia Cuba, il Circolo Bolivariano Antonio Gramsci di Caracas, Circolo Bolivariano Louis Riel di Toronto, in Canada…).
“Siamo parte di una medesima scommessa, la visione del mondo imposta dagli Stati uniti annichilisce anche la nostra soggettività – ha detto il Costituzionalista Michele Carducci spiegando le insidie del “golpe suave”, il golpe blando che caratterizza i nuovi processi di destabilizzazione imperialista dell’America latina. Globalizzazione economica e finanziarizzazione dell’economia sono processi che hanno aggredito le società contemporanee producendo nuove forme di sfruttamento e reiterando le vecchie con il consenso delle classi politiche ormai impermeabili alle istanze sociali.
“La questione dei governi locali connessi alla partecipazione popolare è oggi di vitale importanza in Europa e nel mondo – ha detto il professor Fabio de Nardis – I Comuni rappresentano forse l’ultimo baluardo di democrazia in un’epoca in cui le istituzioni
politiche nazionali e sovranazionali agiscono perlopiù come traduttori di decisioni assunte al di fuori dei luoghi della rappresentanza”.
Tuttavia, guardare alla rivoluzione bolivariana implica una ridefinizione delle categorie e un’operazione di verità. L’esperimento socialista bolivariano si è messo in moto a seguito di un cambiamento strutturale nelle relazioni societarie e di potere. Da noi, invece, anche il comune più virtuoso e partecipato deve fare i conti con gli indirizzi e i colori del governo centrale.
Guardare alle esperienze partecipate del Venezuela, che hanno portato a sintesi le indicazioni più avanzate emerse dai forum sociali – prima di tutto quello di Porto Alegre, in Brasile – consente anche di riflettere su limiti e meriti delle esperienze che, durante l’ultimo governo di centro-sinistra in Italia hanno cercato di proporre un modello “partecipato” di gestione comunale, articolandolo tra conflitto e consenso, fra contropotere locale e indicazioni generali. Significa riflettere, soprattutto, sul ruolo dei movimenti e delle organizzazioni popolari nell’amministrazione e nel governo dei territori quando si inaridiscono la luce prospettica e il contropotere reale. Significa riflettere, insomma, sull’articolazione tra locale e globale: sul nesso che c’è – a partire dalla critica del capitalismo e del suo modello di sviluppo – tra la fontana, gli ulivi, il caporalato o le fabbriche di morte sul nostro territorio, e quel che accade nei sud più lontani, perché il costo e i costi di lavoro e non lavoro si decidono a livello globale.
Cosa impariamo dalle “rivoluzioni” latinoamericane? “Che i popoli non vincono se non si fanno stato e se non creano le proprie istituzioni. E che la democrazia partecipata non può convivere con quella rappresentativa, uno dei due campi dovrà cedere”, ha detto il professor Carlo Formenti.
Nel ribadire i propri principi fondativi – anticapitalismo, antifascismo, antisessismo, antirazzismo, antimperialismo – la Rete si avvia alla preparazione del suo Quinto Incontro. Per ospitarlo, si sono proposti Militant per Roma, i Carc per Torino e ANROS Italia per Montesole.
L’assemblea democratica, partecipata, protagonista e sovrana decide per la sede di Roma.
La Rete “Caracas ChiAma” e l’assemblea rivolgono un abbraccio solidale al popolo dell’Ecuador, duramente colpito dal terremoto.



giovedì 14 aprile 2016

Viva le donne Saharawi / Viva las mujeres Saharauis



Dichiarazione Finale della IV Conferenza Internazionale "Il diritto della Donna a Resistere: la situazione dimenticata delle donne saharawi"

La IV Conferenza Internazionale "Il diritto della Donna a Resistere", si è celebrata a Boujdour, il 2 e 3 aprile 2016, sotto il titolo "La situazione dimenticata delle donne saharawi", con la partecipazione di delegazioni dell'Algeria, della Nigeria, della Namibia e dello Zimbawe e di delegate di diversi paesi, di istituzioni nazionali e organizzazioni continentali e internazionali.

La IV Conferenza Internazionale ha cominciato i suoi lavori organizzando un Foro di solidarietà coi prigionieri politici di Gdim Izik in sciopero della fame, intervenendo con messaggi di solidarietà anche delle partecipanti di Algeria, Nigeria, Namibia, Zimbabwe, Spagna, Svezia tra le organizzazioni che partecipano alla conferenza e che hanno espresso il loro appoggio ai prigionieri politici esigendo un intervento urgente da parte della comunità internazionale per liberare tutti i prigionieri politici saharawi dalle prigioni marocchine, riaffermando anche la loro determinazione a proseguire negli incontri  internazionali.

Nella IV Conferenza Internazionale si sono discusse le prime esperienze sostanziali di base delle donne nella resistenza durante i movimenti di liberazione africani e il loro ruolo nella costruzione dopo l'indipendenza, con la presentazione delle esperienze di paesi come la Namibia, l'Algeria, la Nigeria, lo Zimbawe e l'esperienza delle donne Saharawi nei territori occupati e nei campi profughi, campi di dignità per quaranta anni. Il secondo tema è il ruolo delle cooperative nella promozione della resistenza e l'esperienza delle organizzazioni che promuovono le capacità politiche ed economiche nelle donne africane, algerine, oltre all'esperienza delle cooperative delle donne saharawi.

La IV Conferenza ha elogiato la fermezza e la resistenza delle donne saharawi e il ruolo principale nella lotta del popolo saharawi per l'autodeterminazione e l'indipendenza la partecipazione attiva nella costruzione delle istituzioni dello Stato e ha richiamato il resto del mondo, soprattutto le africane, ad ampliare lo spazio di solidarietà con le donne in situazioni di resistenza di fronte all'occupazione e di permettere loro di contribuire come socie attive nello sviluppo, nella giustizia e nella pace. La IV Conferenza ha fatto un appello alle Nazioni Unite, in special modo al Consiglio di Sicurezza, per accelerare l'applicazione delle decisioni e delle raccomandazioni relative al conflitto del Sahara Occidentale, per l'organizzazione di un referendum libero e democratico che permetta al popolo saharawi di decidere liberamente il suo destino, completando così il processo di decolonizzazione dell'ultima Colonia nel continente africano.

La IV Conferenza richiama alla necessità di proteggere i diritti umani dei saharawi nei territori occupati del Sahara Occidentale monitorando ed informando sulla brutalità del regime marocchino, oltre a fermare il saccheggio delle risorse naturali del territorio dall'occupazione illegale e lo smantellamento del muro della vergogna che costituisce un crimine contro l'umanità.



Donne militari veterane si sono messe a disposizione dell'esercito per addestrare le donne o per stare in prima linea in caso di un'eventuale guerra

06/04/16

Tavola rotonda sulla recente celebrazione della quarta conferenza internazionale sulla resistenza delle donne, realizzata dal 2 al 3 di aprile negli accampamenti.

L'iniziativa entra nella cornice della programmazione della Televisione saharawi e nella quale le donne saharawi hanno raccontato la discussione effettuata sulla situazione attuale del conflitto e delle sfide che affronta la popolazione rifugiata, specialmente le donne, di fronte alla nuova escalation militare sostenuta dal Marocco e dal suo scontro con l'ONU

Durante il programma che ha contato su un'ampia rappresentanza di tutti i settori militari, di polizia e altre professioni, le donne hanno riaffermato la loro disponibilità a difendere la loro causa con tutti i mezzi di resistenza disponibili. Da sottolineare il messaggio di unità militari (di riserva) composte da donne veterane che si sono messe a disposizione dell'esercito per addestrare donne o per stare in prima linea in caso di un'eventuale guerra.




Tratto  da 

Mujeres Saharauis | mujeressaharauis.com 
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare




FDIM - VIVA LAS MUJERES SAHARAUIS!!

Declaración Final de la IV Conferencia Internacional “El derecho de la Mujer a Resistir: la situación olvidada de las mujeres saharauis
La IV Conferencia Internacional “El derecho de la Mujer a Resistir: la situación olvidada de las mujeres saharauis, celebrada en Boujdour, del 2 al 3 de junio de 2016 bajo el título” La olvidada situación de las mujeres saharauis”, con la participación de delegaciones de Argelia, Nigeria, Namibia y Zimbabwe, así como delegadas de distintos países y de instituciones nacionales y organizaciones continentales e internacionales.
La IV Conferencia Internacional comenzó sus trabajos organizando un Foro de solidaridad con los presos políticos de Gdim Izik en huelga de hambre abierta , con intervenciones a través de los mensajes de solidaridad y las intervenciones de las participantes de Argelia, Nigeria, Namibia, Zimbabwe, España, Suecia entre otras organizaciones que participan en la conferencia, que expresaron su apoyo a los presos políticos y exigieron una intervención urgente por parte de la comunidad internacional para liberar a todos los presos políticos saharauis en cárceles marroquíes, también reafirmó su determinación de continuar su reivindicación en los foros internacionales.
En la IV Conferencia Internacional ha estado discutiendo las primeras experiencias sustantivas básicas de las mujeres en la resistencia durante los movimientos de liberación africanos y su papel en la construcción después de la independencia, con presentaciones sobre las experiencias de países como Namibia, Argelia, Nigeria, Zimbabwe y, la experiencia de las mujeres saharauis en los territorios ocupados y en los campamentos de refugiados, campamentos de la dignidad durante cuarenta años. El segundo tema fue el papel de las cooperativas en la promoción dela resistencia y la experiencia de la organización que promueve las capacidades políticas y económicas en las mujeres africanas, argelinas , además de la experiencia de las cooperativas de mujeres saharauis.
La IV Conferencia elogió la firmeza y la resistencia de las mujeres saharauis y el prominente papel en la lucha del pueblo saharaui por la autodeterminación y la independencia y la participación activa en la construcción de las instituciones del Estado y llamó al resto del mundo, sobre todo las africanas, para ampliar el espacio de solidaridad con las mujeres en situación de resistencia frente a la ocupación y permitirles contribuir como socio activo en el desarrollo, la justicia y la paz.IV Conferencia ha hecho un llamamiento a las Naciones Unidas y en especial el 
Consejo de Seguridad para acelerar la aplicación de las decisiones y recomendaciones relacionadas con el conflicto del Sáhara Occidental para la organización de un referéndum libre y democrático que permita al pueblo saharaui decidir su destino libremente, completando así el proceso de descolonización de la última Colonia en el continente africano. La IV Conferencia también llama a la necesidad de proteger los derechos humanos de saharauis en los territorios ocupados del Sáhara Occidental monitoreando e informando contra la brutalidad del régimen marroquí, además de detener el saqueo de los recursos naturales del territorio saqueados por la ocupación ilegal y el desmantelamiento del muro de la vergüenza, que constituye un crimen contra la humanidad.




Mujeres militares veteranas se han puesto a disposición del ejército para adiestrar a mujeres o para estar en las primeras filas en caso de una eventual guerra .

Mesa redonda con motivo de  la reciente celebración de la cuarta conferencia  internacional  sobre la resistencia de las mujeres, celebrada del 2 al 3 de abril en  los campamentos.

La iniciativa entra en el marco de la programación de
  la Televisión  saharaui  y, en la  que participaron mujeres saharauis que  debatieron  sobre la situación actual del conflicto y los desafíos que enfrenta la población refugiada, especialmente las mujeres, ante la nueva escalada   militar propulsada por Marruecos y su enfrentamiento con la ONU. 

Durante el programa 
 que contó   con una amplia representación de todos los sectores militares, policías y otras profesiones, las mujeres reafirmaron su disposición a defender su causa con todos los medios de resistencia disponibles. Cabe destacar el mensaje de las unidades militares (en la reserva ) compuestas por mujeres veteranas que se han  puesto a disposición del ejército para adiestrar a mujeres  o para estar en las primeras filas en caso de  una eventual guerra .




giovedì 7 aprile 2016

Dichiarazione di solidarietà con la Gioventù Comunista della Colombia/Declaracion de solidaridad con la juventud comunista de Colombia



La Federazione Mondiale della Gioventù Democratica condanna la persecuzione e molestie contro dirigenti della Gioventù Comunista di Colombia (JUCO). Questa situazione è aumentata negli ultimi giorni, arrivando all'estrema conseguenza di deportare da Città del Messico, senza una motivazione dichiarata, la compagna Cindy Luz Pérez, membro del Comitato Centrale della Gioventù Comunista di Colombia che avrebbe dovuto partecipare al IV Congresso della Gioventù Comunista del Messico.

In Colombia il mese di Marzo ha rappresentato un periodo di repressione, assassinii e persecuzioni contro dirigenti di organizzazioni politiche e movimenti sociali di sinistra, tutto ciò va nella direzione di contrastare i progressi che si stanno raggiungendo nel Processo degli Accordi di Pace. Ciò dimostra una franca violazione dei diritti umani così come l'impunità delle forze che eseguono questi atti repressivi.

Quanto successo alla compagna membro dell'Esecutivo Centrale della JUCO in Messico, che inoltre è stata anche vittima di una serie di molestie, interrogatori e offese alla sua integrità, dimostra come si è estesa la repressione al di fuori dei confini della Colombia evidenziando un complotto regionale contro i dirigenti giovanili delle organizzazioni progressiste e della sinistra colombiana.

La Federazione Mondiale della Gioventù Democratica condanna chi promuove la violazione dei diritti dei giovani e specificatamente la discriminazione e la persecuzione alla quale sono sottomessi i giovani di sinistra in Colombia.

Per una pace vera e il rispetto dei diritti dei giovani!




La Federación Mundial de Juventudes Democráticas condena la persecución y hostigamiento a dirigentes de la Juventud Comunista de Colombia (JUCO). Esta situación se ha acrecentado en los últimos días llegando al extremo de deportar desde ciudad México sin motivo declarado a la camarada Cindy Luz Pérez, miembro del comité central de la JUCO y quien participaría en el IV Congreso de la Juventud Comunista de México.
El mes de marzo ha significado un periodo de represión, asesinatos y persecución a dirigentes de organizaciones políticas y movimientos sociales de izquierda en Colombia como contraste a los avances que se van alcanzando en el Proceso de Acuerdos de Paz. Estos hechos demuestran franca violación a los derechos humanos de estos camaradas, así como la impunidad de todas las fuerzas que ejecutan estos actos represivos.
El hecho sobre la camarada miembro del Ejecutivo Central de la JUCO en México, quien además fue víctima de una serie de vejámenes, interrogatorios y toda una ofensiva contra su integridad, demuestra como se ha extendido la persecución fuera de las fronteras de Colombia evidenciando un complot regional en contra de los dirigentes juveniles y de otras organizaciones progresistas y de la izquierda colombiana.
La Federación Mundial de Juventudes Democráticas condena todo hecho que promueva la violación de derechos de los jóvenes y de forma específica la discriminación y persecución a la que están sometidos los jóvenes de izquierda de Colombia.
¡Por una paz verdadera y el respeto a los derechos de los jóvenes!
Federación Mundial de Juventudes Democráticas.


Tratto da  www.resistenze.org

sabato 2 aprile 2016

La vita e opera di Manuel Marulanda, esempio per i comunisti del Messico / La vida y obra de Manuel Marulanda, ejemplo para los comunistas de México


Il 26 Marzo 2008 morì il compagno Comandante Manuel Marulanda Vélez, fondatore e dirigente, fino alla sua morte, delle FARC-EP; in riconoscimento alla sua memoria questa data è stata proclamata da varie forze rivoluzionarie come il Giorno del diritto universale dei popoli alla ribellione armata.

Oggi vogliamo ribadire la legittimità di questo proposito, nel momento in cui rendiamo omaggio al compagno Marulanda, al comunista e rivoluzionario, all'eroe continentale nella lotta dei nostri popoli contro l'imperialismo e lo sfruttamento, al capo rivoluzionario che sempre ha ricercato la strada dell'emancipazione e del socialismo per gli operai e i contadini del suo paese e per i lavoratori del Mondo.
I

Il Comandante Manuel Marulanda ha dato la sua vita alla causa della Rivoluzione colombiana, fin dalla giovane età si è legato alla lotta dei contadini e dei lavoratori agricoli che affrontando la violenza statale dovettero armarsi per difendere la loro vita, conquistare diritti e lottare in modo organizzato per una Colombia nuova, dall'embrionaria ma eroica resistenza in Marquetalia, fino a convertirsi nell'esercito del popolo, cioè le Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia. Ha combattuto con successo l'oligarchia colombiana e i diversi interventi dell'imperialismo nordamericano per vari decenni, incluso il colossale Plan Colombia, con budget milionario e propositi dichiaratamente contro-insurrezionali che ha inondato di terrore e sangue del popolo con basi militari nordamericane, armamenti e consigli al criminale esercito colombiano, diversi corpi paramilitari con metodi barbari per assassinare massicciamente i dirigenti sindacali, contadini, sociali, studenteschi e il popolo in generale. Per quasi mezzo secolo alla guida di una forza rivoluzionaria il Comandante Manuel Marulanda non solo ha resistito, ma tale forza si è trasformata nell'alternativa politica e militare dei lavoratori e del popolo oppresso.

Il comandante Manuel Marulanda è un eroe non solo per le sue qualità individuali come rivoluzionario, per la sua purezza di ideali, le sue capacità di quadro comunista, la sua elevata statura come stratega e capo politico e militare, la sua creatività per innovare e mantenere - conforme alle condizioni concrete – la dottrina, la strategia e la tattica della guerra di guerriglie mobili e il movimento clandestino di massa. Un importante contributo è stato quello di ridare significato alla tattica leninista della combinazione di tutte le forme di lotte, con la premessa di incanalare l'espressione delle masse sfruttate e oppresse, sia nell'Unione Patriottica, sia nel Movimento Bolivariano per una Nuova Colombia e in innumerevoli espressioni di organizzazione disseminate per iniziativa dei rivoluzionari o seguendo il suo esempio. E' un eroe il Comandante Manuel Marulanda perché ha saputo fondersi negli interessi collettivi, trascendere la temporalità della sua stessa vita all'espressione della società futura che oggi lotta organizzata nel Partito Comunista e nell'Esercito del Popolo.

E' il Comandante Manuel Marulanda l'esempio di uomo di Partito: disciplinato, coerente, organico, militante, forgiatore di quadri, costruttore del PCCC (Partito Comunista Colombiano Clandestino, ndt), avanguardia rivoluzionaria del popolo colombiano. Il marxista-leninista che ha saputo sollevare la bandiera rossa dell'ideale socialista quando nella dura notte controrivoluzionaria degli anni '90 molti abiuravano, rinunciavano o si lanciavano nella braccia del nemico di classe. E' attraverso il Partito che la speranza di emancipazione dei lavoratori e del popolo colombiano si mantiene viva.

Il Comandante Manuel Marulanda fu leale all'internazionalismo, comprendendo la necessità dei legami solidali e dei vincoli indistruttibili tra comunisti e rivoluzionari del Mondo, contribuendo particolarmente a questo compito in America Latina.

Mai un rivoluzionario del nostro Continente è stato tanto calunniato e perseguito come il compagno Manuel Marulanda; mai si sono destinate tante risorse e per tanti decenni alla persecuzione di un comunista come quelli dedicati contro il compagno Manuel. L'imperialismo lo ha dichiarato nemico giurato e questo onore non lo ha mai abbandonato. Sempre ribelle, sempre rivoluzionario, non si è mai genuflesso di fronte all'oligarchia.

E la sua opera e il suo nome vanno sempre associati al collettivo che è il suo Partito e il suo esercito e la sua classe e il suo popolo e anche la vita dei suoi esemplari compagni Jacobo Arenas, Alfonso Cano, Raúl Reyes, Iván Ríos, Jorge Briceño, che con la propria vita hanno sigillato il loro compromesso con la Rivoluzione Socialista.

Il Partito Comunista del Messico insiste nel fatto che la grandezza della vita e dell'opera del Comandante Manuel Marulanda è equiparabile a quella degli indipendentisti del XIX secolo, che lottarono per la decolonizzazione dell'America e con quella dei rivoluzionari che come Emiliano Zapata, Francisco Villa, Ernesto Guevara e Fidel Castro hanno lottato nel XX secolo per la giustizia e l'emancipazione. E' un esempio per comunisti e rivoluzionari del XXI secolo nella lotta per il socialismo-comunismo.
II


Un importante contributo del compagno Manuel Marulanda è la sua ferrea determinazione al diritto dei popoli all'esercizio della violenza rivoluzionaria contro i loro oppressori; diritto condannato da sempre da tutte le classi dominanti.

Col sangue e col fuoco nel corso della storia si è imposta ogni classe dominante e sull'esercizio e sull'organizzazione della violenza è sorto lo Stato, garanzia per esercitare il potere sulla maggioranza sfruttata e oppressa. Con la violenza si è imposta la colonizzazione, il saccheggio e lo sterminio dei popoli; con la violenza si è imposto il capitalismo, che è venuto al Mondo spargendo sangue e fango da tutti i suoi pori; ma all'oppresso, che si chiami schiavo negro, indio o proletario, è stato negato il diritto di esercitarla per lottare per la sua libertà. Sono stati condannati per sovversione, per ribellione, per insurrezione, per violenza o nel perverso linguaggio contemporaneo, sono stati definiti "terroristi". Ma la violenza rivoluzionaria è parte della Storia e sarà sempre precondizione delle trasformazioni profonde che si richiedono immediatamente per costruire società senza sfruttati né sfruttatori; coloro che rinunciano a questo diritto, rinunciano alle possibilità trasformatrici, rinunciano alla Rivoluzione.

Finché lo Stato si trova in mano agli sfruttatori, oggi dei borghesi, la dittatura di classe richiederà della violenza per mantenersi al potere; la storia delle classi oppresse e dei nostri stessi popoli ci insegna che una componente di qualsiasi lotta emancipatrice è la disputa anche in questo terreno.

E' per questo che per il Partito Comunista del Messico il Diritto universale dei popoli alla ribellione armata è di piena vigenza, preceduto sempre dal lavoro tra la classe operaia, con la partecipazione massiccia degli sfruttati, con un programma rivoluzionario e in funzione della conquista di una vita migliore, del potere operaio e popolare, del socialismo-comunismo.

Proletari di tutti i paesi, unitevi!

Il Comitato Centrale del Partito Comunista del Messico



La vida y obra de Manuel Marulanda, ejemplo para los comunistas de México

El 26 de Marzo del 2008 murió el camarada Comandante Manuel Marulanda Vélez, fundador y dirigente, hasta su muerte, de las FARC-EP; en reconocimiento a su memoria esa fecha fue proclamada por varias fuerzas revolucionarias como el Día del derecho universal de los pueblos a la rebelión armada. 
Hoy queremos reiterar la vigencia de ese planteamiento, al tiempo que rendir homenaje al camarada Marulanda, al comunista y revolucionario, al héroe continental en la lucha de nuestros pueblos contra el imperialismo y la explotación, al jefe revolucionario que siempre buscó la senda de la emancipación y el socialismo para los obreros y campesinos de su país y para los trabajadores del Mundo.
I
El Comandante Manuel Marulanda entregó su vida a la causa de la Revolución colombiana, desde su temprana juventud qué se vinculó a la lucha de los campesinos y trabajadores agrícolas qué enfrentando la violencia estatal tuvieron que armarse para defender su vida, conquistar derechos y luchar organizadamente por una Colombia nueva, desde la embrionaria pero heroica resistencia en Marquetalia hasta convertirse en el ejército del pueblo que son las Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia. Enfrentó exitosamente a la oligarquía colombiana, y a las distintas intervenciones del imperialismo norteamericano por varias décadas, incluido el colosal Plan Colombia, con millonario presupuesto y confesos propósitos contrainsurgentes que inundó de terror y sangre al pueblo con bases militares norteamericanas, armamento y asesoría al criminal ejército colombiano, diversos cuerpos paramilitares con métodos barbaros para asesinar masivamente a dirigentes sindicales, campesinos, sociales, estudiantiles y al pueblo en general. Por casi medio siglo al frente de una fuerza revolucionaria el Comandante Manuel Marulanda no sólo resistió, sino qué tal fuerza se convirtió en la alternativa política y militar de los trabajadores y el pueblo oprimido.
Es el Comandante Manuel Marulanda un héroe, no tan solo por sus cualidades individuales cómo revolucionario, por su pureza de ideales, sus capacidades de cuadro comunista, su elevada estatura como estratega y jefe político y militar, su creatividad para innovar y mantener -conforme a las condiciones concretas- la doctrina, la estrategia y la táctica de la guerra de guerrillas móviles y el movimiento clandestino de masas. Una importante contribución fue la de resignificar la táctica leninista de la combinación de todas las formas de lucha, con la premisa de dar cauce a la expresión de las masas explotadas y oprimidas, tanto en la Unión Patriótica, como el Movimiento Bolivariano por una Nueva Colombia, y en innumerables expresiones de organización que se han diseminado por la iniciativa de los revolucionarios o siguiendo su ejemplo. Es un héroe el Comandante Manuel Marulanda porqué supo fundirse en los intereses colectivos, trascender la temporalidad de su propia vida a la expresión de la sociedad futura que hoy lucha organizada en Partido Comunista y en Ejército del Pueblo.
Es el Comandante Manuel Marulanda el ejemplo de hombre de Partido: disciplinado, coherente, orgánico, militante, forjador de cuadros, constructor del PCCC, vanguardia revolucionaria del pueblo colombiano. El marxista-leninista que supo levantar la bandera roja del ideal socialista cuando en la dura noche contrarrevolucionaria de los 90 muchos abjuraban, renunciaban o se arrojaban a los brazos del enemigo de clase. Es a través del Partido que la esperanza emancipatoria de los trabajadores y el pueblo colombiano se mantiene viva.
El Comandante Manuel Marulanda fue leal al internacionalismo, comprendiendo la necesidad de lazos solidarios y vínculos indestructibles entre los comunistas y revolucionarios del Mundo, contribuyendo particularmente a esa tarea en Latinoamérica.
Nunca un revolucionario de nuestro Continente fue tan calumniado y perseguido como el camarada Manuel Marulanda; nunca se destinaron tantos recursos, y por tantas décadas, a la persecución de un comunista, como los dedicados contra el camarada Manuel. El imperialismo lo declaró enemigo jurado, y ese honor nunca lo abandonó. Siempre rebelde, siempre revolucionario, jamás tuvo gestos de genuflexión frente a la oligarquía.
Y su obra y nombre van siempre asociados al colectivo que es su Partido y su ejército, y a su clase, y a su pueblo, y también a la vida de sus ejemplares camaradas Jacobo Arenas, Alfonso Cano, Raúl Reyes, Iván Ríos, Jorge Briceño, entre otros que con su propia vida sellaron su compromiso con la Revolución Socialista.
El Partido Comunista de México insiste en que la grandeza de la vida y obra del Comandante Manuel Marulanda es equiparable con la de los independentistas del Siglo XIX, que bregaron por la descolonización de América, y con la de revolucionarios que como Emiliano Zapata, Francisco Villa, Ernesto Guevara y Fidel Castro han luchado en siglo XX por la justicia y la emancipación. Es un ejemplo para los comunistas y revolucionarios del Siglo XXI en la lucha por el socialismo-comunismo.
II
Una importante contribución del camarada Manuel Marulanda es su férrea determinación sobre el derecho de los pueblos al ejercicio de la violencia revolucionaria contra sus opresores; derecho condenado desde siempre por las clases dominantes.
A sangre y fuego se impuso a los largo de la historia cada clase dominante y sobre el ejercicio y la organización de la violencia surgió el Estado, garantía para ejercer el poder sobre la mayoría explotada y oprimida. Con violencia se impuso la colonización, el saqueo y exterminio de los pueblos; con violencia se impuso el capitalismo, que vino al Mundo chorreando sangre y lodo por todos sus poros; pero al oprimido, llámese esclavo negro, indio o proletario le fue negado el derecho a ejercerla para luchar por su libertad. Se les condenó por subversivos, por rebeldes, por insumisos, por violentos, o en el perverso lenguaje contemporáneo, se les llamó “terroristas”. Pero la violencia revolucionaria es partera de la Historia, y será siempre precondición de las transformaciones profundas que se requieren sin dilación para construir sociedades sin explotados ni explotadores; quien renuncia a ese derecho, renuncia a las posibilidades transformadoras, renuncia a la Revolución.
Mientras el Estado se encuentre en mano de los explotadores, en nuestro día los burgueses, la dictadura de clase requerirá de la violencia para mantenerse en el poder; la historia de las clase oprimidas y de nuestros propios pueblos nos alecciona en que un componente de cualquier lucha emancipatoria es la disputa también en ese terreno.
Es por ello que para el Partido Comunista de México el Derecho universal de los pueblos a la rebelión armada es de plena vigencia, precedido siempre del trabajo entre la clase obrera, con la participación masiva de los explotados, con un programa revolucionario, y en función de conquistar una vida mejor, el poder obrero y popular, el socialismo-comunismo.



¡Proletarios de todos los países, uníos!
El Comité Central del Partido Comunista de México

Tratto da :
Partito Comunista del Messico (PCM) | comunistas-mexicanos.org
redatto da Resistenze.org tradotto dal Centro di Cultura e Documentazione Popolare