venerdì 21 dicembre 2018

Appello del Partito Popolare Palestinese per la solidarietà / Palestinian PP, Call for solidarity




Ai partiti comunisti e operai

L'aggressione israeliana contro il popolo palestinese è in aumento.

L'esercito di occupazione israeliano irrompe quotidianamente nelle città e villaggi "in particolare a Ramallah" e compie esecuzioni sul campo contro i palestinesi con vari pretesti.

Masse di coloni nei Territori occupati palestinesi "illegali secondo la legge internazionale" stanno intensificando i loro attacchi contro i cittadini Palestinesi e le loro proprietà.

L'assedio della Striscia di Gaza continua per il dodicesimo anno con l'uccisione di giovani manifestanti palestinesi disarmati da parte dell'esercito israeliano.

Tutte queste pratiche sono attuate dal governo dell'estrema destra in Israele, sostenuto dalle potenze imperialiste mondiali, in particolare dall'amministrazione Trump negli Stati Uniti.

Il Partito Popolare Palestinese invita i partiti comunisti e operai ad esprimere solidarietà al nostro popolo in tutti i modi possibili, a condannare l'aggressione israeliana e a formare un'opinione pubblica per fermare l'aggressione contro il popolo palestinese, per porre fine all'occupazione e per l'istituzione dello Stato indipendente palestinese entro i confini del 4 giugno 1967, con Gerusalemme Est come capitale, per l'attuazione delle risoluzioni ONU relative alla questione palestinese e la soluzione della questione dei rifugiati in conformità con la risoluzione 194 dell'ONU.

Partito Popolare Palestinese (PPP) | solidnet.org
Traduzione per 
Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

PPP, Ramallah dicembre 2018

Palestinian PP, Call for solidarity
To the communist and workers parties  
Israeli aggression against the Palestinian people is escalating,
 The Israeli occupation army raided Palestinian cities and villages “ especially Ramallah”  on a daily basis and carried out field executions against the Palestinians  with various pretexts.
The herds of settlers in the occupied Palestinian territories  “ who are illegal according to the international law “ are stepping up their attacks against Palestinian citizens and their properties
The siege of the Gaza Strip continues for the twelfth year with killing of young unarmed Palestinian protesters by Israeli army.
All these practices are carried out by the government of the extreme right in Israel, supported by the imperialist world powers, especially the Trump administration in the United States. 
The Palestinian People's Party calls upon the communist and workers parties to express solidarity with our people in all possible ways and to condemn the Israeli aggression and to form a public opinion to stop the aggression against the Palestinian people and  to end   the occupation and establishment of the independent Palestinian state within the borders of 4 June 1967 with East Jerusalem as its capital and implementing the  UN resolutions related to the Palestinian problem  and solving the issue of  refugees in accordance with UN resolution 194.

PPP, Ramallah   December 14th  2018

sabato 4 agosto 2018

Bono (U2) e la CIA: il pericolo delle celebrità attiviste. -Thomas C. Mountain, AHTribune


Bono Vox ( U2 ) a dirigere la sua ONG “ONE” ha posto un capo dell’intelligence degli USA ”, ha scelto Gayle Smith, Senior Director del National Security Council e Special Advisor del presidente Barack Obama, solita dire alla CIA cosa fare… ..E pensare che nel fine 70 primi ’80 in pieno  post punk gli U2 erano un gruppo che attaccava il sistema, lottava contro l’apartheid in Sudafrica, era a fianco dei disoccupati e  dei senza voce…, poi come spesso accade , se non c’è testa il benessere stravolge l’individuo e mostra i limiti dell’uomo venuto dal nulla..... Da ricordare inoltre che che Bono è anche nelle liste dei Panama Papers.
                                                                    Sandino




Bono e la CIA: il pericolo delle celebrità attiviste
Thomas C. Mountain, AHTribune
Bono degli U2 ha preso un capo dell’intelligence degli Stati Uniti per gestire la sua ONG “One”, scegliendo Gayle Smith, Senior Director del National Security Council e Special Advisor del presidente Barack Obama, solita dire alla CIA cosa fare, in particolare quando arrivò in Africa. La signora Smith, conosciuta anche come “la discreta consigliera di Obama”, è tristemente famosa per l’elogio su oltre 30 anni di amicizia, al funerale di Meles Zenawi, oggi “la persona più odiata ” in Etiopia. Già a capo dell’USAID, noto a Cuba come USCIA, Smith non perse tempo ad entrare nell’agenzia. Appena uscita dal college fu per anni “giornalista” (preti e giornalisti sono due delle coperture preferite della CIA) nel Corno d’Africa. Dopo anni passati “dove la diarrea è uno stile di vita”, divenne la favorita di Madeline Albright e fu messa a Capo dello Staff dell’USAID nel 1994, solo tre anni dopo aver terminato la carriera di giornalista. Pensateci, “giornalista premiata” per aver controllato giorno per giorno circa 10000 dipendenti e miliardi di dollari da spendere in soli 3 anni? USAID o USCIA? Bono, che di recente fu costretto a scusarsi dopo che una dello staff della sua “One” in Sud Africa li aveva citati per molestie sessuali, si assicura che chi lavora per le sue buone cause sia ben compensato, almeno al vertice, dove Smith prende quasi 500000 dollari all’anno. A proposito di etica, Bono compare nei Panama Papers, ehi, il tipo odia le tasse, e chi no?
Ovviamente per le ONG che combattono dal lato giusto, salari grassi e benefici succosi sono “spese generali” rappresentanti il 50% o più delle spese totali. Gayle Smith collegò la CIA e una lista impressionante di ONG e fu responsabile della fondazione del Center for American Progress, il cui capo, John Podesta, presiedette la campagna di Hillary Clinton 2016. Poi ci fu il progetto Basta, come “Basta coi piani della CIA in Africa” col suo portavoce George Clooney, fondato da Smith e famigerato per aver qualche volta avuto il coraggio di sdegnarsi per qualche crimine in Africa, spesso questione di molto tempo fa. Il nome John Prendergast allarma?
Smith dimostrò il suo valore nel 1998-2000 alla Mafia dei Clinton come capo dell’ufficio Africa al Consiglio di sicurezza nazionale di Tony Lake, consigliere per la sicurezza nazionale di Clinton, quando il governo etiopico del gangster Meles Zenawi invase l’Eritrea, un crimine di cui l’attuale premier etiopico si è scusato, e che causò 150000 morti e un 40% di rifugiati eritrei; Gayle Smith e Tony Lake volevano mettere in ginocchio l’Eritrea appena indipendente cercando di usare l’Etiopia per il lavoro sporco. E quando la guerra non andò bene presentarono le sanzioni al Consiglio di sicurezza dell’ONU contro l’Eritrea nel 2009, quando Smith ritornò alla Casa Bianca come “mano destra di Barry O’Bomber” e vide che Susan Rice si scatenò all’ONU minacciando e convincendo per avere abbastanza voti al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
La storia della maggior parte dei crimini diretti da Gayle Smith è sepolta nelle viscere della comunità d’intelligence degli Stati Uniti, con ancora ignoto atti di sabotaggio e destabilizzazione commessi dagli “umanitari” che lavorano per l’USAID nei luoghi politicamente problematici del pianeta. Una cosa è certa, quando attivisti celebri come Bono e George Clooney sono nel terzo mondo, chi beneficia della loro beneficenza dovrebbe fare attenzione ai lupi celebri travestiti da pecore.
Traduzione di Alessandro Lattanzio
tratto da :


sabato 2 giugno 2018

Nicaragua :”Quando le menzogne vincono e diventano realtà” / Nicaragua : cuando las mentiras ganan y se convierten en realidad “aceptada



La mobilitazione ‘azul y blanco’ del 30 maggio per le madri di (una parte) delle vittime degli scontri che hanno afflitto il Nicaragua nelle ultime sei settimane è stata gigantesca. Quasi impossibile calcolare il numero di persone che hanno deciso di uscire per le strade e camminare pacificamente attraverso l'autostrada centrale fino a Masaya.
In parallelo, sul viale da Chávez a Bolívar, che divide la capitale in due e raggiunge il lago Xolotlán, il partito governativo convocava la sua militanza per celebrare la festa della mamma con una cantata. Anche qui una folla di persone che canta e scandisce slogan. Non tutti sono riusciti ad arrivare. Il convoglio di autobus che veniva dal nord del paese a #Managua è stato attaccato con armi da fuoco da persone sconosciute. Al momento il saldo è di un morto e almeno 22 feriti, alcuni gravemente.
Mentre la mobilitazione ‘azul y blanco’ arrivava senza grossi problemi fino alla concentrazione finale (Universidad Centroamericana UCA), e a meno di un chilometro il presidente Daniel Ortega concludeva il suo intervento invocando ripetutamente la pace, gruppi di dimostranti 'pacifici' si avvicinavano al nuovo stadio nazionale di baseball, entrando in contatto con attivisti del Fronte Sandinista di ritorno dall’attività ‘oficialista’.
Creare lo scontro è stato molto semplice. Subito dopo, gli stessi manifestanti pacifici (ci sono immagini molto chiare di come caricavano le armi e sparavano) attaccavano le installazioni dello stadio e il contingente di polizia in custodia del luogo. Nello scambio di colpi ci sono stati i primi morti e feriti da entrambe le parti, tra cui due giovani militanti sandinisti, Kevin Antonio Cofin Reyes e Heriberto Maudiel Pérez Díaz.
Lo scontro è continuato per lunghi minuti, mentre i gruppi d’assalto dell'opposizione (il termine non è propriamente corretto, perché ci sono settori dell'opposizione che puntano ancora su una soluzione pacifica e negoziata al conflitto) si sono ritirati verso l'UCA, dove migliaia di persone si trovavano in totale tranquillità.
E mentre le prime barricate sono state erette nei pressi dell'Università di Ingegneria (UNI), a poche centinaia di metri dallo stadio, la piattaforma mediatica #SOSNicaragua e simili hanno lanciato il loro attacco tramite i social network, saturando in pochi minuti l'etere e superando la capacità dei media ufficiali di raccontare cosa stava realmente accadendo.
Le reti si impongono
Ancora una volta, il Nicaragua torna ad essere il ‘país de nunca jamás’, in ostaggio di una realtà fittizia che si muove al ritmo dei social network, dove la realtà virtuale può contare più della realtà reale. Dove le vittime sono carnefici e i provocatori armati sono pacifici dimostranti. Dove la massa di persone che in forma autoconvocata, genuina e rispettosa della pace si mobilita per la democrazia viene trasformata in carne da macello, in "danno collaterale" per raggiungere l'obiettivo finale: spazzare via il governo, a tutti i costi.
Si diffonde il panico. Migliaia di persone corrono senza una direzione, molti si rifugiano nell'UCA. Ci sono morti e feriti. Per rappresaglia, gli stessi "manifestanti pacifici" attaccano di nuovo l’emittente radiofonica vicina al governo Radio Ya, bruciano, saccheggiano e distruggono ciò che ne è rimasto. Poi vanno alla Caja Rural Nacional (Caruna), una cooperativa che da anni gestisce fondi ALBA per progetti sociali di cui hanno beneficiato migliaia di famiglie. Attaccano le strutture e bruciano tutto, compresi i veicoli parcheggiati.
Non contenti, attaccano l'edificio del Ministero dell’Economia Familiare. A Masaya distruggono gli uffici di Renta, saccheggiano negozi e attività commerciali. A Estelí cercano di distruggere il municipio, ma vengono respinti da gruppi di cittadini. Ci sono morti e feriti.
Ma non importa. Come abbiamo detto, la realtà virtuale è più forte. Media nazionali e internazionali, organizzazioni per i diritti umani, rettori universitari e persino vescovi che compongono la Commissione di Mediazione per il Dialogo Nazionale riproducono automaticamente (senza la minima prova) ciò che arriva sul cellulare o computer attraverso #SOSNicaragua e #NicaraguaSOS: un massacro del governo.
Nessuno menziona che ci sono morti da entrambe le parti, che ci sono poliziotti morti, che ci sono morti nella carovana che è stata attaccata a La Realidad, Estelí.
Nessuno si chiede cosa stessero facendo i dimostranti armati vicino allo stadio, a meno di due isolati da dove sarebbero passati gli attivisti sandinisti. Nessuno parla di quello che è successo a Masaya e Estelí.
Tutto è inghiottito dall'indifferenza. I giornali del mondo oggi ripetono all'unisono la stessa cosa: è stato un massacro del governo.
Vediamo El País, il cui articolista lavora presso Confidencial - il principale portale elettronico dell’opposizione - come descrive la giornata di ieri:
«l presidente Daniel Ortega ha mostrato il suo volto più brutale mercoledì pomeriggio in Nicaragua, dopo aver ordinato l'attacco a una gigantesca manifestazione guidata dalle madri delle vittime della repressione di aprile in questo paese. Numerosi testimoni hanno riferito che i sostenitori del Fronte sandinista, i gruppi paramilitari e la polizia antisommossa hanno sparato sui manifestanti, che hanno marciato disarmati lungo l'autostrada Masaya a Managua. L'attacco ha lasciato a Managua dozzine di feriti e almeno sei morti, tra cui un adolescente di 15 anni».
La verità non ha più importanza. La realtà reale diventa virtuale o è il contrario. Chi lo sa?
Chi trae profitto dal caos?
La domanda è: a chi giova il caos e le morti? È così ovvio che è quasi spaventoso vedere la mancanza di analisi in questo momento, non solo in Nicaragua, ma a livello internazionale.
Vediamo.
C'è un governo che ha mostrato la volontà di sedersi a un tavolo di dialogo, consentire l'accesso al paese di organizzazioni internazionali per i diritti umani (anche le più ostili e parziali come Amnesty International) per indagare e preparare rapporti, di conformarsi alle 15 raccomandazioni della Commissione Interamericana per i Diritti Umani (IACHR), per discutere la questione della democratizzazione del paese che include le riforme elettorali e anticipo delle elezioni (purché non sia infranto l'ordine costituzionale).
Ci sono settori della società che, dal tavolo dei negoziati, hanno accettato questa strada e condividono apertamente la posizione dell'Organizzazione degli Stati americani (OAS) e del suo segretario generale, Luis Almagro. Tutti loro vedono il dialogo nazionale come l'unica via possibile per uscire dal conflitto.
Ma ci sono anche settori dell’autoproclamata società civile, movimenti politici ultra conservatori senza rappresentanza popolare, settori conservatori della gerarchia cattolica e imprese private, studenti scioccati dalla morte e altri che sono la punta di lancia di movimenti che cercano di capitalizzare politicamente la crisi, che puntano a un solo obiettivo: le dimissioni incondizionate di Ortega, del suo governo e di tutte le autorità pubbliche legalmente elette. Settori che guardano al dialogo come un ostacolo al loro progetto, alla loro vendetta (anche di questo si tratta). Settori già infiltrati da elementi violenti.
Ritorno alla domanda. Chi approfitta di questa situazione di violenza e caos?
Forse a un governo che sta aprendo spazi per il dialogo e la negoziazione? A un’opposizione disposta a negoziare e concordare misure per "democratizzare" il paese, seguendo le proposte dell'OSA? Non penso, non ha senso.
Chi allora? La risposta è tanto facile quanto assurda che così tante persone si innamorano di questa bufala fantascientifica. Perché se c'è una cosa certa, è che la prossima mobilitazione dell'opposizione sarà ancora più grande, più gigantesca. E ci saranno probabilmente più 'danni collaterali’.
Continuando su questa strada, mettendo nell’angolo e lasciando senza vie d’uscita un governo e un partito organizzato ed esperto come il Fronte Sandinista è pericoloso. Il timore è che generare una risposta violenta della massa sandinista sia ciò che questi settori perseguono, per poi capitalizzare lo sgomento mondiale.
Dobbiamo tornare al dialogo, alle riforme, al rispetto dell'ordine democratico e costituzionale. Solo isolando i settori che vogliono capitalizzare crisi e caos, il Nicaragua sarà in grado di provare a uscire dal pantano. Dobbiamo dare una possibilità alla pace.

(Traduzione dallo spagnolo per l’AntiDiplomatico di Fabrizio Verde)


Nicaragua : cuando las mentiras ganan y se convierten en realidad “aceptada /

La movilización ‘azul y blanco’ de este 30 de mayo para las madres de (una parte) de las víctimas de los enfrentamientos que durante las últimas seis semanas han enlutado a Nicaragua ha sido gigantesca. Casi imposible calcular la cantidad de gente que decidió salir a las calles y caminar pacíficamente por la céntrica carretera a Masaya.

Paralelamente, en la avenida de Chávez a Bolívar, que parte en dos la capital y llega hasta el Lago Xolotlán, el partido de gobierno convocaba a su militancia para celebrar con una cantata el Día de la Madre. También aquí una multitud de gente cantando y coreando consignas. No todos pudieron llegar. La caravana de buses que venía del norte del país rumbo a Managua fue atacada con armas de fuego por desconocidos. Al momento el saldo es de un muerto y al menos 22 heridos, algunos de gravedad.

Mientras la movilización ‘azul y blanco’ llegaba sin mayores problemas al punto de reconcentración final (la Universidad Centroamericana UCA), y a menos de un kilómetro el presidente Daniel Ortega concluía su intervención llamando repetidamente a la paz, grupos de manifestantes ‘pacíficos’ se acercaban al nuevo estadio nacional de béisbol, entrando en contacto con activistas del Frente Sandinista que regresaban de la actividad oficialista.

Armar el enfrentamiento ha sido algo muy sencillo. Acto seguido, los mismos manifestantes pacíficos (hay imágenes muy claras de cómo cargaban armas y disparaban) atacaban las instalaciones del estadio y al contingente de policías que resguardaban el lugar. En el intercambio de disparos hubo los primeros muertos y heridos de ambos lados, incluyendo a dos jóvenes militantes sandinistas Kevin Antonio Cofin Reyes y Heriberto Maudiel Pérez Díaz.

El enfrentamiento continuó por largos minutos, mientras los grupos de choque de la oposición (el termino no es propiamente correcto, porque hay sectores de la oposición que todavía apuestan por una salida pacífica y negociada al conflicto) se replegaban hacia la UCA, donde miles de personas permanecían en total tranquilidad.

Y mientras se levantaban las primeras barricadas cerca de la Universidad de Ingeniería (UNI), a pocos centenares de metros del estadio, la plataforma mediática #SOSNicaragua y similares lanzaban su ataque en las redes sociales, copando en pocos minutos el éter y rebasando la capacidad de los medios oficialistas de contar lo que verdaderamente estaba ocurriendo.

Se imponen las redes

Una vez más, Nicaragua volvía a ser el ‘país de nunca jamás’, rehén de una realidad ficticia que se mueve al ritmo de las redes sociales, donde la realidad virtual puede más que la realidad real. Donde las víctimas son verdugos y los provocadores armados son manifestantes pacíficos. Donde la masa de gente que de forma autoconvocada, genuina y respetuosa de la paz se moviliza por la democracia es convertida en carne de cañón, en ‘daño colateral’ para lograr el objetivo final: botar al gobierno, cueste lo que cueste.

Cunde el pánico. Miles de personas corren sin rumbo, muchas de ellas se refugian en la UCA. Hay muertos y heridos. En represalia, los mismos ‘manifestantes pacíficos’ atacan nuevamente la oficialista Nueva Radio Ya, queman, saquean y destruyen lo que quedaba de ella. Luego pasan a la Caja Rural Nacional (Caruna), cooperativa que por años ha administrado los fondos ALBA para proyectos sociales que han beneficiado a miles de familias. Atacan las instalaciones y queman todo, incluyendo a vehículos parqueados.

No contentos, atacan el edificio del Ministerio de Economía Familiar. En Masaya destruyen las oficinas de Renta, saquean tiendas y negocios. En Estelí tratan de destruir los locales de la alcaldía y de Renta, pero son rechazados por grupos de ciudadanos. Hay muertos y heridos.

Pero no importa. Como hemos dicho, la realidad virtual es más fuerte. Medios nacionales e internacionales, organizaciones de derechos humanos, rectores de universidades y hasta obispos que integran la Comisión Mediadora del Diálogo Nacional reproducen automáticamente (sin la más mínima prueba) lo que les llega a su celular o computadora por #SOSNicaragua y #NicaraguaSOS: es una masacre del gobierno.

Nadie menciona que hay muertos de ambos lados, que hay policías muertos, que hay muertos en la caravana que fue atacada en La Realidad, Estelí. Nadie se pregunta qué estaban haciendo manifestantes armados cerca del estadio, a menos de dos cuadras de donde iban a pasar los activistas sandinistas. Nadie habla de lo que pasó en Masaya y Estelí.

Todo se lo traga la indiferencia. Los periódicos del mundo hoy repiten al unísono lo mismo: fue una masacre del gobierno.

Veamos El País -cuyo articulista trabaja en Confidencial, el principal portal electrónico de la oposición- como describe la jornada de ayer:

“El presidente Daniel Ortega mostró su rostro más brutal la tarde del miércoles en Nicaragua, tras ordenar el ataque a una gigantesca manifestación encabezada por las madres de las víctimas de la represión de abril en este país. Numerosos testigos informaron que seguidores del Frente Sandinista, grupos parapoliciales y oficiales antidisturbios dispararon contra los manifestantes, que marchaban desarmados por la céntrica Carretera a Masaya de Managua. El ataque ha dejado decenas de heridos y al menos seis muertos en Managua, entre ellos un adolescente de 15 años”.

Ya no importa la verdad. La realidad real se convierte en virtual o es todo lo contrario. Quién sabe.

¿Quién trae provecho del caos?

La pregunta es: ¿a quién benefician el caos y las muertes? Es algo tan obvio que casi asusta ver la falta de análisis en este momento, no sólo en Nicaragua, sino a nivel internacional.

Veamos.

Hay un gobierno que ha mostrado estar dispuesto a sentarse a una mesa de diálogo, a permitir el acceso al país de organismos internacionales de derechos humanos (hasta los más hostiles y parciales como Amnistía Internacional) para que investiguen y elaboren informes, a acatar las 15 recomendaciones de la Comisión Interamericana de Derechos Humanos (CIDH), a discutir el tema de la democratización del país que incluye reformas electorales y adelanto de elecciones (siempre y cuando no rompa el orden constitucional).

Hay sectores de la sociedad que, desde la mesa de negociación, han aceptado este camino y que comparten abiertamente la posición de la Organización de Estados Americanos (OEA) y de su secretario general Luis Almagro. Todos ellos ven el diálogo nacional como la única salida posible al conflicto.

Pero también hay sectores de la autodenominada sociedad civil, movimientos políticos ultra conservadores sin representatividad popular, sectores conservadores de la jerarquía católica y la empresa privada, estudiantes conmocionados por las muertes y otros que son punta de lanza de movimientos que pretenden capitalizar políticamente la crisis, que apuntan a una sola cosa: la renuncia incondicional de Ortega, de su gobierno y de todas las autoridades públicas legalmente electas. Sectores que miran al diálogo como un obstáculo a su proyecto, a su venganza (de eso también se trata). Sectores que ya están infiltrados por elementos violentos.

Vuelvo a la pregunta. ¿quién saca provecho de esta situación de violencia y caos?

¿Acaso un gobierno que está abriendo espacios de diálogo y negociación? ¿Una oposición dispuesta a negociar y consensuar medidas para ‘democratizar’ el país, siguiendo los planteamientos de la OEA? No creo, no tiene sentido.

¿Quién entonces? La respuesta es tan fácil como es tan absurdo que tanta gente caiga en este engaño de ciencia ficción. Porque si hay algo seguro es que la próxima movilización de la oposición será aún más grande, más gigantesca. Y posiblemente habrá más ‘daños colaterales’.

Seguir este camino, arrinconando y dejando sin salida a un gobierno y a un partido organizado y experto como el Frente Sandinista es peligroso. El temor es que generar una respuesta violenta de la masa sandinista sea lo que estos sectores persiguen, para luego capitalizar la conmoción mundial.

Hay que volver al diálogo, a las reformas, al respeto del orden democrático y constitucional. Solamente aislando a los sectores que quieren capitalizar crisis y caos, Nicaragua podrá intentar salir del atolladero. Hay que dar una oportunidad a la paz.

Original:

 Foto 2:



venerdì 11 maggio 2018

Siempre con FIDEL - "Discorso pronunciato da Fidel all’ ONU il 22 ottobre 1995 nella solenne sessione commemorativa del cinquantenario

Signor Presidente
Signor Segretario Generale
Eccellenze

Mezzo secolo fa si costituirono le Nazioni Unite dopo una terribile guerra ,nella quale andarono perdute in media, ogni anno, nelle fasi più intense, 10 milioni di vite. Oggi, 20 milioni di uomini, donne e bambini muoiono ogni hanno di fame e di malattie curabili.

Alcuni popoli ricchi hanno prospettive di vita fino ad 80 anni. Altri raggiungono appena i 40.

Sono miliardi ai quali si tronca la vita. Fino a quando dovremo attendere perche cessi questa strage?
Ha avuto termine la guerra fredda, ma continua la corsa agli armamenti e si mantiene l’egemonismo militare e nucleare.

Fino a quando si dovrà attendere per la messa al bando totale di tutte le armi di sterminio di massa per il disarmo universale e l’eliminazione dell’uso della forza, della prepotenza e delle pressioni nelle relazioni internazionali?

L’anacronismo privilegio del veto e l’uso abusivo del Consiglio di Sicurezza da parte dei potenti che instaurano un nuovo colonialismo nelle stesse Nazioni Unite.
L’America Latina e l’Africa non hanno un solo membro permanente nel Consiglio di Sicurezza. L’India in Asia, con quasi un miliardo di abitanti non vanta responsabilità.

Fino a quando si dovrà attendere prima che divengano realtà la democratizzazione delle nazioni Unite, l’indipendenza e parità sovrana degli stati, il non intervento nei loro affari interni e la vera cooperazione internazionale???

discorso all'ONU
I prodigiosi avanzamenti della scienza e della tecnologia si moltiplicano giorno per giorno, ma i loro benefici non giungono alla maggioranza dell’umanità, rimangono fondamentalmente al servizio del consumismo irrazionale de dilapida risorse limitate e minaccia gravemente il pianeta.
Fino a quando si dovrà attendere perché si abbia razionalità, equità e giustizia nel mondo??

Si riducono i boschi, si avvelena l’aria, si inquinano i fiumi. Innumerevoli specie di piante e animali si estinguono, i terreni si impoveriscono, antiche e nuove epidemie si estendono mentre la popolazione cresce e si moltiplicano le legioni degli espropriati.

Le prossime generazioni raggiungeranno la terra promessa mezzo secolo fa??

Quante centinaia di milioni di persone sono già morte senza contemplarla??

Quante vittime dell’oppressione e del blocco, della povertà, della fame, e della insularità ?

Quanti ancora dovranno cadere?

Vogliamo un Mondo
Senza egemonismo,
Senza armi nucleari,
Senza interventismi,
Senza razzismo,
Senza odi nazionali o religiosi,
Senza oltraggi alla sovranità di nessun paese, con il rispetto dell’indipendenza e dell’autodeterminazione dei popoli,
Senza modelli universali che non tengano in considerazione le tradizioni e la cultura di tutte le componenti dell’umanità, 
Senza crudeli embarghi che uccidono uomini donne e bambini, giovani e anziani come silenziose bombe atomiche.

Vogliamo un mondo di pace, giustizia e dignità in cui tutti, senza alcuna eccezione abbiano diritto al benessere e alla vita.
Quadro esposto nel salone ICAP  di Santa Clara 
AP Santa Clara

martedì 8 maggio 2018

NO AL GIRO D'ITALIA SPORCO DI SANGUE! NO ALL’APARTHEID! L’Umbria di pace:NO al complice silenzio sul genocidio dei Palestinesi



Riceviamo dal Comitato BDS Umbria e diffondiamo :

Anche nella nostra Regione, come altrove in Italia, nasce un Comitato in appoggio alla campagna mondiale "Giro d'Italia, non pedalare per i crimini israeliani, CAMBIA GIRO!", indetta da BDS-Italia, movimento nato nel 2005 da un appello della società civile palestinese per Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni contro lo Stato di Israele finché non cesseranno l'occupazione e l'apartheid contro il popolo palestinese. 
Quest'anno il Giro d'Italia è partito il 4 maggio da Gerusalemme, con 3 tappe sui territori palestinesi occupati da Israele, che dalla sua nascita, ha violato ben 73 Risoluzioni dell'ONU, e che in questi giorni sta continuando ad uccidere (dal 30 marzo si contano 49 morti e 6793 feriti, dei quali circa la metà colpiti alle ginocchia da “strani” proiettili che causano infezioni, paralisi e amputazioni).
Non stupisce, conosciamo ormai la tattica politica di Israele che, al fine di contrastare il successo delle campagne del BDS (una lotta pacifica, di boicottaggio, che già riuscì a vincere contro il Sudafrica dell’apartheid),si mostra internazionalmente iperattivo nel cogliere ogni opportunità -nelle arti, nelle università, nello sport, ecc.- per mostrare la pretesa normalità di un “volto umano” e conquistarsi legittimità e consenso, arrivando poi addirittura a piangersi vittima della resistenza palestinese all’occupazione e alla repressione.
Stupisce invece il Giro d'Italia che, grazie ai 12 milioni di euro ricevuti da Israele, è passato a fianco dei muri dell’apartheid e addirittura simpaticamente ha attraversato un chek-point, è passato a fianco di un popolo cui non si permette di esercitare nemmeno il diritto umano allo sport… senza accorgersene!
Il Giro d'Italia transita nella nostra Regione mentre in Palestina si ricorda la NAKBA, la "catastrofe", quando 700.000 palestinesi furono cacciati dalle proprie case e terre e trasformati in profughi, nel biennio 1948–1949. E mentre al-Dali, ciclista della Federazione Palestinese di Ciclismo, designato a gareggiare nei Giochi Asiatici 2018 in Indonesia, ha dovuto subire l’amputazione di una gamba in seguito ad un proiettile esplodente sparato dai cecchini israeliani al confine con Gaza, la stessa sorte subita da altri 5 atleti.
Aggrediti da un sistematico piano di pulizia etnica i Palestinesi non rinunciano.

Noi vogliamo essere con loro, con chi non si è arreso.
Noi non vogliamo essere complicidi un genocidio.
Noi SIAMO GLI UMBRI della VERA PACE e dei DIRITTI.

Invitiamo i cittadini, le organizzazioni e associazioni ad aderire al Comitato e a partecipare al prossimo incontro mercoledì 9 maggio h 20,in Via Della Tornetta 7 (Porta Santa Susanna),Perugia(nei pressi del parcheggio Pellini).


Comitato BDS-Umbria 
per info e/o adesioni: comitatobdsumbria@gmail.com

Potete mettere il vostro mi piace sulla pagina : Comitato BDS Umbria

mercoledì 11 aprile 2018

Chi saranno le figure delle provocazioni contro #Cuba e #Venezuela nel Vertice di Lima?



martes, 10 de abril de 2018

Come nei Vertici delle Americhe passati, fondamentalmente il VII Vertice a Panama, i nemici di Cuba, Venezuela ed altre nazioni progressiste si sono preparati per montare i loro circoli mediatici per attaccare i processi rivoluzionari di queste nazioni. Un gran spiegamento di mercenari salariati è stato trattato e modellato affinché compiano tali finalità nell'attuale VIII Vertice delle Americhe a Lima.
Per loro -(realizzare eventi per distorcere la realtà di quei paesi in materia di democrazia e diritti umani, creare atti di provocazione e vendere una falsa e ulteriore vittimizzazione, oltre a manipolare sfacciatamente l'opinione pubblica)- sono stati reclutati decine di mercenari della controrivoluzione interna e sono stati coinvolti tradizionali gruppi anticubani residenti in Florida, particolarmente a Miami.)
Cuba, come suo diritto legittimo ha limitato l'uscita di vari controrivoluzionari sui quali pesano distinti reati che attentano contro le sue istituzioni. In modo tale che degli iniziali 28 invitati all'evento :- Yusmila Reyna Ferrer, Fernando Edgardo Palacio Mogar, Navid Fernández Cabrera, Guillermo Fariñas Hernández, Boris González Arenas, Claudio Fuentes Madan, Alexei Gamez Alonso, Rolando Rodríguez Lobaina, Egberto Ángel Escobedo Morales, Cristina Rodríguez Penton, Antonio Rodiles, Elizardo Sánchez, Henry Constantin Ferreiro, Erick Álvarez Gil, Camilo Ernesto Oliveira, Roberto de Jesús Guerra Pérez, Acelia Carvajal Montaine, Juan del Pilar Goberna Hernández, Magalys Norbis Otero Suárez, Nelson Manuel Álvarez Matute, Ángel Hurtado Porro, Berta Soler, Tairhit Rivero Álvarez, Sandra Margarita Borges García, Eroisis González Suárez, Zuleidys Lisbet Pérez Velázquez, José Daniel Ferrer y Manuel Silvestre Cuesta Morúa – molti di essi hanno visto frustrata la loro partecipazione in questi piani. Le autorità cubane hanno proibito l'uscita per diverse ragioni a Yusniel Pupo Carralero, Sandra Haces Ramos, Adonis Milán, Gorki Águila, Jorge Enrique Rodríguez, Carlos Amel Oliva, Katerine Mojena, Eroises González, María Elena Mir Marrero, Niober García Founier, Martha Beatriz Roque Cabello, Benito Fojaco Iser, Sissi Abascal Zamora, Ileana Álvarez, Eglits Guilarte Aranda, Pedro Manuel González Reinoso, Leodán Suárez Quiñones y Yunior Puentes Beruvides. Molti di loro parteciperebbero ad altri eventi da tenersi contro Cuba  nelle ultime settimane, benché si sappia che alcuni di questi si incorporerebbero al Vertice di Lima e ad un evento organizzato contro Cuba e Venezuela nel Congresso argentino per questa stessa data e parallela al grande evento. In questo modo ( unendosi ai tradizionali gruppi di provocatori dei gruppuscoli anti-cubani di Miami, come la Direzione Democratica, Mar por Cuba, la Brigata 2506 e altri ) parteciperanno probabilmente ai fori del Vertice quei mercenari che si trovavano in viaggio o risiedono all’estero, tra loro : Rosa María Payá, Mario Félix Lleonart, Yoaxis Marcheco, Ailer M González Mena, Guillermo Fariñas, Eliecer Ávila, Tania Brugueras, Dagoberto Valdés, Reynaldo Escobar, Yoani Sánchez, Luis Cino, Manuel Cuesta Morúa, Yusmila Reyna Ferrera, Alain Puentes Batista y Miguel Coyula. Ognuno di loro ha la sua missione specifica per provocare e diffondere il messaggio controrivoluzionario nel Vertice di Lima.
Nel frattempo, in Argentina, si preparano principalmente eventi diretti nel Congresso contro Venezuela e Cuba, nel quale hanno voce tonante i deputati della destra, così come piccoli personaggi tipo Micaela Hierro Dori, Guadalupe Neme y Elisa Trotta Gamus. Alcune di queste entità vogliono fare il proprio circo anti-bolivariano a Buenos Aires e, presumibilmente, alcuni di loro marceranno a Lima.. Queste sono le figure del circo che pensano di cavalcare Washington e la destra latinoamericana nei prossimi giorni, Logicamente riceveranno la contundente risposta dei nostri delegati ed amici di Cuba e Venezuela.


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